di Luigi Ippolito
Brighton Un signore anziano con gli occhiali, un po’ curvo nelle spalle, si aggira per il congresso: prova a entrare nella sala dei dibattiti, lo fermano per chiedergli il «pass». Lui farfuglia qualcosa, si scusa, fruga in una tasca e tira fuori il tesserino con la foto: è Ken Loach, il grade regista cinematografico ormai 81enne, il cantore dell’epopea della classe operaia britannica. Qualcuno lo riconosce e ne approfitta per un selfie , mentre lui non si sottrae a una chiacchierata improvvista.
Mr Loach, lei ha partecipato alla campagna laburista, ha fatto anche dei film a suo sostegno. Come sarà la Gran Bretagna proposta da Jeremy Corbyn?
«Sarà un Paese che si opporrà al potere delle corporations , che restituirà i servizi chiave come i trasporti, il gas, l’acqua, l’elettricità alla proprietà pubblica. Sarà un vero allontanarsi dal neoliberismo verso un’agenda socialista radicale. Se Corbyn porta in Parlamento gente votata a questo programma, ci sarà un grande slittamento dal programma neoliberale in tutta Europa».
Ma in un mondo dominato dai mercati finanziari internazionali, è possibile un’agenda socialista radicale nella sola Gran Bretagna?
«Non solo è possibile, ma è necessario. C’è una grande rabbia fra la gente, in tutto il Continente, contro ciò che il neoliberismo ha prodotto: ma questa rabbia emerge come sostegno per l’estrema destra. Dobbiamo invece fare in modo che sia indirizzata costruttivamente, non verso lo sciovinismo».
In effetti questo scontento ha alimentato i populismi, ha prodotto Trump e la Brexit…
«Attenzione, con la Brexit è diverso. La maggioranza di chi ha votato per uscire dalla Ue erano conservatori».
Ma tanti nella classe operaia hanno votato contro l’Europa…
«Non esageriamo, un terzo dei voti per uscire erano ex laburisti ma due terzi erano conservatori di destra. Quello che è accaduto in Europa è comunque dovuto al fallimento di personaggi come Hollande o Blair: la socialdemocrazia si è legata agli interessi del grande business . Abbiamo bisogno di programmi sociali più radicali: solo allora la gente sosterrà la sinistra».
Dunque secondo lei la crescita dei movimenti populisti di destra è imputabile al fallimento della socialdemocrazia?
«Assolutamente sì: guardiamo a cosa era accaduto in Germania prima della guerra, dove il fallimento della socialdemocrazia aprì la strada al fascismo».
Ma nel voto per la Brexit c’era anche il risentimento verso gli immigrati.
«La gente è in realtà preoccupata per il lavoro, la casa, la sanità, le scuole: non c’è un’impennata del razzismo. Certo, alla gente non piace se qualcuno viene a fare il loro lavoro per una paga inferiore, è inevitabile. Corbyn insisterà che tutti siano pagati allo stesso modo, così che gli immigrati non danneggino i lavoratori. In questo modo rimuovi le cause del risentimento».
E di Corbyn come persona cosa dice?
«È un amico, lo conosco da molti anni: è una persona normale, non accecata dal suo ego. Uno con cui prendere una tazza di tè. Per questo ispira affetto tra la gente comune».
E soprattutto fra i giovani.
«Certo, perché sono disgustati sia dai conservatorie che dal vecchio Labour di Blair».
Accetterebbe di fare il ministro della Cultura in un governo laburista?
«Ma no, c’è bisogno di qualcuno più giovane, io sono solo un militante di base…».
E qual è allora il ruolo di un intellettuale come lei?
«Il ruolo di persone come me è di richiamare il Labour ai principi. Si possono fare aggiustamenti tattici, ma questi sono i principi a cui bisogna aderire. Questo è il ruolo di noi intellettuali: e anche di voi giornalisti».
- Giovedì 28 Settembre, 2017
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