Ieri a Roma a casa di uno dei padri dell’architettura italiana contemporanea è nata una discussione. Motivo? L’architetto ha esordito: non andrò mai e poi mai a vedere la proiezione delle immagini della storia architettonica romana proiettate su degli edifici. Lei, rivolgendosi a me, che ne pensa? Credo che abbia ragione, ma questa delle proiezioni è una moda che investe la Penisola dalla Puglia alla Lombardia. Moda che piace, ma fa danno. L’immagine è la vera padrona del nostro vivere; ha completamente dimenticato il sottostante, la provenienza, la materialità. Se, poi, parliamo di architettura la questione acquista dimensioni eclatanti. Ormai siamo abituati a vedere l’opera d’arte con gli occhi di internet, di facebook e tutto diventa appiattito privo di profondità: la materia scompare. Una forma di nuovo idealismo di cui la cultura italiana, più o meno consapevolmente, non riesce a liberarsi. Tantomeno ci riescono gli pseudo operatori culturali più attenti al numero di biglietti staccati che al contenuto delle proposte “culturali”.
L’architettura è spazio, profondità che deve essere attraversata dai corpi per essere compresa in tutta la sua dimensione. L’architetto di ieri mi diceva: ancora non sono riuscito a capire come mai si sentano delle vibrazioni quando si è a contatto, vicino, dentro, uno spazio architettonico ben realizzato. Mistero! Forse una relazione fra corpi, noi occupiamo uno spazio esattamente come un oggetto. Oggetto è anche un quadro, un dipinto. Ma ci siamo mai chiesti quanto pesa una quadro? Ad esempio, quanto pesa la Deposizione del Bronzino o la Maesta di Duccio? La pittura è fatta di peso, di materia di chimica, ma queste questioni di rilevante importanza vengono annullate nella dimensione della immortalità della bellezza dell’immagine. Così come vengono mortificate le chiese, le cattedrali. Il luogo del culto è uno spazio liturgico. La cattedrale è architettura, pittura, scultura, arredo, suono, odori è una realizzazione che nel rito deve, dovrebbe, coinvolgere totalmente il fedele e non solo esso, per metterlo a contatto con il sacro. Oggi, in molte realtà, lo spazio sacro è solo museo, è svilito a simulacro di se stesso.
Conclusione anch’io, come è evidente, non andrò a vedere delle immagini proiettate su delle pareti. Non è un caso, allora, che il manifesto di presentazione delle proiezioni senesi assomigli a quello di Disneyland. Buon divertimento a chi ci andrà, in più in queste serate di caldo un po’ di refrigerio non fa certo male. E poi tornando a casa si può sempre accendere il computer e rivedere le stesse immagini, magari più piccole, comunque rassicuranti perché ci fanno sentire al centro del modo, ma sara, poi, vero?
N.B. Jerome Baschet: “quando l’immagine diventa reale, non si corre il rischio che il mondo reale non esista più che come immagine?”.