Di MAURIZIO BOLOGNI
A ferragosto stenta a farsi sentire il grido di rabbia che sale dai piccoli azionisti di Banca Mps, “cancellati” dalla ricapitalizzazione di Stato. Eppure sono tanti, 155.000, alcune decine di migliaia risiedono in Toscana. Già da mesi erano diventati, nel complesso, il primo azionista di Mps, e controllavano il 55% di un’azienda che, nonostante le disavventure, contava su un patrimonio netto certificato di oltre 6,4 miliardi di euro. Fatti due conti, con il 55% dell’azionariato, 3,5 miliardi di quel patrimonio apparteneva a ai piccoli azionisti. «Ma la manovra del governo ha rovesciato il tavolo e cambiato le regole», accusa Azione Mps, l’associazione di piccoli azionisti che cura gli interessi di 500 di loro. «Gli attuali azionisti verranno sostanzialmente azzerati, la loro proprietà si ridurrà alla risibile percentuale tra il 3 e il 5%. È un esproprio di Stato».
I beni mobili e immobili della Banca sono sempre lì, immutati, ma con un colpo di bacchetta i
Tra loro ci sono molti impiegati che ebbero la possibilità di ritirare il Tfr in azioni
piccoli azionisti hanno perso il controllo anche di quelli. Investire in azioni espone a questo tipo di rischi, fa parte del gioco, dirà qualcuno e ammette Azione Mps. Ma nel caso della Banca senese l’associazione ritiene di rilevare una grave stortura e una violazione delle regole basilari del diritto bancario. «Succede per il fatto che i vecchi azionisti sono palesemente penalizzati dal prezzo di conversione concesso agli obbligazionisti subordinati e allo Stato», sostiene Guido Antolini, ai vertici di Azione Mps. «Stato e obbligazionisti ottengono sconti nell’assegnazione delle nuove azioni, gli azionisti no. E così lo Stato avrà il 70% di proprietà della Banca avendoci messo meno del 30% del valore, Generali arriverà al 4% grazie alla conversione di 400 milioni di obbligazioni, ai vecchi azionisti rimarrà invece tra il 3% e il 5% di un patrimonio che era di 6,4 miliardi.