di Pierluigi Panza
Dal 2008, ogni estate, a Sankt Moritz, si può camminare nell’arte tra la natura. È un’esperienza che più di ogni altra stimola nell’immediatezza immaginazione e memoria. L’anno scorso, ad esempio, sconvolgeva ogni idea di ordine l’accostamento tra la modernissima e disassata U-Bahn-Eingang di Martin Kippenberger di fianco al vecchio maso in pietra e abete: due estremi che si sfioravano e impedivano di non interrogarsi su cosa avessero da dirsi due opere così apparentemente diverse. Quest’anno la rassegna St. Moritz Art Masters (ottava edizione, dal 21 al 30 agosto), che come sempre coinvolgerà più location sparse per l’Engadina, è destinata invece a far meditare. A meditare su che cosa siamo stati. Nella capitale estiva dell’arte, mostre, workshop, incontri e lecture celebreranno la creatività italiana del XX secolo declinata attraverso un approccio interdisciplinare, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alla moda, costume, pubblicità, design, cinema. Dopo Brasile, Cina e India, Art Masters si posa sul Bel Paese per testimoniare quanto la creatività italiana abbia influenzato la cultura del Novecento, dalla rivoluzione industriale al periodo tra le due guerre, dal boom economico al made in Italy. Il concept di questa passeggiata tra Futurismo e Metafisica, Spazialismo e postmodernità sotto il pizzo Bernina è stato definito da un comitato interdisciplinare: i curatori Davide Rampello e Reiner Opoku, i mercanti d’arte Marco Voena e Luigi Toninelli, il direttore della Fondation Beyeler Samuel Keller, la direttrice di «Vogue Italia» Franca Sozzani e i collezionisti Beat Curti e Roland Berger. Alcune delle sculture più iconiche di Arnaldo Pomodoro, Augusto Perez e Giacomo Manzù saranno installate lungo l’area pedonale di Sankt Moritz (che fu anche patria di Giovanni Segantini); a queste si aggiunge una retrospettiva sulla scultura di Marino Marini nella Scuola francese. Nella chiesa protestante della cittadina si terrà invece una mostra con opere di Lucio Fontana e Piero Manzoni, un dialogo tra le due figure cardine dell’arte italiana del dopoguerra. Attraverso le loro opere, Fontana e Manzoni hanno cercato di rispondere alla domanda «Cos’è l’arte?» che, secondo Arthur Danto, caratterizza l’esperienza delle avanguardie e postavanguardie. Per Manzoni, l’arte è l’artista, ovvero colui che riesce a far comprare come opera persino i propri escrementi. Per Fontana, invece, l’arte è spazio e la tela una prigione. Il linguaggio di Manzoni era distante e, in un certo senso, più radicale rispetto a quello di Fontana. Presenta un recupero di tratti dell’esperienza Dada e un gusto per l’autorappresentazione che segna una profonda differenza con Fontana. Lavori come le Impronte , il Fiato d’artista e la Merda d’artista stanno a rivelare un gusto per la teatralità che è sì presente anche in Fontana — quando taglia e buca le tele — ma con un’attitudine diversa. I due avevano rispetto tra loro. Intervistato la mattina dell’8 febbraio 1963 subito dopo la morte di Manzoni, Fontana ne tributò l’elogio: «Era un uomo di ricerca e la sua linea non era e non è facile da capire e da accettare, però io ho la ferma convinzione che Manzoni abbia segnato un punto fondamentale nella storia dell’arte contemporanea». Art Masters prosegue poi con la retrospettiva su Aldo Mondino, allestita nella galleria Robilant e Voena, e con la personale di Salvo alla Chiesa Francese. L’apporto del fashion system alla rassegna trova casa nello storico Hotel Kempinsky, con un omaggio a Giovanni Gastel, tra i più grandi fotografi di moda al mondo. Gastel è messo a confronto con l’artista italiano che più di ogni altro ha saputo giocare con l’immaginario dello show business e con la seduzione esercitata dai divi del cinema: Mimmo Rotella. Qui tra le seducenti foto seppiate e virate di Gastel e i décollage un po’ dadaisti e un po’ ready made di Rotella la comunicazione empatica con il visitatore in vacanza raggiunge forse la più immediata fluidità. A tutto ciò si aggiungono le esposizioni di Wilfredo Lam alla Galleria Gmurzynska e di Luca Pancrazi alla Paracelsus. Come di consueto St. Moritz Art Masters coinvolge anche altre località dell’Engadina. Zuoz, ad esempio, dove la galleria Monica de Cardenas propone una personale del giovane artista milanese Lupo Borgonovo; mentre a Samedan saranno protagonisti Paolo Scheggi, Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani. Nel 1966 questi artisti furono scelti da Alfredo Bonino per rappresentare la fiorente scena artistica milanese nella mostra Italy — New Tendencies . A quasi mezzo secolo di distanza, Robilant e Voena ripresenta il loro lavoro in una esposizione curata da Francesca Pola, investigando il ruolo cruciale che hanno avuto nello sviluppo del panorama culturale italiano degli anni Sessanta, ponendo una selezione di loro lavori a fianco di singole opere di Fontana e Alberto Burri. Il lavoro di questi artisti segna una sperimentazione radicale con radici classiche e consapevolezza della continuità storica. Tra le opere presentate nella mostra che Gian Enzo Sperone propone nella sua galleria a Sent, si potranno ammirare quelle di Giacomo Balla, Nicolaj Diulgheroff, Fillia, Lucio Fontana, Bruno Munari, Enrico Prampolini, Manlio Rho, Ettore Sottsass, Giulio Turcato. Qui siamo alle radici della scena moderna e ai suoi esiti, dal Futurismo al Postmoderno di «tendenza» con le opere disegnate da Ettore Sottsass. Emerge anche qui che molte tendenze esposte sono nate, o si sono sviluppate, a Milano. Cartier e Linea Più sono infine protagonisti dell’evento che giovedì 27 agosto vedrà l’inaugurazione della personale di Rose de Vauville, un’artista che nasce nel fashion system — collaborando con Ungaro, Guerlain e Dior — e che proprio alla moda dedica le sue composizioni fotografiche.