Torino Saluto di Mattarella all’apertura. Nel 2023 il direttore sarà affiancato dal successore. E il presidente Biino: disponibile a continuare
di Cristina Taglietti
Si parte con un più 4% di biglietti: 1.500 gli eventi (e altri 500 «off»). Lagioia: felice, qui ho imparato il compromesso e l’arte dell’equilibrio.
TORINO Il Salone cerca il record e qualcuno lo ha già battuto. È sicuramente il più grande e, azzarda il direttore Nicola Lagioia, «il più bello di sempre». È quello con più metri quadrati di esposizione, più editori, più spazio tra gli stand. Ed è l’unica edizione, finora, con un bosco al suo interno e un campo da tennis fuori. Quello che si aspettano tutti è anche il record di visitatori, considerato anche che ieri le biglietterie hanno registrato il 4% in più rispetto al giovedì 2021. Il presidente Giulio Biino ha scommesso sul superamento dei 150 mila dello scorso ottobre: «La festa può dirsi riuscita se tutti gli invitati sono felici», sintetizza e alla cerimonia di inaugurazione, tutti — i ministri dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e della Cultura, Dario Franceschini, il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, e il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo — lanciano i «cuori selvaggi» oltre gli ostacoli, mentre il presidente Sergio Mattarella invia un messaggio di augurio.
La pandemia, la guerra, il pianeta malato, la giustizia sono i temi caldi della trentaquattresima edizione; coraggio e entusiasmo sono le parole pronunciate più spesso da Guido Viale, presidente dell’associazione Torino la città del libro, la parte privata a cui è affidata l’organizzazione, da Biino, presidente del Circolo dei lettori che rappresenta la parte pubblica, dal direttore Nicola Lagioia. Dai ministri arrivano rassicurazioni sui vari fronti. Franceschini ricorda il tavolo per una legge quadro che aiuti tutti la filiera: «Ribadisco qui l’impegno. Vorrei che questa legislatura, e ormai manca meno di un anno, si chiudesse con l’approvazione di questa legge», mentre Bianchi torna su uno dei punti più spinosi del nostro sistema culturale ed educativo: la mancanza delle biblioteche scolastiche, di cui al Salone è esposto un prototipo, e la necessità di promuoverle.
Dopo l’inaugurazione, seduto nella lounge del Circolo dei lettori, Biino cerca, senza riuscirci, di frenare un poco gli entusiasmi: «Non posso più parlare di numeri perché altrimenti mi uccidono, ma io non credo nella decrescita felice. Abbiamo fatto più incontri, cioè 1.500 dentro e 500 fuori, nel Salone Off; e 5% in più di editori. Perché non dobbiamo sperare? Certo, dipenderà da molti fattori, non è facile. L’Eurovision si è mangiata tanta parte della comunicazione degli ultimi giorni, così come il Festival dell’economia. Il week end si prospetta bellissimo e ci sarà la voglia di andarsene al mare». Il bel tempo spaventa anche Lagioia: «Si sa che il clima ideale del Salone è cielo coperto senza pioggia», dice. Questo sarà il suo ultimo Salone da solo, il suo contratto scade nel 2023, ma dalla prossima edizione verrà affiancato da un direttore designato per il 2024, scelto attraverso una manifestazione pubblica di interesse a cui chiunque, anche lui, potrebbe partecipare. «Io — spiega —ho deciso di non farlo. Sperando che vada tutto bene fino all’anno prossimo, sono stati anni abbastanza duri, complicati: la fiera a Milano, il fallimento della fondazione, il Covid e poi questa edizione in sette mesi. La mia psicoanalista mi ha detto: ha fatto tutte queste navigazioni turbolente e adesso che potrebbero diventare tranquille si ferma?». Da quest’esperienza Lagioia dice di avere imparato molte cose: «L’arte della mediazione. Non a scendere a compromessi ma a salire a compromessi, a gestire un equilibrio tra due parti contrapposte. Poi, in realtà, il fatto di mettersi al servizio degli altri mi è sempre piaciuto perché la scrittura è un lavoro solitario e se non hai grandissime doti umane, e io le ho normali, quel lavoro rischia di farti ammalare di solipsismo. Sono orgoglioso perché il Salone ora è molto più solido di come l’ho preso». Forse c’è un po’ di vanità e un po’ di paura nel non volerci riprovare. «Vanità perché credo di lasciare così un buon ricordo, paura perché non si può vincere sempre. Poi è giusto favorire un cambiamento: io i primi anni travolgevo situazioni e persone, e questo può essere positivo». Biino è perentorio: il Salone 2023 sarà ancora quello di Nicola Lagioia. «La cogestione fa un po’ ridere sia per l’uno che l’altro. L’affiancamento di un direttore designato, così l’abbiamo chiamato formalmente, d’ora in poi andrà a regime e diventerà regola, per cui si saprà che il direttore lavora per tre stagioni, nella terza ci sarà un direttore designato che affiancherà quello ancora in carica». Alcuni nomi già circolano, come quello di Loredana Lipperini: «In realtà — aggiunge Biino — nessuno è escluso. Capisco che dopo 7 edizioni uno voglia smettere, anche se, appena arrivi qui, comincia l’adrenalina e ti sembra di non poter vivere senza il Salone».
Anche il presidente d’altronde è in scadenza e non ha mai fatto mistero di avere piacere a restare: «Ho dato la mia disponibilità con la coscienza molto serena di aver fatto il massimo. Poi sono consapevole dei tempi e dei modi della politica: quindi non c’è problema, anche perché ho una vita piena di cose. Però qui c’è davvero una magia. Io sono venuto al Salone alla prima edizione, 35 anni fa, dopo aver guadagnato il mio primo stipendio. Avevo deciso di spenderlo tutto in libri. I primi che ho comprato sono stati tre volumi di Crocetti con cui ci mettemmo a parlare. Nicola Crocetti mi vide giovane, appassionato e mi disse: l’anno prossimo all’ingresso chiamami che ti do il mio pass. Così ha fatto per tre anni, e oggi vederlo qui, nella Sala Oro piena, con Jovanotti, è bellissimo». L’area esterna, con molti tavolini e punti di ristoro non rischia di tenere i visitatori lontano dagli stand? «Ma chi viene al Salone — replica Lagioia — si è sempre lamentato che non ci fossero posti dove riposarsi, ora ci sono. Quanti libri compreranno? Non lo sappiamo, il mercato editoriale è ondivago: in autunno aveva avuto un’impennata, adesso le cose sono cambiate».
Oggi i dati di Aie e Nielsen mostreranno quanto di quell’incremento è stato strutturale. Un primo, significativo indicatore è uscito ieri da un’altra ricerca dell’Associazione italiana editori in collaborazione con il programma Eudicom: nel 2021 un libro ogni 10 è di fumetti, il 5,9% del valore del mercato di varia. Un trend in crescita: tra gennaio e aprile i fumetti arrivano a occupare il 12,3% delle copie vendute.