«Il ritorno all’utile di Mps dopo dodici trimestri consecutivi di perdita è il segnale che la svolta gestionale della banca sta portando risultati concreti anche a livello reddituale. Ora ci prepariamo con all’aumento di capitale da 3 miliardi, che tra l’altro servirà a rimborsare definitivamente l’ultima quota di Monti-bond. Conti in utile e rafforzamento patrimoniale ci pongono in posizione di maggiore forza per trattare poi l’aggregazione con altre banche italiane o estere». L’amministratore delegato di Banca Mps Fabrizio Viola, per la prima volta, apre all’ipotesi di aggregazione con una delle grande banche popolari italiane che si dovranno trasformare in Spa perchè «industrialmente interessante».
Partiamo dai conti, finalmente in utile. Il ritorno alla redditività può considerarsi definitivo?
Il ritorno alla profittabilità è di rilievo soprattutto se si tiene conto del contesto di tassi a zero e di un’economia che non è ancora entrata in fase di ripresa significativa. Aggiungo che la redditività attuale va comparata con una banca che, rispetto al 2011, ha ridotto l’attivo di 50 miliardi dopo le azioni di deleverage e derisking che abbiamo attuato negli utlimi anni.
Si tratta di un utile sostenibile nel tempo? E quanto è dovuto a poste straordinarie o alle favorevoli condizioni di mercato indotte dal Qe della Bce?
Il dato che più mi rende soddisfatto è che l’utile deriva in gran parte dalla gestione caratteristica della banca. Il taglio dei costi, che proseguirà come abbiamo indicato nell’aggiornamento del piano, ci mette in condizione di aumentare la redditività con la ripresa dei ricavi. I dati indicano chiaramente che il costo della raccolta è sceso in modo significativo, così come le rettifiche su crediti. La profonda revisione organizzativa e l’importante rafforzamento manageriale avviati da metà 2014 sulla gestione dei crediti anomali, con la creazione di un’unità interna dedicata, è destinata a dare grandi risultati.
La plusvalenza realizzata sulla cessione a Poste della quota in Anima Holding quando sarà contabilizzata?
Nel secondo trimestre e, in parte, nel terzo trimestre secondo gli accordi stipulati con Poste. Nel primo trimestre, l’unica voce non ordinaria riguarda i ricavi ottenuti dalla ottimizzazione del portafoglio titoli di Stato.
Perchè avete deciso di aggiornare il piano industriale e finanziario?
L’aggiustamento era dovuto per una serie di motivi. Con lo Srep, la Bce ci ha assegnato un livello minimo di Cet1 del 10,2%. In più abbiamo aumentato il livello dell’aumento di capitale a 3 miliardi e deciso di rimborsare subito i residui Monti bond che era invece previsto in più tranche entro il 2017. Inoltre il vecchio piano, che pure era basato su previsioni macro all’epoca prudenziali, deve fare i conti con livelli di Pil e di tassi più bassi di ogni previsione.
Quali sono gli elementi chiave del nuovo piano?
Il primo è l’ulteriore miglioramento della produttività commerciale con la rivisitazione del modello distributivo, che abbiamo chiamato Mps 20.20. Il successo della banca multicanale Widiba mi fa dire che l’ambizione è di «widibizzare» il Monte Paschi. Meno filiali tradizionali, riarticolazione basata su filiali-hub e filiali satellite leggere. E meno filiali in generale, pensando alle nuove tecnologie: già ne abbiamo chiuse 550, ne ridurremo il numero di altre 350 entro il 2018.
Il piano ha come orizzonte il 2018. Ma la Bce vi ha sollecitato a procedere a un’aggregazione. O esiste ancora una prospettiva di procedere stand alone?
Il piano serve a rendere la banca più solida dal punto di vista patrimoniale e finanziario, più competitiva ed in grado di remunerare adeguatamente il proprio capitale. Tutto ciò consentirà alla banca di partecipare in modo attivo al processo di consolidamento che, sono convinto, interesserà l’intero sistema bancario nazionale. A questo riguardo ritengo un’aggregazione un’opzione industriale da realizzare per allineare più velocemente la redditività del capitale al suo costo, attraverso la realizzazione di rilevanti sinergie di costo.
Intesa Sanpaolo e UniCredit hanno già fatto sapere di non essere disponibili a nuove aggregazioni in Italia. Restano le grandi Popolari che a breve dovranno trasformarsi in Spa. È un’ipotesi percorribile?
La trasformazione in Spa delle Popolari rende un’eventuale percorso di aggregazione più facile. Dal punto di vista industriale, l’aggregazione tra Mps e una grande popolare fa molto senso. Lo dico anche perchè, da manager che ha vissuto gran parte della propria esperienza professionale nel mondo delle banche popolari, ho trovato nel Monte una banca che ha un fortissimo radicamento territoriale. Culturalmente, la combinazione sarebbe efficace.
Per ora i vostri advisor non hanno avuto interessi da parte di banche estere?
Il lavoro degli advisor è stato finora di valutare a tavolino le diverse opzioni possibili. Non c’è stata alcuna manifestazione di interesse formalmente formulata. La nostra priorità è realizzare con successo l’operazione di aumento di capitale. Successivamente valuteremo senza perdere di vista il nostro obiettivo di proseguire nel percorso di rilancio della banca che tutti coloro che lavorano in banca, a tutti i livelli, vogliono fortemente.
Quando partirà l’aumento di capitale?
Contiamo di partire a fine maggio per chiudere l’operazione entro giugno. Ma i tempi dipendono dalla Bce, che deve dare il suo via libera.
Dal 1° luglio, per effetto del pagamento in azioni delle cedole dei Monti-bond, lo Stato diventerà azionista di Mps con il 4%. È una quota che in qualche modo potrà condizionare la futura alleanza in Italia o all’estero?
Non lo vedo come un elemento di complicazione. Il Ministero dell’Economia ha già detto di considerare la quota puramente finanziaria e di non avere intenzione di svolgere alcun ruolo strategico.
Con la fine dell’aumento, il presidente Alessandro Profumo ha preannunciato la sua uscita. In cda avete già affrontato il nodo successione?
Mi dispiace sia dal punto di vista professionale che personale. Abbiamo lavorato benissimo in questi tre anni. Premesso che è una decisione in capo agli azionisti, il mio auspicio è di poter avere un presidente che non mi faccia rimpiangere Profumo.
È possibile che con la banca giapponese Nomura, con cui i vecchi vertici avevano costruito il derivato Alexandria, troviate una transazione sull’indennizzo a vostro favore già prima dell’aumento di capitale? Bce vi ha imposto di chiudere entro il 26 luglio. Stabilire una data prestabilita vi penalizza?
Certamente non ci aiuta, ma la Bce ha anche detto che il termine può essere prorogato se esistono valide motivazioni legali. Ricordo che la Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio di ex manager Nomura per quella operazione. E che noi abbiamo avanzato una richiesta di risarcimento danni di un miliardo. Come già avvenuto nel caso dell’operazione Santorini, una transazione ha senso solo a certi livelli. Intendiamo fortemente vedere riconosciuti le ragioni della banca e di conseguenza dei suoi azionisti che è stata pesantemente danneggiata nel passato.