Per fare esperienza di un appagamento estetico di qualsiasi tipo, però, lo spettatore deve essere esteticamente istruito e tale istruzione riflette necessariamente l’ambiente sociale e culturale nel quale egli è nato e nel quale vive. In altre parole, un atteggiamento estetico presuppone la subordinazione della produzione d’arte al suo consumo e, in maniera analoga, la subordinazione della teoria e della pratica artistica alla prospettiva sociologica.
Boris Groys
di Pierluigi Piccini
Mi capita alcune volte, la sera, di incontrare un giornalista che finita la sua giornata di lavoro torna a casa. Ed è inevitabile scambiarsi qualche considerazione su ciò che avviene in città.
L’ultima volta abbiamo parlato della mostra estiva della collezione della Johannesburg Art Gallery che si terrà al Santa Maria della Scala (esposizione voluta e organizzata da Opera Laboratori Fiorentini). Lui entusiasta, io un po’ meno. Non mi convinceva l’idea dell’ennesima mostra presa già fatta, non prodotta a Siena che gira per l’Italia da cinque anni. L’entusiasta, viceversa mi ribadiva l’importanza delle opere che saranno esposte. Personalmente sono stanco dei vari Van Gogh, degli impressionisti e dei soliti nomi che si ripetono sempre uguali e ho tentano di motivare le mie convinzioni portando la discussione su un piano più generale di politica culturale, ma tutto è stato vano. Avverto, in questi casi, la sensazione che si prova nei posti di villeggiatura quando qualcuno organizza delle mostre o dei dibattiti per ingannare il tempo dopo la spiaggia o la montagna, insomma Marina di Pietrasanta, Cortina. Ma torniamo a noi, la narrazione sulla signora Florence Phillips
era decisamente più forte per il mio interlocutore dei miei argomenti. Ma su uno di questi mi sembra di aver fatto breccia: ma che senso ha fare una mostra dal 13 giugno al 13 settembre quando la città è già stracolma di turisti (villeggianti)? Questo ragionamento ha fatto presa, c’è stato un momento di smarrimento. Insieme al fatto che la comunicazione è partita con ritardo e che i comunicati sono sempre uguali per ogni esposizione che si è tenuta in Italia in tutti questi anni. Ero un po’ dispiaciuto e ho cercato una sintesi costruttiva dicendogli: ma poi farà bene a qualche ragazzo, didatticamente potrebbe essere utile. Hai visto mai, lanciando dei semi può darsi che poi nel tempo si possano raccogliere dei frutti. E su questo ci siamo lasciati con una certa complicità per andare ognuno alle rispettive abitazioni. Però, ripensandoci in quel periodo le scuole sono chiuse, quindi addio didattica. Allora non mi rimane che ribadire: un’altra mostra per fare cassetta.