Liguria, l’ex Cgil contesta il verdetto sulle primarie. I civatiani scaricano Paita: avanti da soli
«Lascio il Pd, me ne vado io da solo, non fonderò un altro partito». Quasi tredici anni dopo l’oceanica adunata al Circo Massimo contro la riforma berlusconiana dell’articolo 18, l’ex leader della Cgil, Sergio Cofferati, 66 anni, l’uomo che in quel marzo del 2002 aveva in tasca la schedina vincente per salire sul trono degli allora Ds (e invece finì a fare il sindaco di Bologna, alimentando uno dei tanti misteri della politica), ha ieri abbandonato il Pd, di cui è stato uno dei 45 fondatori, lasciandosi dietro una lunga scia di accuse sul modo in cui sono state gestite le primarie liguri per la scelta del candidato alle prossime Regionali, vinte dalla renziana Raffaella Paita, ma avvelenate da una serie di irregolarità che hanno spinto i garanti ad annullare il voto in 13 seggi e la Procura di Savona ad aprire un fascicolo contro ignoti. Anche se dal Circo Massimo è trascorso qualche secolo, politicamente parlando, è chiaro che l’uscita di un personaggio con la storia di Cofferati, attuale europarlamentare (carica dalla quale ha già detto che non si dimetterà: e anche su questo non mancano polemiche), è destinata ad agitare le già turbolente acque del Pd e dintorni, offrendo alla minoranza interna il destro per rimarcare le critiche al corso renziano e alla sinistra radicale di Sinistra e libertà e di Rifondazione comunista la speranza (per ora in divenire) di poter costruire qualcosa attorno a un’eventuale leadership del Cinese. Non a caso, gli uomini del segretario-premier hanno reagito ai più alti livelli: «La scelta di Cofferati, in questo momento di sfide nazionali, rischia di danneggiare il Pd — ha detto il vicesegretario Lorenzo Guerini —, un atto che ritengo inspiegabile, ci ripensi». È uno strappo che viene da lontano. Le primarie liguri hanno fatto da detonatore a un disagio politico di cui il Cinese da tempo non faceva mistero. Lontano da Renzi e dalla sua concezione del partito, su sponde addirittura opposte sulla riforma del lavoro, l’ex leader Cgil ha deciso di tagliare anche l’ultimo ponte quando si è reso conto che i vertici democratici avevano una gran fretta di archiviare la pratica ligure e i suoi pasticci: «Renzi — ha affermato l’europarlamentare — non ha avuto neanche il garbo di aspettare la conclusione dei lavori dei garanti per proclamare la vittoria di Paita». È una questione «etica» ciò che il Cinese imputa ai capi del Pd. È «l’inaccettabile silenzio» di fronte alle presunte irregolarità della consultazione di domenica scorsa e al tentativo di drogare il voto per indirizzare la futura giunta regionale verso un accordo con la destra. Cofferati ha denunciato «inquinamenti causati dalla partecipazione di decine di immigrati (dirà la magistratura se pagati o meno da qualcuno, ndr ) e infiltrazioni da parte di fascisti non pentiti per condizionare l’esito finale a favore di un determinato modello politico (le larghe intese, ndr )». Operazione quest’ultima che avrebbe avuto come madrina la ministra Roberta Pinotti: «È venuta a Genova a sostenere Paita e a teorizzare l’opportunità di un governo del centrodestra senza essere smentita». Andrà fino in fondo il Cinese: «Porterò le carte in Procura, per molto meno le primarie di Napoli (2011, ndr ) sono state annullate». L’onda d’urto dell’addio di Cofferati al Pd si è subito sentita a Roma. Sel, con il coordinatore Nicola Fratoianni, ha già pronta una sorta di comitato d’accoglienza: «Non intendiamo tirarlo per la giacca, ma, se Sergio vorrà, saremo entusiasti di portare avanti la sua candidatura come governatore della Liguria». Interlocutoria la risposta del Cinese: «Alle elezioni manca tanto…». Gongola anche il Prc con il segretario Paolo Ferrero: «La scelta di Cofferati evidenzia la frattura che c’è tra il Pd e il movimento dei lavoratori, è un fatto politico». In agitazione anche la sinistra interna dem. Se Matteo Renzi incontrerà Federico Berruti (suo fedelissimo che correva con Cofferati) per recuperare almeno lui, i civatiani della Liguria hanno deciso che non sosterranno Raffaella Paita ma un’altra candidatura. E Pippo Civati ha criticato il modo in cui i vertici hanno gestito il caso: «Renzi ha minimizzato in direzione. E poi ci si chiede come mai succedono casi come Mafia Capitale, ma le domande arrivano sempre dopo». E sul suo blog ha scritto: «Il Pd imbarca con orgoglio la destra e perde molti elettori, tra cui Cofferati». All’attacco anche Gianni Cuperlo: «L’uscita di Sergio è una ferita, nella sua denuncia non c’è solo il malcostume ma la mutazione d’identità del Pd». La pensa diversamente una «non renziana» come Sandra Zampa, vicepresidente pd: «Cofferati mi ha confermato le ottime ragioni per non sostenerlo». Francesco Alberti