( Corriere della Sera)
I ladri della pala del Guercino rubata a Modena dovrebbero brindare stasera, per sfregio, al nostro Parlamento: se fossero beccati, se la caverebbero con una denuncia. Dieci anni non sono bastati infatti per mettere una toppa alla sciagurata voragine aperta dal codice dei Beni culturali del 2004: niente manette, ai predatori dell’arte.
Sono tanti, dieci anni. In quel 2004 in cui fu approvata la legge voluta da Giuliano Urbani un ignoto Mark Zuckerberg inventava Facebook, Umberto Bossi era colpito da un ictus, Marco Pantani moriva in modo strano in un residence, il Festival di Sanremo era vinto da Marco Masini e a Madrid trionfava Zapatero.
È passato un sacco di tempo, da allora. E a Palazzo Chigi abbiamo visto transitare Berlusconi e poi Prodi e di nuovo Berlusconi e poi ancora Monti e Letta e Renzi…
Eppure quella oscena «svista», chiamiamola così, di prevedere pene così ridicole (massimo tre anni, fosse pure per il furto della Primavera di Botticelli) da escludere le manette e il carcere per i tombaroli che saccheggiano i siti archeologici, i ladri che svaligiano i musei, i delinquenti che animano il traffico mondiale di opere d’arte (il quarto business planetario dopo i traffici di armi, di droga e di prodotti finanziari), non è mai stata cancellata.
Bastavano due righe: «Le pene per i reati previsti dagli articoli… vengono raddoppiate». Due righe. E il nostro Paese, il più colpito dai razziatori («Italia, saccheggio del paradiso dell’arte», titolò El Mundo ) avrebbe potuto almeno mostrare d’aver capito l’urgenza di porre fine a quella sconsiderata indulgenza sfociata in una vera e propria complicità.
Ricordate lo strepitoso monumento funerario dei Gladiatori scoperto nel 2007 a Lucus Feroniae, ridotto in dodici pezzi e sotterrato per poter essere «smaltito» un tronco alla volta all’estero? Arresti impossibili, per la difficoltà di dimostrare che erano stati i tombaroli stessi a danneggiare quel tesoro.
E lo struggente «Sarcofago delle Muse» scoperto nel 2008 a Ostia Antica? Il tombarolo era in possesso di un crick da carrozziere perché voleva separare una statuina dall’altra per venderle più facilmente: niente manette. E il trono di Caligola? Sorpresero i «predatori dell’arte perduta», per citare un libro di Fabio Isman, mentre trasferivano verso nord quella metà inferiore della statua trovata nella villa dell’imperatore a Nemi: solo una denuncia. In attesa, chissà quando, del processo. E via così, di furto in furto. Spiega il dossier «Ecomafia 2014» di Legambiente che nel 2013 sono stati accertati 872 furti di opere, più di 2 ogni giorno, 1.435 le persone denunciate, 41 arresti e 184 sequestri.
A guidare la classifica è il Lazio, seguito dalla Campania, dalla Lombardia e dalla Toscana. Solo in Sicilia, «la criminalità organizzata movimenterebbe in questo settore, secondo le stime dei carabinieri, un volume d’affari di oltre 157 milioni di euro».
Dicono i militari del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, i quali sul web catalogano man mano migliaia di pezzi rubati, che nel 2014 (i dati definitivi sono destinati a crescere) sono stati registrati almeno 600 furti per un totale superiore ai 10 mila pezzi, tra i quali, appunto, quella grande pala d’altare del Guercino, alta tre metri, portata via dalla Chiesa modenese di San Vincenzo. Massimo Rossi, che guida il Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico della Finanza, conferma che anche secondo i loro dati, nonostante tutti gli sforzi (più 27% di beni archeologici recuperati), la situazione resta pesante.
Eppure da anni ogni appello, ogni denuncia, ogni sfogo d’indignazione contro tanta tolleranza verso i ladri non riesce a scuotere il Palazzo.
Ci ha provato da ministro dei Beni culturali Giancarlo Galan, con un decreto abortito con la caduta di Berlusconi. Poi il successore Lorenzo Ornaghi, che fu convinto da qualche anima bella a lasciar fare al Parlamento. E poi ancora Felice Casson, che verso la fine della scorsa legislatura riuscì a portare il progetto di legge in commissione Giustizia.
Era così sensata, quella scelta d’una maggiore durezza, che passò all’unanimità. Tutti d’accordo. Destra e sinistra. Pareva fatta, pareva. Macché: non è mai arrivata in Aula. E si è persa via via in qualche cassetto, da dove nessuno pare volerla tirar fuori…