il boomerangdei musei chiusi
di Enrico Nistri
Non è mai stato dimostrato che Giulio Tremonti abbia pronunciato la frase «con la cultura non si mangia», così come è improbabile che Maria Antonietta abbia detto, riferendosi ai parigini affamati, «non hanno pane, mangeranno brioches». L’ex ministro ha sempre smentito di aver pronunciato quelle parole che, se non gli sono valse la ghigliottina, gli hanno conferito l’ingrato privilegio di essere citato ad ogni taglio alla cultura. Questa volta la famigerata affermazione è stata ricordata in occasione della scelta, annunciata dal sindaco Nardella, di non riaprire i musei civici fiorentini non per precauzioni sanitarie, ma perché i costi supererebbero i ricavi. Meglio secondo il sindaco concentrare le risorse di un bilancio sempre più risicato sull’assistenza agli indigenti. La rinuncia dev’essere stata tanto più dolorosa in quanto appena due mesi e mezzo fa Nardella aveva annunciato l’apertura gratuita di quegli stessi musei per rilanciare un turismo che incominciava a languire. A dettarla può essere stata solo la preoccupazione di non poter assicurare se non le brioches almeno il pane a chi ha perso il lavoro a causa dell’emergenza. Il paradosso, però, è un altro: per assistere i poveri, si rischia di aumentare il numero dei poveri da assistere di circa 200 unità: tanti sono i lavoratori che con la chiusura dei musei civici rimarrebbero a casa. Per assicurare aiuti a chi ha bisogno, la scelta del sindaco rischia così di mettere chi potrebbe mantenersi col suo lavoro in condizione di chiedere a sua volta sussidi perché è rimasto a spasso. Invece la riapertura della Cappella Brancacci sarebbe il segno che Firenze, con le debite «sanificazioni», è pronta a riaprirsi al mondo, con benefici per il turismo e l’occupazione. Giova ricordare che, in un contesto sociale ancora più critico, quello dei primi anni ’50, La Pira, grande sindaco spesso più elogiato che conosciuto, non lesinava certo aiuti agli indigenti, a volte privandosi di un indumento; ma per fronteggiare la povertà varò quei cantieri di lavoro con cui distribuì pasti caldi e dignità a disoccupati che ancora non si vergognavano dei calli alle mani. Se trovava un povero che tremava per il freddo poteva regalargli il suo cappotto, ma era il primo a saper distinguere assistenzialismo e assistenza. Fu accusato di avere realizzato qualche opera inutile per sostenere il lavoro e a volte era vero. Ma la sua lezione che il solo riscatto dalla povertà sono il decoro e il lavoro non è inutile nemmeno oggi.