La bozza del “contratto” tra Movimento 5 Stelle e Lega è arrivata, tramite l’Huffington Post, a illuminare di luce sinistra la nebulosa della trattativa per il governo. L’abbiamo analizzata con Annalisa Cuzzocrea e – per quanto alcuni degli elementi siano stati rivisti e probabilmente limati – alcuni dei fondamenti suonano allarmanti. Come la dichiarata non-irreversibilità della permanenza dell’Italia nell’euro, o la creazione di un comitato “parallelo” al consiglio dei ministri formato dai rappresentanti dei due partiti cui il governo dovrebbe rendere conto periodicamente. Si evince un braccio di ferro tra leghisti e pentastellati su alcuni fronti caldi, dai migranti ai rapporti internazionali, ma evidentemente la radicalità del programma è stata in qualche misura emendata, o quantomeno le parti vi si sono ritrovate, se sia Di Maio che Salvini stasera preannunciano per la giornata di domani un possibile accordo. Finora il nodo irrisolto è stata la figura del premier. L’ipotesi che si prefigura in queste ore è che le due parti abbiano accettato – o meglio che Salvini abbia ingoiato – la soluzione della “staffetta”. Sarebbe un 5Stelle a cominciare a governare per poi lasciare il posto a un leghista. Dice Carmelo Lopapa che non necessariamente si tratterà dei due leader, ma ci sarebbe comunque l’accordo per un nome “politico” e non un tecnico. Il Quirinale osserva per ora in silenzio, ma il tempo si sta esaurendo. Chi sta davvero perdendo la pazienza sono le categorie produttive e gli ambienti economici italiani e internazionali. I timori in Europa sono forti e motivati, scrive Andrea Bonanni: “L’unica speranza che rimane al Paese, prima che i mercati finanziari emettano la loro sentenza anticipando quella europea, è che il disaccordo tra i due partiti populisti non sia solo sul nome del prossimo presidente del Consiglio, ma anche sul merito di decisioni tanto gravi, che avrebbero conseguenze devastanti”. (Raffaella Menichini)