Ribadita la linea della procura. I legali: “Faremo ricorso in Cassazione”. Nuove indagini sul pestaggio di un finanziere e sul pc rubato all’Ufficio Giardini. Il Campidoglio: “La città parte offesa nel processo”. Oggi il ddl anticorruzione. Buzzi trasferito nel carcere di Nuoro. M5s dal prefetto: “Invieremo a Pecoraro documenti su municipalizzate”. Forza Italia e Ncd: “Pronti alle dimissioni dal Consiglio comunale”
Il Tribunale del Riesame ha confermato l’associazione mafiosa per gli arrestati nell’ambito dell’inchiesta sul “Mondo di mezzo” che si erano appellati ai giudici della libertà. Massimo Carminati, considerato il capo dell’organizzazione, e altri tre (Riccardo Brugia, Roberto Lacopo, Fabrizio Franco Testa) restano in carcere. Il collegio, presieduto da Bruno Azzolini, ha confermato la stessa misura cautelare anche nei confronti di Emilio Gammuto, che risponde solo del reato di corruzione aggravata, mentre ha concesso gli arresti domiciliari a Raffaele Bracci, indagato per usura.Di fatto è stata dunque ribadita la linea della Procura e sono state respinte le istanze dei difensori che contestavano l’aggravante di matrice mafiosa per il reato di associazione a delinquere e chiedevano una riduzione delle misure cautelari.
“Attendiamo le motivazioni del provvedimento emesso dal tribunale del Riesame. Faremo comunque sicuramente ricorso in Cassazione” hanno commentato i legali di Carminati confermando la prossima istanza alla Suprema corte.
Il personale del carcere romano di Regina Coeli aveva raccontato questa mattina alcuni dettagli della reclusione dell’ex Nar. Nella cella di 10 metri quadrati prima di lui ”erano passati Fabrizio Corona”, l’ex ‘re dei paparazzi’ e ”anche l’ex capitano delle SS, Erich Priebke”. “Mangia poco” e soprattutto ”non parla con nessuno” raccontano gli agenti.
Buzzi trasferito a Nuoro. Salvatore Buzzi, uno dei principali indagati nell’inchiesta, è stato invece trasferito mercoledì da Regina Coeli all’ala di alta sicurezza del carcere nuorese di Badu ‘e Carros. Giunto in Sardegna a bordo di un volo di linea, è detenuto in regime di 416 bis (associazione per delinquere di stampo mafioso), insieme ad altri carcerati ritenuti pericolosi. Per ora è l’unico esponente dell’inchiesta trasferito in Sardegna e la scelta di Nuoro è stata dettata probabilmente dall’esigenza di tenerlo lontano dai luoghi nevralgici dell’inchiesta.
Indagini sul pestaggio di un finanziere. Intanto emergono nuovi accertamenti sul “mondo di mezzo”. I pm della Procura di Roma hanno avviato verifiche su un pestaggio, avvenuto nell’aprile scorso, di un sottufficiale della Guardia di Finanza di Cisterna di Latina: il militare stava svolgendo indagini su una società pontina che aveva avuto rapporti con la cooperativa di Salvatore Buzzi. Il sottufficiale è stato ascoltato nei giorni scorsi ribadendo agli inquirenti romani di avere ricevuto anche delle minacce prima del pestaggio. Il verbale è stato depositato dalla Procura al tribunale del Riesame. Per questa vicenda vennero fermati due albanesi e messi sotto indagine anche due italiani.
Il pc rubato e gli appalti per il verde. Potrebbero esserci inoltre collegamenti tra il furto di un pc avvenuto il 5 dicembre in alcuni uffici del Comune di Roma e Claudio Turella, il funzionario del Campidoglio a cui sono stati trovati in casa 570mila euro in contanti, suddivisi in buste con sopra il logo del Comune. L’episodio è citato nell’informativa dei carabinieri che analizza il ruolo svolto da Turella per favorire il clan nell’ottenimento di appalti per la gestione del verde pubblico.
