di Matteo Pucciarelli
MILANO — Alla sede italiana di Facebook la spiegano molto semplicemente così: «È come se queste organizzazioni avessero rotto un contratto. L’ideologia non c’entra nulla ». Per non aver rispettato la policy di Facebook e Instagram in cui si vieta di veicolare ogni incitamento all’odio, il colosso del web fondato da Mark Zuckerberg ha cancellato le pagine dei neofascisti di Casapound e Forza Nuova, comprese quelle dei rispettivi dirigenti principali come Gianluca Iannone, Simone Di Stefano e Roberto Fiore. “Bannati”, come si dice in gergo, proprio nel giorno in cui i loro inquietanti saluti romani fuori da Montecitorio, dov’erano per protestare contro la nascita del nuovo governo assieme a Lega e Fratelli d’Italia, facevano il giro dei siti di informazione; anche se adesso i colpiti dal provvedimento potranno fare “appello”.
Ribaltare la decisione presa dai social non sarà semplice perché la filiale italiana della corporation ci è arrivata dopo un lungo lavoro di monitoraggio dell’attività della galassia nera, non sono online ma pure offline. E le cronache giudiziarie – si racconta dietro alle quinte di Facebook – sono piene di episodi di violenza che confermano la pericolosità dei gruppi di estrema destra: se ci si limita a Fn, il ministero dell’Interno tra il 2011 e il 2016 registrò ben 240 denunce e dieci arresti dopo raid ai danni di immigrati e militanti di sinistra. Nel regolamento dei due social è scritto che l’accesso non è (più) consentito a «qualsiasi associazione di almeno tre persone organizzata con un nome, un segno o simbolo e che porta avanti un’ideologia, dichiarazioni o azioni fisiche contro individui in base a caratteristiche come la razza, il credo religioso, la nazionalità, l’etnia, il genere, il sesso, l’orientamento sessuale, malattie gravi o disabilità ». Per lo stesso motivo nello scorso aprile in Gran Bretagna furono depennati gruppi come il British National Party, Britain First e National Front, formazioni “sorelle” di Cp e Fn; identico destino era toccato ad Alba Dorata in Grecia. A Casapound adesso rimane la pagina caduta in disuso di Sovranità-Prima gli italiani, 22 mila fan, che qualche anno fa doveva essere il nuovo nome-simbolo del partito; e quella del Primato nazionale, rivista cartacea e online con oltre 85 mila seguaci che fa da cassa di risonanza della propaganda neofascista, dandosi però una veste giornalistica.
«Siamo di fronte a una censura e ad un abuso, siamo stati colpiti in un giorno simbolico ed è un segnale a tutta l’opposizione», protesta Di Stefano, la cui pagina sul social aveva 140 mila iscritti. Fa lo stesso Fiore, già condannato per banda armata e associazione sovversiva, il quale parla di «polizia politica di Zuckerberg» e annuncia «mobilitazioni di piazza». Invece il segretario del Pd appoggia in pieno la decisione di Facebook perché «dobbiamo mettere fine alla stagione dell’odio – sottolinea Nicola Zingaretti – e non dobbiamo dimenticare che si tratta di persone che negherebbero ad altre di esistere»; anche l’Anpi si felicita, «da molto segnalavamo alla magistratura il dilagare sui social della brutalità nazifascista », dice la presidente Carla Nespolo. L’associazione partigiani oltretutto si batte da anni affinché Casapound e Forza Nuova vengano dichiarate fuorilegge a tutto tondo, come del resto prevederebbe la Costituzione. Secondo il deputato dem Emanuele Fiano, «è un fatto molto pesante, non può essere un caso, all’origine del quale devono esserci ragioni gravi. Vogliamo capire ».