LA GRANDE SIENA E I PONTI OLTRE LE MURA

La discussione

 

Caro direttore,

nei giorni scorsi sul Corriere Fiorentino in merito alle strategie che Siena dovrebbe adottare per ripensarsi e rilanciarsi dopo la crisi della pandemia, è emerso in vari interventi, dopo un primo articolo di Roberto Barzanti, il tema della «Grande Siena». Questo vasto risveglio fa già piacere perché sembra riaprire un «terreno di studio» e, anche, di personali proposte. Perciò è utile mettere in evidenza i principali temi delle possibili operazioni di intervento urbanistico e di arricchimento funzionale e formale dell’intera città. Anche se è difficile inserire questi ragionamenti all’interno di un procedere urbanistico che sconta sia la quasi paralizzante bulimia legislativa della Regione Toscana, sia una «operatività» dell’amministrazione comunale più da revisione di regole edificatorie e sistemazione di questioni specifiche che da programmazione strategica del futuro della città (oltretutto in assenza di un dibattito pubblico e consapevole). Perché Siena — è bene dirlo subito — è sottoposta a due principali prospettive, ineludibili per affrontare le domande poste dalla contemporaneità: la coerenza della forma e funzionalità dell’intera città, la difficile ma fondamentale ridefinizione della sua dimensione territoriale. Per coerenza e, anche, dimensione storica, Siena ha già il privilegio di essere, insieme, città e campagna; con la natura, antropizzata certo ma ricca di qualità fisica e funzionale, che giunge alle mura della città e le attraversa fino al cuore stesso del centro storico. Quando si parla di «senesità» si dovrebbe sempre riferirsi a questa unicità. Perché il «carattere della città» è proprio questo, e, senza ritirare fuori — come si fa con faciloneria — l’affresco «del Buongoverno», lo si legge nello sviluppo urbano nei secoli e nelle profonde riflessioni che, specie nei decenni scorsi, hanno affrontato questa peculiarità senese, ora concentrandosi sulla difesa di quanto la storia aveva consegnato, ora tentando di attualizzare un modello tanto felice quanto ammirato. Salvaguardare e attualizzare questo carattere è la sfida che le nuove tecnologie (nuove modalità di trasporto di merci e persone, nuove modalità di comunicazione e «presenza» virtuale — si pensi alle modifiche che potrebbe portare una diffusione estesa dello smartworking! — nuovi modi di produzione dei manufatti, con lo sviluppo della stampa 3D) potrebbero arricchire di nuove possibilità e, se indirizzate consapevolmente, facilitare in senso positivo.

La ridefinizione della dimensione territoriale di Siena si accompagna e dà prospettiva alla prima. Basta infatti leggere la differente estensione amministrativa tra i Comuni di Siena e quelli di Arezzo e Grosseto: con tutte le conseguenze di governo del territorio, mobilità, demografiche ed economiche. Non è una questione di retrograda mania di grandezza, ma lo è della corretta funzione ambientale, del rapporto tra le parti, della possibilità di governare Siena e il suo territorio correggendo storture che si sono prodotte nel tempo e indicando direzioni e, soprattutto, una visione. Si tratta di rendere possibile il mantenimento e l’arricchimento di un territorio e della sua forma, possibilità che si concretizzerebbe solo in una nuova dimensione urbana entro cui i Comuni facenti parte della «Grande Siena» acquisirebbero maggiore forza e strategicità. Una nuova dimensione innervata dal «carattere» di cui sopra e da una rete — fisica e virtuale — di comunicazioni e partecipazione, rete che oggi potrebbe tenere strettamente insieme tutte le parti, con eguali opportunità per tutti. Se affrontassimo le due questioni insieme, coglieremmo un straordinaria occasione per fare della Siena esistente una madre generosa e degna di crescere in maniera più coerente con il proprio carattere e con il proprio destino che con i «soliti» ampliamenti di case e casette o agglomerati commerciali/artigianali; anche le nuove «infrastrutture territoriali» necessarie a questa dimensione potrebbero rappresentare dei nodi densi di elevata qualità architettonica, illuminando un tessuto che, in varie parti, si è sviluppato non sempre all’altezza di quanto dovrebbe.

 

Augusto e Paolo Mazzini

 

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