Nell’estate del 2013 la cooperativa guidata da Buzzi ottenne infatti un appalto da 800 mila euro per la manutenzione delle piste ciclabili della città. Per questa operazione, secondo chi indaga, avrebbe svolto un ruolo fondamentale proprio Turella ritenuto dagli inquirenti colui che “garantiva al sodalizio continuità tra le diverse Giunte capitoline, consentendogli di esercitare pertanto le proprie influenze, indipendentemente dall’area politica al potere”. Per questo appalto il funzionario si sarebbe mosso, in base a quanto ricostruito dal Ros, per far ottenere gli 800mila euro “al netto dell’Iva invece che comprensivo di quest’ultima imposta”. In cambio, Turella “avrebbe avanzato la richiesta di 100 mila euro, successivamente rinegoziata – scrivono i carabinieri – in 30mila come prezzo per l’atto contrario ai doveri di ufficio”. In una intercettazione Buzzi, confermando che Turella era uomo vicino al clan, afferma che “gli davamo la pagnotta pure a lui…”. Stando alle carte dell’inchiesta, Turella avrebbe ricevuto dal clan anche “40 mila euro, elargiti quale evidente tangente per l’emergenza neve”.
Sugli appalti capitolini l’assessore al Bilancio Silvia Scozzese ha confermato che il Campidoglio è al lavoro sul dossier su operazione “dubbie e opache” e “la prossima settimana consegneremo il materiale a Raffaele Cantone”.
“Pronto a collaborare” anche il sindaco di Cortina Andrea Franceschi dopo la pubblicazione di alcune intercettazioni che indicano la località come uno dei luoghi dove si potrebbero coprire traffici illeciti con false fatturazioni. “Se esistono a Cortina dei fiancheggiatori dell’organizzazione criminale recentemente scoperta nella capitale, questi devono essere scoperti e neutralizzati senza nessuna pietà” ha detto.
“Roma è parte offesa”. La città di Roma intanto si è costituita parte offesa nell’inchieste. A firmare le carte il sindaco di Roma, Ignazio Marino, in qualità di legale pro tempore che ha quindi formalizzato alla Procura della Repubblica di Roma la “costituzione dell’amministrazione quale parte offesa, nel procedimento che verrà instaurato a carico di Massimo Carminati e altri”.
L’atto precisa che la posizione di Roma Capitale è operata anche “in vista della futura costituzione di parte civile dell’amministrazione nel processo penale”, per ottenere il risarcimento dei “danni morali e materiali conseguenti ai reati per cui si procede, che vedono il Comune quale parte offesa e danneggiata”. A sostegno della sua posizione, nelle sei pagine firmate dal sindaco Marino, il Campidoglio elenca le motivazioni di una simile scelta, a cominciare dal reato contestato, il 416 bis del Codice penale, che non soltanto reca una offesa all’ordine pubblico, ma impedisce al Comune “di esprimere la sua forza culturale, di coesione, di legalità, in sintesi la sua funzione”. Un danno perché si può parlare di “incompatibilità ontologica nella coesistenza tra Comune e associazione mafiosa, per come descritta nella norma del Codice penale e per come sta emergendo dal processo che ci occupa”. Per motivare la costituzione di parte offesa, prodromo della costituzione di parte civile, l’atto elenca anche la presenza di “reati commessi a danno di servizi e appalti dell’amministrazione capitolina, la presenza dei reati di usura ed estorsione che ledono profondamente la figura e la funzione dell’amministrazione comunale, oltre che altre fattispecie di reato come l’intestazione fittizia di persone e il trasferimento fraudolento di valori, con conseguenti danni patrimoniali, funzionali e d’immagine”.
Ipotesi dimissioni nell’Assemblea capitolina. In Campidoglio Forza Italia si dice pronta alle dimissioni di massa dei consiglieri: “Non ci sono più le condizioni per continuare. La prossima settimana il gruppo di FI darà al segretariato la disponibilità a firmare le dimissioni” ha annunciato il coordinatore romano Davide Bordoni. E a loro si sono accodati Roberto Cantiani e Lavinia Mennuni del Nuovo centrodestra che precisa: “Non cambierebbe nulla perché entrerebbero i primi dei non eletti ma è un segnale che facciamo bene lanciare”. Questa ipotesi è valutata come “estrema possibilità” dal Movimento 5 stelle: “La nostra posizione rimane la stessa: la richiesta di scioglimento del Comune o le dimissioni del sindaco”.
