l’opera postuma
Il romanzo, che esce ora in edizione ampliata e definitiva, si muove tra oscure trame, masochismo, omosessualità e senso di colpa
di Marco Belpoliti
Che cos’è Petrolio? Un romanzo non romanzesco? Il congedo di uno scrittore? La storia dell’Italia negli anni Sessanta e Settanta? Petrolio è prima di tutto uno scartafaccio di 600 e passa pagine lasciato interrotto dal suo autore e pubblicato postumo nel 1992. L’ultima edizione, curata da Maria Careri nella parte filologica e Walter Siti in quella ideativa, ha aggiunto le note manoscritte; le parti cancellate non sostituite e quelle non riutilizzate; un block notes d’appunti reso in facsimile; pagine del dattiloscritto originale date nel medesimo modo; un’appendice di documenti conservati tra le carte dell’autore in vista del loro uso; la lettera a Moravia spostata all’inizio del volume. Mancano solo le fotografie scattate da Dino Pedriali su richiesta di PPP stesso, in particolare i nudi presi a Chia. Rispetto alle precedenti edizioni – due dopo quella iniziale –, l’elemento magmatico di un’opera «definitivamente in fieri» appare ulteriormente accresciuto. Forse questa era l’intenzione stessa di Pier Paolo Pasolini, che aveva accreditato una versione definitiva di 2.000 pagine. Ma chi lo sa come sarebbe stato l’esito finale Petrolio. Sarebbe stato edito così, e poi quando? Opera postuma in vita o postuma in morte? Petrolio è oggi l’opera più venduta di questo autore e insieme anche la meno letta. Perché? Perché è doppiamente liminare: l’ultima, e insieme quella in cui si crede si celi la soluzione del mistero del suo omicidio. Le opere ultime sono intese spesso come testi-testamento, ma qui, a rileggerla zizzagando tra pagine bianche e quelle abbozzate, tra le pagine immaginate e quelle scritte, si ha la sensazione che questa opera-mondo, contenga davvero il segreto di PPP. Non quello della sua morte, bensì quello della sua vita. La sua “disperata vitalità” è qui distribuita in pagine e pagine. La magnifica filologia di Maria Careri non può però fare il miracolo di far emergere un libro là dove non c’è. E allora? Tra le le carte inserite da Siti c’è l’“Appunto da distruggere”, datata “Chia, agosto 1974”, espunta dai primi curatori (Graziella Chiarcossi e Marta Careri con la supervisione di Aurelio Roncaglia), in cui il protagonista del romanzo, Carlo, «aiuta Cefis nell’assassinio di Mattei». Chi ha meno di sessant’anni ignora probabilmente chi siano questi due personaggi, cui è legato un episodio della lotta per il Potere in Italia, una genealogia in cui PPP è stato iscritto in virtù di Petrolio, un’opera che dà corpo alla sua lotta contro la mutazione antropologica – «Darei l’intera Montedison per una lucciola». In realtà, come scrive nella sua postfazione Siti (“Non doveva finire così”), le idee dell’autore sulla vicenda di Mattei e Cefis sono piuttosto confuse e l’ipotesi di inserire il segreto dell’omicidio del patron dell’Eni è tarda rispetto alla prima stesura e progetto. PPP giocava con le vicende del petrolio italiano, se è vero che in un appunto del 1973 aveva pensato di spostare l’attentato all’aereo di Mattei negli anni Cinquanta. Nella nuova versione del romanzo non-romanzesco sono state inserite le pagine (Prefazione posticipata – IV ) in cui si parla di un viaggio a Siracusa per incontrare un notabile democristiano, Graziano Verzotto. Per cosa? Indagini. Ma, come scrive Siti, che pure dedica alcune pagine a Verzotto e alle vicende ricostruite attraverso libri di giornalisti, « Petrolio non è un libro su Cefis». E allora cos’è? Lo dice lo stesso ideatore della nuova versione: un libro sul doppio, ovvero un libro sulla sua dualità, sul tema principale che ossessiona Pasolini sin dagli anni friulani, e che è anche la scaturigine della sua migliore poesia. Carlo di Polis e Carlo di Tetis, il doppio protagonista, sono la rappresentazione della sua divisione, quella di cui parla agli amici degli anni universitari. Del resto lo sdoppiamento è la chiave strutturale del testo, scrive Siti, e il Sacro e il Sesso sono i temi portanti di queste pagine – provate a togliere dallo scartafaccio tutte le scene sessuali, compresa quella del pratone nella Casilina, e vedrete cosa ne resta. L’immagine più consona di Petrolio nell’ultima accresciuta versione è quella di un “garbuglio inestricabile”. Come poteva uscire da quell’intrico di nodi non sciolti l’uomo che Gianfranco Contini aveva battezzato all’inizio della sua attività poetica nel 1943 scrivendo «del rimpianto narcisistico (…) d’uno che leva un pianto continuo sulla sua morte»? Il grande tema di questo libro, come dei precedenti, è la sua duale sofferta omosessualità, poi il senso di colpa, il masochismo e l’amore per i ragazzi, sino ad arrivare alla «femminilizzazione del maschile» di Petrolio. Forse è questa la ragione per cui PPP ha resistito con la sua scandalosa omosessualità a tutte le iconoclastie possibili. Così ora, cento anni dopo la sua nascita, splende ancora nel firmamento l’icona-Pasolini.