gianluca paolucci
Circa 1250 sportelli sui 1400 totali. È questo sostanzialmente il «perimetro» di Mps oggetto dell’esame da parte di Unicredit per una possibile acquisizione. Dei circa 1400 sportelli della banca sarebbero però esclusi circa 110 sportelli, prevalentemente in Sicilia, Puglia e Emilia Romagna che verrebbero esclusi anche questioni di Antitrust per evitare sovrapposizione. Esclusi anche altri 30-40 sportelli per i quali era già prevista la chiusura perché non redditizi nell’ambito del piano di chiusure già in corso. Non è escluso – questo almeno è l’auspicio – che nel corso della trattativa possano rientrare nel perimetro d’interesse di Unicredit una parte delle attività basate a Siena e in Toscana, in modo da minimizzare l’impatto occupazionale. Oppure che l’istituto guidato da Andrea Orcel assuma l’impegno, nell’ambito dell’integrazione delle attività di Mps, di portare a Siena alcune funzioni del gruppo.
Per la gestione degli esuberi c’è già la volontà di rifinanziare il fondo esuberi per circa un miliardo, che dovrebbe servire per la copertura di circa 6 mila prepensionamenti con un anticipo di sette anni.
Per quanti riguarda gli sportelli esclusi dal perimetro, quelli al Sud potrebbero finire nell’orbita di Mcc per una integrazione nella rete della Popolare Bari. A Mcc potrebbero interessare anche società prodotto e consorzi operativi.
Il «temporary framework» della Bce consentirebbe la ricapitalizzazione precauzione senza il burden sharing, ricorda Morgan Stanley, mentre Bloomberg riferisce dell’impegno di Mef e Unicredit per tutelare gli obbligazionisti.
Resta un’incognita il destino del marchio e della direzione generale (2600 dipendenti solo a Siena)e del marchio Mps, ovvero il principale nodo – politico prima che finanziario – dell’intera vicenda.
Non a caso, la vicenda Montepaschi continua ad agitare la politica. «Siamo davanti a un disastro targato Pd che sta riuscendo a distruggere la banca più vecchia del mondo: privato sì ma non così, a spese dello Stato. Ora tutelare il marchio e l’occupazione, con una banca dei territori», attacca il leader della Lega Matteo Salvini. Le file del partito del rinvio sono stipate e trasversali: «Vendere a pochi mesi dalla deadline prevista dalla Commissione europea, vuol dire rassegnarsi alla svendita», dice Stefano Fassina di Leu. Gli europarlamentari Raffaele Fitto e Carlo Fidanza (FdI) hanno presentato una interrogazione urgente alla Commissione per chiedere una proroga. Senza il «blocco dei 6000 esuberi» e il «mantenimento» del marchio Mps «è giusto” un rinvio, afferma il sottosegretario al Mef della Lega, Claudio Durigon. Di «evidenti criticità» parla Michele Gubitosa (M5S): «Quello che il Governo dovrebbe fare è chiedere più tempo». Il Tesoro, in attesa che mercoledì il ministro Daniele Franco riferisca in Parlamento, va però avanti per la sua strada, rafforzato nei suoi convincimenti dall’esito dello stress test, che ha visto Mps ultima in Europa. —
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