Il suo nome è legato alla cordata di imprenditori che dovrebbero far rinascere a nuova vita il complesso di Sant’Orsola, quello destinato ad ospitare — dopo un restauro lungo sei anni e dal costo di quasi 30 milioni di euro — l’Accademia della Musica del tenore Andrea Bocelli. Da ieri l’imprenditore Alessandro Paolini, 49 anni, di San Casciano, fino a due anni fa dipendente della Banca Italease, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta.
Sant’Orsola, dopo tanti stop e tanti progetti sfumati, sembra vittima di una maledizione ma dalla Città metropolitana rassicurano: «Non ci sono al momento preoccupazioni».
Paolini è amministratore di due società che risultano presenti nel progetto Sant’Orsola, la Bch srl (non coinvolta nell’inchiesta ma fallita proprio pochi giorni fa) e la Pfp, Property Finance e Partners (che nel 2015 ha acquistato l’intero capitale di Bch). Secondo il gip la Bch — «società priva di consistenza patrimoniale e attività economica significativa — sarebbe stata istituita con l’unico scopo di sottrarre ricchezze ad un’altra società, Villa Arnina.
È finito nei guai anche il commercialista Andrea De Tora, 53 anni: per lui il gip Anna Liguori ha disposto la sospensione dell’attività professionale. Sotto sequestro sono finiti due appartamenti, a Firenze e Scandicci, del valore di 380 mila euro, cifra che l’imprenditore sarebbe riuscito a sottrarre al fisco.
Secondo quanto ricostruito dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, coordinato dalla pm Christine von Borries, Paolini avrebbe creato una rete di società collegate tra loro che venivano puntualmente spogliate e portate al fallimento. Un modus operandi, sottolinea il gip, «spregiudicato e costante».
«La concessione è provvisoria — spiegano dalla Città metropolitana — e quindi la commissione che si sta occupando del caso «ha la facoltà di fare delle verifiche e rimodulare il progetto». Tradotto: se una società della cordata dovesse venire meno, è possibile nominare una nuova capofila e ridistribuire lo sforzo economico tra quelle rimaste, ovvero Restauri Edili Almud Edizioni Musicali, Gervasai, Giulio Tanini, Procogen, Gefat e Sant’Ilario.
Il monastero, nato nel 1309, negli ultimi due secoli viene trasformato in una manifattura tabacchi, in un centro di accoglienza per profughi istriani e in un distaccamento dell’Università di Firenze. Il primo buco nell’acqua risale all’inizio degli anni ’90: la Guardia di Finanza avrebbe dovuto farci il proprio quartier generale; ma i lavori, che stravolgono l’edificio, si fermano a metà. Un lungo silenzio, fino alla scommessa di Matteo Renzi che da presidente della Provincia compra l’edificio dal Demanio, senza tuttavia trovare soluzioni. Ci riprova il suo successore, Andrea Barducci, con project financing che avrebbe dovuto far nascere una piscina al piano terreno e uffici a quelli superiori: nel 2013 tutto naufraga. Nel 2014, Barducci ritenta: arrivano due offerte, una è un bluff, l’altra viene esclusa per un vizio di forma. Capofila era proprio Villa Arnina. Il bando viene ripresentato nel settembre successivo, ma va deserto. A gennaio 2016, un altro fiasco: il progetto per un hub universitario della California State University viene bocciato dalla neonata Città metropolitana perché ritenuto inadeguato. Dentro quel progetto ci sono quattro delle realtà che ritorneranno alla carica con la «cordata Bocelli»: Sire, Giulio Tanini, Gefat e Bch. Il progetto per l’accademia musicale ottiene il via libera a settembre dell’anno scorso. Ma passano due mesi e Stefano Fani, il titolare di Sire, in quel momento la società capofila, viene arrestato nell’inchiesta sulle tangenti al Provveditorato. Così Sire si ritira dalla cordata e al suo posto, a fare da capofila, subentra proprio Pfp.
Giulio Gori Antonella Mollica
- Venerdì 8 Settembre, 2017
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