Per questo una delegazione del M5s guidata dai deputati Alessandro Di Battista, Roberta Lombardi, Andrea Cecconi e dal capogruppo capitolino Marcello De Vito ha incontrato oggi il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro: “Il prefetto ha ribadito che il sistema è marcio e che non esclude minimamente lo scioglimento del Comune” ha dichiarao Di Battista al termine dell’incontro. “Il prefetto – ha aggiunto De Vito – ci ha chiesto di inviargli una documentazione delle tante interrogazioni che abbiamo presentato, in particolare sulle municipalizzate e sui controlli che dovevano essere fatti. Prepareremo quindi un fascicolo e lo invieremo al prefetto”. I rappresentanti del Movimento hanno poi nuovamente “escluso un ingresso nella giunta Marino”.
I consiglieri municipali della Lista civica hanno invece chiesto di andare avanti al sindaco che frena sull’arrivo del giudice Alfonso Sabella in Giunta come assessore alla Legalità: “In questo momento non ho commenti da fare – ha detto il primo cittadino – Ieri ho incontrato un amico e una persona che stimo, che è il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini. Gli ho chiesto consiglio su alcune questioni e nei prossimi giorni attendiamo delle risposte”.
Ddl anti-corruzione. Oggi, intanto, arriva in Consiglio dei ministri il
disegno di legge anti-corruzione annunciato mercoledì scorso dal premier Matteo Renzi. A Palazzo Chigi i ministri si riuniranno alle 18. Le misure, stando a quanto anticipato dallo stesso presidente del Consiglio, dovrebbero prevedere l’innalzamento delle pene ai corrotti, la restituzione del maltolto, l’allungamento dei termini di prescrizione. E, proprio su questo ultimo punto, già si profilano all’orizzonte frizioni in maggioranza, con Ncd pronta a dare battaglia.
Mala Roma rende 650 milioni
Il prof di Statistica dei Cinque Stelle fa i conti della corruzione capitolina
Almeno 650 milioni di euro. È questo l’importo che ogni anno verrebbe sottratto all’economia cittadina dai vari fenomeni di corruzione. La stima, “approssimata al ribasso”, è stata realizzata dal consigliere comunale del Movimento 5 Stelle, Daniele Frongia, che è anche professore universitario di statistica.
Il dato è stato calcolato prendendo a riferimento il costo della corruzione di 10 miliardi di euro di Pil nazionale, indicato da Unimpresa e rapportandolo alla percentuale del Pil romano rispetto a quello italiano.
Per i Cinque Stelle di non secondaria rilevanza è l’impatto «sociale» della corruzione esprimibile attraverso: «Distorsione del mercato, corruzione relativa alle gare d’appalto interferisce con la concorrenza del mercato, l’aggiudicazione di gare avviene attraverso soggetti che non propongono il miglior servizio al minor costo, freno alla crescita economica e agli investimenti, sfiducia diffusa verso la classe politica, erosione del servizio pubblico».
Interessante l’analisi comparativa fra il Gruppo 29 Giugno, coinvolto nell’inchiesta Mafia Capitale, e alcune municipalizzate romane, dove si confrontano il numero dei dipendenti e il fatturato annuo. E il livello è simile, se non addirittura maggiore a Aequa Roma, Roma Servizi per la Mobilità, Risorse per Roma e Zetema. «Con 51 milioni di euro di valore della produzione e oltre 1000 dipendenti, non si tratta di una realtà economica irrilevante, poiché può essere comparato ad alcune società in house di Roma Capitale».
Sempre secondo i dati raccolti dai pentastellati, nel Lazio negli ultimi 11 anni ci sarebbero state 36 sentenze della Corte dei Conti che condannavano vari soggetti al risarcimento del danno verso istituzioni pubbliche. Si tratta del secondo dato in Italia, classifica dove vince per distacco la Lombardia, con 101 sentenze. Completamente ribaltato il rapporto fra le due regioni se parliamo però degli importi, con 23,4 milioni di euro di risarcimenti comminati fra il 2001 e il 2012 contro gli 11,9 della Lombardia.
«In Italia c’è la certezza della non pena – aggiunge Frongia, fra le considerazioni politiche – Al momento in galera ci sono solo 8 detenuti condannati per corruzione, contro i 40.000 carcerati italiani. Presidente della Repubblica, Parlamento e Governo rendono certa la non pena per chi corrompe e per chi è corrotto. Questa è l’antipolitica».