Allarme Cgil, a Firenze il segretario nazionale della Fisac. Temuti vendita a Unicredit, spezzatino e tagli. ” La Fondazione riduca la richiesta danni”
di Maurizio Bologni
Sente puzza di bruciato, la Cgil. Avverte, fortissimo, il rischio che Mps venga fagocitata da un grande gruppo nazionale, un gruppo che non voglia la direzione generale a Siena città dove lavorano in 2.600 – tagli molti dei 1.421 sportelli in Italia, di cui 306 in Toscana con 5.800 persone, e che recida le radici con la Toscana, dove quasi un quinto dell’economia finanziaria fa capo a Rocca Salimbeni. Sente puzza di bruciato, la Cgil. E per dire no al massacro è corso a Firenze il segretario generale della Fisac Cgil, Nino Baseotto: « No allo spezzatino della Banca, no al bagno di sangue sociale nella regione, dobbiamo salvaguardare un patrimonio nazionale quale è Mps » . E il segretario regionale della Fisac Cgil, Daniele Quriconi, dice qualcosa in più: « Una cosa sarebbe la fusione di Mps con una banca di pari dimensione, altra cosa se Siena fosse incorporata da una banca italiana più grande, tre, quatto, cinque volte », che appunto cancellerebbe direzione generale a Siena, ridurrebbe in Toscana occupazioni e filiali.
Perché tanto allarme? Manca poco più di un anno alla scadenza dell’ultimatum dell’UE, il 31 dicembre 2021, data entro la quale lo Stato Italiano deve uscire dal capitale privato. Non c’è più tempo. Se una trattativa di cessione deve essere avviata, il momento è ora, anche a fronte di un parzialmente recuperato appeal di Mps dopo la cessione di 8,1 miliardi di Npl (credito deteriorato). E mentre il M5S ipotizza scorpori, spezzatini, partnership con la Popolare di Bari e creazione di una più piccola Banca pubblica interregionale, il ministro dell’economia e delle finanza, Roberto Gualtieri, guarda a strada più percorribili: la cessione a Unicredit. Che chiede garanzie di capitalizzazione allo Stato. Ma dentro la quale una corrente di azionisti di peso vede nell’acquisizione della più piccola Mps l’ultimo treno per provare a tornare al passo di Intesa Sanpaolo, che ha preso il largo attraverso lo shopping, ultimo quello di Ubi. «Non partecipo al toto partner » , glissa il segretario Baseotto, ma è il profilo di Unicredit, senza nominarla, che i sindacalisti disegnano come la peggior minaccia di matrimonio per Mps: una banca nettamente più grande, a cui non servirebbe direzione a Siena e molti sportelli in Toscana. «Non c’è fretta – dice la Cgil – non si corra alla vendita di Mps, il governo vada piuttosto a Bruxelles a trattare il prolungamento della scadenza per l’uscita dal capitale e le istituzioni locali diano una mano a rendere più appetibile al mercato la Banca. Come? La Fondazione, intanto – dice Baseotto – potrebbe ridurre le sue pretese milionarie di risarcimento danni».