Le esternazioni al tempo del Coronavirus

di Pierluigi Piccini

Ai tempi del Coronavirus è normale che un giornale debba riempire le pagine, e che la forzata immobilità spinga più di una persona a formulare la sua pozione magica per uscire dalla crisi. Non sorprende quindi l’uscita di un “imprenditore” senese che, sul tema, dispensa la sua ricetta un quotidiano locale. Parla di “Acropoli” (la formula già da tempo in uso inventata da Opera per l’area cattedrale-Santa Maria della Scala) dove collocare le opere di tutti i musei, come la soluzione dei problemi. Ma a ben pensare, l’Acropoli che lui intende c’è già ed è diventato un non-luogo: una continua esposizione di mostre di giro, che entrano ed escono in continuazione. Davvero non si comprende che l’esposizione è – al massimo – un mezzo e non un fine, se parliamo di produzione e formazione culturale finalizzata alla crescita economica? Tra l’altro, passeranno anni prima che le persone tornino a frequentare le mostre. Come sono passati decenni (la lezione non è servita?) aspettando inutilmente il trasferimento delle opere della Pinacoteca al Santa Maria della Scala. Servono, viceversa, interventi strutturali. Qui sta il discrimine se veramente vogliamo ripartire su basi solide, e non su una visione strettamente numerica, che non c’era e non ci sarà più. Cosa pensa, l’imprenditore, che basterà annunciare una mostra per riempire d’incanto centinaia di alberghi e ristoranti? Pensatori come Marc Augé ci avevano già messo in guardia sui problemi tipici della “surmodernità”, ovvero del marketing relativo a mostre (Tomaso Montanari), monumenti alle modalità di intrattenimento che si presentano come nuovi reliquiari laici. L’imprenditore, come il sindaco, come l’assessore al turismo guardano a questo modello: un polo unico, dove esaurire la visita in un’ora, da raggiungere velocemente con trenini e pulmini elettrici… Un modello già negativo in tempi normali, viene superato dalla psicologia che deriverà dal virus. La produzione e la formazione culturale, dicevamo, è un’altra cosa, e solo quella serve. Dovremmo creare un’offerta capace di parlare a “selezionate” persone, curiose, che intendono conoscere un fenomeno sociale, le espressioni dell’ingegno umano, qualsiasi espressione o forma di arte e cultura, paesaggi, tradizioni, con riferimento al territorio esterno alla città. Dobbiamo produrre le chiavi interpretative, capacità di attrazione su basi più profonde rispetto all’effimero attuale. La didattica, la formazione (l’Università e non solo) come elemento di costruzione dell’identità interna e conoscenza esterna. Le vicende della cronaca dovrebbero insegnarci a riscoprire i valori e le capacità , la sostanza di Siena, non i fallimenti culturali di una società di massa che non sarà più la stessa.

“PROGETTO ACROPOLI PER DOPO IL VIRUS” RINASCERE (La Nazione Siena 13 marzo 2020)