Fra le personalità atipiche del panorama intellettuale italiano del Novecento, un posto d’onore spetta a Carlo Ludovico Ragghianti (1910-1987), normalista, resistente, uomo politico, eminente storico e critico d’arte.
L’ottimo profilo biografico che gli dedica Emanuele Pellegrini, storico dell’arte anche lui presso l’Imt di Lucca, ben costruito e impreziosito da una formidabile selezione di lettere, si avvale di un primo scavo compiuto in quel monumento di carta che lo studioso lasciò a Lucca, alla Fondazione che porta il suo nome. Il risultato è stupefacente: Ragghianti semina in continuazione tracce del proprio percorso formativo, professionale e politico, arricchendo così in modo significativo la storia della Repubblica per ciò che concerne il versante, ancora relativamente poco indagato, delle politiche culturali. Naturalmente, dato il carattere non proprio remissivo e la gelosa autonomia intellettuale, la sua non fu una navigazione facile: le acque del dopoguerra, anche per chi, come lui, veniva, sia pure in forma del tutto originale, da un’impostazione crociana, erano piuttosto agitate. Brillante sottosegretario con Parri, quando ancora spirava il “vento del Nord” (siamo nella seconda metà del ’45), egli avrebbe vagheggiato un ministero della Cultura in connessione col Turismo (per i tempi un’eresia assoluta), battendosi poi per conservare ai tecnici delle “belle arti” un ruolo non subalterno alla politica e alla burocrazia nelle istituzioni culturali del Paese in via di democratizzazione. Questa impostazione risentiva del programma del Partito d’Azione, la formazione cui aveva aderito durante la guerra di Liberazione, che sulla mobilitazione delle competenze a tutti i livelli puntava per sostenere una rapida modernizzazione dell’Italia, in sintonia con gli esperimenti dei Paesi anglo-sassoni.
«Col 1950 – così in una lettera a Leo Valiani del 25 giugno 1973 – l’iniziativa riformatrice dell’antifascismo si poteva considerare eliminata e sepolta, e quindi non restava che riprendere la strada dell’eresia. Così nel 1948-50 ripubblicai la “Critica d’Arte” [fondata con Bianchi Bandinelli prima della guerra], con lo stesso programma e la stessa condotta anche etico-civile, e nel 1952 fondai “sele ARTE” con l’aiuto di Olivetti, portando la problematica critica, istituzionale e riformatrice all’attenzione di 50.000 lettori (e non è colpa mia se tale rivista ha aperto un interesse, che è stato industrialmente sfruttato dall’estetismo e conformismo anticulturale delle dispense a colori)». E ancora: «oggi siamo in piena espansione di quella che, di fronte alla lunga dittatura della parola e del discorso, si chiama “civiltà dell’immagine” o della visione produttiva e comunicativa; e si può accettare senza troppe difficoltà nel fatto l’affermazione che ho sempre ribadito, che l’attività visiva non è per antonomasia univoca, anzi polivalente e differenziata». Ne aveva dato una prova visionaria lui stesso, con la serie dei critofilm, girati a partire dal 1948 per documentare attraverso il mezzo cinematografico il “fare artistico”. Se a tutto ciò affianchiamo il precocissimo contatto con Montale, l’espulsione dalla Normale nel 1931, l’antifascismo “antropologico” maturato fin dal liceo, la relazione con intellettuali di rilievo mondiale, fino alla campagna a favore dell’arte fiorentina dopo la catastrofica alluvione del 1966, possiamo avere solo una prima idea dell’impegno culturale integrale di Ragghianti. Il quale, a partire dal 1968, comincia il suo doloroso congedo da una società che non capisce più, da un mondo giovanile privo, ai suoi occhi, di quell’ansia di autonomia e di rigore che aveva segnato, almeno in parte, la sua generazione. Non per questo, però, dobbiamo iscriverlo fra i conservatori del decennio Settanta.
Ragghianti è fautore dell’inserimento delle discipline umanistiche nel Cnr e, scrivendo ad Alfredo Parente, nel giugno 1979, osserva con impressionante lucidità: «bisogna che il computer, come il compasso, il microscopio o il telescopio, si integri naturaliter nella nostra esperienza. Tra qualche anno – te lo assicura uno che ormai conosce abbastanza bene la materia – la mente sarà una centrale ordinatrice servita da strumenti tascabili di tecnica elettronica». C’è bisogno di aggiungere altro?
Storico dell’arte e uomo
politico. Profilo biografico
di Carlo Ludovico Ragghianti
Emanuele Pellegrini
Edizioni ETS, Pisa, pagg. 233, € 22
Roberto Balzani