La nouvelle vague urbanistica di Parigi

“Reinventer Paris” è il piano di riqualificazione degli spazi storici della capitale francese. Un modello esportato in tutto il mondo
di Carlo Ratti
Come accelerare l’innovazione urbana? Pensavo a questo la prima volta che ho incontrato Jean-Louis Missika, a Parigi nel 2014. Al tempo poco più che sessantenne, Missika era appena stato nominato assessore all’urbanistica della capitale francese, sotto la guida dalla neosindaca Anne Hidalgo. Ci trovavamo nel suo ufficio all’Hotel de Ville, storica sede del governo francese già data alla fiamme dai manifestanti della Comune. Le boiserie annerite raccontavano bene una certa tensione parigina – tra i vertici della grandeur istituzionale e i fuochi intermittenti delle rivoluzioni popolari. Il mio interlocutore incarnava a sua modo questa storia, sebbene sfidando la dicotomia tra istituzioni e rivoluzioni. Nato da una famiglia ebraica algerina, già professore a Sciences Po, Missika aveva costruito la sua carriera come consigliere di Xavier Niel, uno degli imprenditori che negli ultimi anni hanno cercato di scardinare i modelli tradizionali della République in campo educativo e professionale – con progetti come l’incubatore per startup Station F o la scuola di programmazione senza professori (!) Ecole 42. Nonostante i tanti successi della sua vita professionale, Missika aveva mantenuto un vivace spirito anticonformista. E ora aveva in mente di cambiare le regole del gioco nel suo nuovo campo d’azione: il governo della città. «Parigi non innova più in campo architettonico e urbanistica», mi disse con foga. «Sta perdendo posizioni rispetto a Londra. I nostri sviluppatori sono troppo conservatori e continuano a proporre modelli antiquati. Dobbiamo fare qualcosa!».
Ci espose allora il suo piano: “Reinventer Paris”, nientemeno che reinventare Parigi. La città aveva in programma di alienare circa 500 milioni di euro di proprietà immobiliari, tra cui molti edifici e aree centrali. Ma invece di venderli per lasciare mano libera ai soliti developer , avrebbe fatto qualcosa di diverso: avviare un bando aperto in rete, chiedendo a professionisti e semplici cittadini di avanzare le loro idee. I progetti migliori, misurati a partire dal loro livello di innovazione prima ancora che dalla loro fattibilità economica, sarebbero poi stati selezionati. Il Comune avrebbe facilitato i processi autorizzativi e monitorato le realizzazioni, assicurandone la conformità.
L’idea di “Reiventer Paris”, era insolita per il contesto francese, ma si abbinava bene al programma ambientalista della sindaca Hidalgo. Il primo bando delineava un futuro urbano in cui da un lato si promuovevano soluzioni per l’agricoltura urbana o il cohousing . Dall’altro si cercavano innovazioni in ambito costruttivo – in particolare dal punto di vista della riduzione dei consumi, della circolarità e delle tecnologie smart. Uno dei punti cardine del programma di Hidalgo era la lotta al cambiamento climatico, attuata soprattutto mediante interventi architettonici e urbanistici.
La prima edizione di “Reiventer Paris” fu lanciata a fine 2014 con una pervasiva campagna di comunicazione digitale. Partecipai come giurato alla sessione relativa al lotto di Pershing vicino al Bois de Boulogne, durante la quale venne assegnata la vittoria a Milles Arbres, progetto del giapponese Sou Foujimoto. Si trattava di un ponte sopra al Boulevard Peripherique, il famigerato raccordo anulare della metropoli. Quell’architettura, con la sua struttura a sbalzo coperta di vegetazione – i mille alberi del titolo – immaginava un modo nuovo per andare a ricucire la frattura fisica e sociale, a lungo considerata come irreparabile, tra i due lati opposti dell’autostrada. Nelle settimane successive, il progetto di Fujimoto fu pubblicato in tutto il mondo e acclamato come simbolo di un modo nuovo di fare città. Certo, al successo mediatico non è poi corrisposto un cammino lineare. A cinque anni di distanza da quella vittoria, i lavori stentano a partire, rallentati dai ricorsi dei comitati locali e dalla paralizzante burocrazia d’Oltralpe. In modo analogo, altre proposte del bando di Hidalgo e Missika sono state bloccate dal Conseil d’Etat. Alcune associazioni di cittadini sul piede di guerra hanno visto in “Reinventer Paris” un modo per imbellettare la dismissione del patrimonio pubblico della città: un’abile iniziativa di marketing per far passare sotto traccia un amplissimo processo di privatizzazione. Lo stesso Missika è stato criticato per il suo approccio troppo discrezionale nella gestione dell’urbanistica.
Tuttavia, nel mio ultimo passaggio in città ho potuto osservare con piacere i primi segni di quella ondata di cambiamento. Diversi progetti selezionati cinque anni fa sono ormai in costruzione. Il mio preferito è forse il cantiere di Morland, ormai agli sgoccioli, che sta trasformando la massa fascisteggiante dell’ex prefettura anni Cinquanta in un complesso residenziale che sfuma verso il cielo grazie a una scultura di luce dell’artista islandese Olafur Eliasson.
Nell’arco di poco tempo, “Reinventer Paris” ha ispirato una vera nouvelle vague di programmi urbanistici. Mentre in rete veniva lanciata la seconda edizione di “Reinventer Paris”, sono nate altre iniziative: ad esempio “Reinventer la Seine”, con lotti edificabili collocati lungo il corso del fiume, oppure “Reinventer le Sous Sol”, che puntava a progetti per convertire tunnel automobilistici e spazi sotterranei, o ancora “Reinventer la Metropole”, che allargava il raggio d’azione dalla città all’Île-de-France.
Quest’ultimo era soltanto il preludio all’espansione internazionale del progetto. A fine 2017 Hidalgo, a capo della rete globale C40 di centri urbani impegnati a cercare soluzioni per il contrasto al cambiamento climatico, estese il progetto al mondo intero: veniva così battezzato “Reinventing Cities”, probabilmente il più grande bando internazionale di urbanistica mai organizzato, in questi mesi alla sua seconda edizione. Anche il nostro studio di progettazione, CRA-Carlo Ratti Associati, ha partecipato come concorrente a “Reinventing Cities”, nella sua declinazione milanese, aggiudicandosi la vittoria per la costruzione di un centro di ricerca e residenziale non lontano dalla sede della Fondazione Prada, su un terreno prima abbandonato. Nei prossimi anni, quasi altri cinquanta progetti verranno avviati o completati, in una mappa che arriva a toccare tutti i continenti.
Non so se Jean-Louis Missika avrebbe immaginato questo seguito quel giorno del 2014 in cui ci incontrammo all’Hotel de Ville. Credo che si tratti di un segno dei tempi. Le idee, amplificate dalla rete, girano più velocemente. E ci permettono di innescare interazioni inedite tra progettisti e cittadini. Il mondo digitale e il mondo fisico si supportano e rinforzano a vicenda, fornendo risposte a quella domanda iniziale: come accelerare l’innovazione urbana?
La serie speciale “La rivoluzione urbana” di Carlo Ratti è distibuita in ambito internazionale da Project Syndicate Image_0_470_328 Image_11_456_671
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