È questo lo spirito con il quale ieri il meeting ha accolto e applaudito Paolo Gentiloni apprezzandone prima di tutto il profilo istituzionale, non di uomo di parte. In virtù di questa novità – in passato Cl organizzava il controllo delle preferenze sul territorio più o meno come il vecchio Pci – è facile pensare quindi che il voto degli attivisti e simpatizzanti si distribuirà prevalentemente su tre partiti (Forza Italia, Ap e Pd) mentre è assai difficile che i Cinque Stelle raccolgano consensi significativi. Troppo forte è tra i ciellini – dicono al meeting – il rispetto anche formale per le istituzioni e la convinzione della politica come servizio per cedere alle invettive di Beppe Grillo. Poi nella distribuzione dei consensi molto dipenderà da quali saranno i temi-chiave del voto, quanto peso avranno – ad esempio – le questioni dell’immigrazione e dell’accoglienza.
Anche nei rapporti con le gerarchie ecclesiastiche tutto è cambiato in relativo poco tempo. Una volta c’era il Movimento, la Cei, i vescovi ciellini e il Papa: un quadrilatero di relazioni incrociate del quale il Meeting registrava le minime oscillazioni e implementava le relative mosse diplomatiche. Oggi sulla scena c’è solo papa Bergoglio e Cl si specchia pienamente nel suo magistero mettendo da parte primati e separatismi. I nuovi ciellini, «buonisti» e meno presuntuosi, non si considerano più i primi della classe e hanno cominciato a dialogare con le altre associazioni come l’Azione Cattolica, la Caritas e le Acli e iniziative che prima avevano un forte imprinting ciellino come la Colletta Alimentare stanno diventando pian piano appuntamenti di tutti. Sul piano dei rapporti di forza interni si sta rovesciando la relazione centro/periferia dove prima il centro era Milano e la periferia il mondo: oggi Cl organizza meeting come quelli di Rimini in almeno altre cinque-sei città del pianeta (compresa New York). Quanto agli organigrammi si racconta che stiano cambiando anche quelli ma chi osserva le presenze sul palco dei vari dibattiti del meeting onestamente questa percezione non ce l’ha.
Se meno politica e più opere è la ricetta di Carrón, le seconde corrispondono sempre meno all’attività della Compagnia delle Opere (che suo malgrado per molti giornali evoca ancora i famosi appalti) e sempre più a una presenza sociale nel welfare, nella formazione e nell’integrazione culturale degli immigrati con corsi di italiano e doposcuola per i bimbi. Famiglia ed educazione restano sicuramente i temi nel cuore dei ciellini – una sorta di domanda sociale «bianca» – ma non si parla più come una volta di occupare le piazze o fare le sentinelle mentre in parallelo cresce l’attenzione ai temi della giustizia sociale e del senso della vita e del dolore. Sarà un leader riluttante ma Carrón ha spianato le montagne.
Corriere della Sera – Dario Di Vico a Pagina 13 – 21/08/2017 pg. 1 ed. Nazionale