ROMA – “E qui comando io, e questa è casa mia, ogni dì voglio sapereee chi viene e chi vaaaa…” cantava una giovanissima Gigliola Cinquetti. Motivetto che ben si sposa con il Consiglio federale convocato stasera a tambur battente dal leader della Lega, Matteo Salvini, per mettere all’angolo Giancarlo Giorgetti, suo competitor interno, colpevole di aver messo in discussione la sacra linea politica decisa dal Capo. Giorgetti ha poi spiegato che non erano critiche ma solo un modo per costringere Salvini a ragionare. Spiegazione forse non troppo felice, che ha gettato altra benzina sul fuoco. Di qui la decisione di chiamare a raccolta tutti i suoi per rendere chiaro e manifesto a tutti che nel Carroccio il Capo è uno solo, lui, che con Giorgetti non c’è nessuno. Fino a dove si spingerà Salvini? Lo metterà fuori, gli toglierà i gradi? “Non penso che arriverà fino a questo punto – spiega un leghista della prima ora- ma Salvini sarà duro, in gioco c’è la sua testa e non farà sconti”.
A Giorgetti è andata di traverso pure la pizza che ha mangiato con Luigi Di Maio, alter leader del M5S e arcinemico di Salvini. Alto tradimento per i pretoriani di Salvini, soprattutto perché “ormai chiaro che i due, uno con l’occhio a Salvini l’altro a Conte, cercano in tutti i modi di sterilizzare la voglia di voto anticipato. Elezioni anticipate che Salvini potrebbe volere per fermare l’avanzata ruggente dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni; e Conte per spazzare via tutti i ‘grillini’ di vecchio conio per metterci i suoi. Certamente Di Maio non ha dato una mano all’amico quando a detto: “Io non considero Salvini affidabile, punto. Con Giorgetti c’è stima reciproca e un lavoro continuo”. Da parte sua Salvini ha già fatto capire che renderà pan per focaccia ai due: stasera si farà dare il via libera alla lotta ad oltranza al reddito di cittadinanza caro a Di Maio; proseguirà con le sue alleanze con Orban, polacchi e sovranisti vari alla faccia di chi lo vuol portare a pascolare in Europa, a mettersi sugli attenti di fronte allo zio Sam. Di più, se ancora qualcuno farà finta di non sentire, a remare ancora contro, allora ci penserà l’Assemblea nazionale in preparazione a dicembre a buttarli fuori.
“Nella Lega siamo tutti con Salvini – sottolinea un pretoriano di Montecitorio- lui dà la linea, lui ha i voti, lui ci mette la faccia, lui va in piazza in ogni luogo. Qualcuno pensa di poterlo fermare ma non ci riuscirà, è una macchina da guerra”. Per quanto riguarda le ‘voci’ sui simboli e marchi che Salvini avrebbe già messo in sicurezza dal notaio, come “Prima gli italiani” e “Lega per Salvini premier” i suoi lo giustificano così: “Non è per una campagna elettorale alle porte, lui non vuole che finiscano nelle mani di altri”. Sarà.
Nel M5S altro campo di battaglia. Ieri il presidente incaricato, Giuseppe Conte, non è riuscito a far eleggere il capogruppo al Senato che voleva lui, alla fine Licheri ha preso gli stessi 36 voti dell’avversaria Castellone. E adesso non si sa nemmeno se ce la farà la prossima settimana: “Conte ha preso una dura botta– spiega un grillino governista- anche stavolta è emersa la competizione con Di Maio, che sempre più si sta dimostrando super attrezzato, quello con cui devi sempre trattare altrimenti rimedi solo magre figure. Conte è in difficoltà, nel Movimento ci sono moltissimi scontenti, che appena possono si coalizzano proprio contro di lui, non sappiamo nemmeno se arriverà al panettone…”. Addirittura? “È uno stillicidio – risponde il ‘grillino’ più di governo che di lotta– tra di noi Di Maio sta emergendo sempre di più come certezza, attorno ha una grande squadra, mentre Conte si affida a Casalino ed è un casino”.