L’addio di Mustier, svolta in Unicredit

già avviata la ricerca del successore

 

di Fabrizio Massaro e Nicola Saldutti

 

Passo indietro dell’ad di Unicredit Jean Pierre Mustier. Il banchiere francese, non più in sintonia con i consiglieri, nell’agitato cda di ieri ha deciso di non ricandidarsi. A fine mandato, nell’aprile 2021, lascerà.

Jean Pierre Mustier lascia Unicredit, dopo cinque anni. Resterà in carica fino al termine del mandato ad aprile 2021 o «fino alla nomina di un successore per garantire la transizione ordinata», è scritto in una nota diffusa ieri sera. Termina così un periodo di incertezza che ieri in Borsa, dopo le indiscrezioni sul board «informale» di domenica sulla governance, è costato alla banca un netto -5%, un miliardo di capitalizzazione persa. La banca riconosce a Mustier, arrivato nel luglio 2016, il lavoro di trasformazione dopo l’aumento da 13 miliardi e la cessione di attività come Fineco, Pioneer, Mediobanca, Pekao. Con il piano «Transform 2019», evidenzia la nota, il gruppo risulta «notevolmente rafforzato sia finanziariamente che operativamente, permettendo di affrontare in tutta sicurezza le conseguenze economiche» della crisi da Covid-19». Ma l’uscita di Mustier non è indolore.

Il 59enne banchiere francese conferma nella nota i rumor su una rottura progressiva con il consiglio: «Nel corso degli ultimi mesi è emerso che la strategia del Piano Team 23 e i suoi pilastri fondanti non sono più in linea con l’attuale visione» del board. «Di conseguenza ho preso la decisione di lasciare» per «consentire al consiglio di definire la strategia futura. Quella in Unicredit è stata una «esperienza straordinaria, «sono orgoglioso di ciò che abbiamo raggiunto e di quanto realizzato in così poco tempo». Il presidente Cesare Bisoni a sua volta si dice «dispiaciuto per la decisione odierna, che tuttavia mostra ancora una volta la professionalità di Jean Pierre e non fa altro che aumentare la mia stima».

Se la strategia di Mustier è sempre stata «niente fusioni né acquisizioni», quella futura potrebbe invece prevederle. Se Unicredit si fondesse con Mps (non a caso ieri la banca è cresciuta del +3% in Borsa) risolverebbe un problema serio al Tesoro, che deve uscire da Siena. A questa mossa il governo lavora da tempo anche costruendo una dote sotto forma di 2 miliardi di crediti fiscali («Dta») e di aiuto sulle cause legali. La resistenza di Mustier era un ostacolo. Per di più non sarebbe stata gradita nel governo l’idea di separare Unicredit in due con una subholding quotata in Germania per le attività estere: progetto poi accantonato anche per l’influenza del presidente in pectore, l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, in consiglio da ottobre. Inoltre un rafforzamento nazionale di Unicredit controbilancerebbe Intesa Sanpaolo. Ieri il ministro Roberto Gualtieri, non ha voluto commentare le dimissioni.

Ora tocca a Padoan e al consiglio trovare il successore con un «processo di selezione accurato e rigoroso», dentro o fuori la banca. I tempi — filtra da fonti vicine al board — sono «giusti» per consentire al Comitato nomine «di lavorare in un contesto adeguatamente chiaro», senza vuoti di potere non graditi a regolatori e mercato, come invece avvenne in occasione delle uscite di Alessandro Profumo e poi di Federico Ghizzoni. Tra i papabili, Alessandro Decio (Banco Desio), Gianni Papa (ex Unicredit), Giuseppe Castagna (Banco Bpm), Marco Morelli (ex Mps), Alberto Nagel (Mediobanca), Flavio Valeri (ex Deutsche Bank), i manager interni Francesco Giordano, Carlo Vivaldi e il consigliere Diego De Giorgi (ex Bofa-ML). Ha invece smentito interesse Matteo Del Fante (Poste).

 

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