Alla vigilia dell’uscita, in Francia e poi in Italia, il nuovo romanzo è già un caso
Parigi In uno dei passaggi più divertiti e già controversi del nuovo romanzo di Michel Houellebecq, lo scrittore francese mette brevemente a confronto la condizione della donna — e quindi dell’uomo — nell’Occidente secolarizzato da una parte e nel mondo musulmano dall’altra. Lo fa ancora una volta con il suo stile misurato, da lontano. Come se fosse un extraterrestre appena sbarcato sul nostro Pianeta, che si trovi a osservare alcune peculiarità dei suoi curiosi abitanti. Quindi, nella Francia della laicità, della parità tra i sessi e dei diritti dell’uomo, vediamo che Annelise ogni mattina dedica molto tempo all’acconciatura e si veste con grande attenzione, in modo da mostrarsi elegante e sexy al lavoro (è impiegata al servizio marketing di un operatore telefonico). Poi accompagna i bambini all’asilo, passa la giornata tra telefonate, email e appuntamenti e torna a casa intorno alle 21, sfinita, con l’unico desiderio di infilarsi un pigiama informe e lasciarsi crollare sul divano. È così che il funzionario pubblico Bruno, dopo una quasi equivalente giornata di lavoro, ritirati i bambini all’asilo e preparato da mangiare, vedrà la moglie: una donna sfatta, distrutta dalla fatica di mostrarsi — fuori casa — all’altezza. Entrambi hanno la sensazione di essersi fatti fregare, in qualche modo, e la certezza che con gli anni le cose non potranno che peggiorare (complice il decadimento fisico, vecchia ossessione di Houellebecq). Divorziano, ovviamente. Nel frattempo, nei grandi centri commerciali di Riad, donne saudite in burqa fanno la fortuna dei negozi di biancheria intima acquistando guêpière, reggiseni traforati, tanga ornati di pizzo multicolore e pietre preziose: il terreno sul quale competono non è professionale ma quello delle gioie domestiche. «Esattamente il contrario delle occidentali, sexy durante la giornata perché è in gioco il loro status sociale — scrive Houellebecq — , destinate ad accasciarsi la sera appena tornate a casa e a rinunciare con spossatezza a qualsiasi prospettiva di seduzione». Questo sembra essere uno dei tanti modi in cui, secondo il 44enne docente universitario François protagonista del libro, ha preso forma il suicidio dell’Europa per come la conosciamo. Sottomissione è il sesto romanzo di Michel Houellebecq, che dall’amato Balzac ha preso la voglia di osservare la società, e vi ha aggiunto il gusto per la profezia: dal turismo sessuale e il terrorismo in Piattaforma ai progressi della biologia e la clonazione in Le particelle elementari e La possibilità di un’isola , fino alla trasformazione della Francia deindustrializzata in una specie di parco giochi per ricchi turisti in La carta e il territorio (con il quale nel 2010 Houellebecq ha vinto il premio Goncourt). L’ultima previsione è un’Europa dove l’ordine sociale è cambiato, diventando una forma consensuale e non sanguinaria di islamismo reale: gli uomini possono avere più mogli — la 40enne per la buona cucina, la 15enne per il sesso, grosso modo — e la disoccupazione è quasi scomparsa. Facile: le donne stanno a casa a occuparsi del marito e dei figli, a lavorare sono solo gli uomini. L’economia tuttavia è ripartita, la crescita è tornata, grazie alle illimitate sovvenzioni del Qatar e delle «petromonarchie» del Golfo. Sottomissione esce in Francia questo mercoledì per Flammarion, e il 15 gennaio in Italia per Bompiani. Sottomissione della donna all’uomo, e di tutti gli uomini a dio secondo la definizione stessa di islam, la religione che ha conquistato il dominio sulla politica e la società francesi per via democratica, grazie alle elezioni del 2022. Il grande statista Mohammed Ben Abbes, moderato e abile, diventa presidente della Repubblica con l’aiuto di un centrodestra e un centrosinistra esangui, battendo Marine Le Pen. Nonostante qualche scontro e un inizio di guerra civile, Ben Abbes riesce rapidamente a prendere il controllo del Paese e re-orienta tutta l’Europa verso Sud, il Nordafrica e il Medio Oriente, perseguendo il sogno di ricostituire il tardo impero romano con l’islam, stavolta, al posto del cristianesimo. Il romanzo di Houellebecq non è ancora uscito ma, naturalmente, il dibattito non solo culturale francese ne è già del tutto occupato. È un libro straordinario, nel quale l’autore alterna temi metafisici e millenari con la tristezza personale di François, professore esperto di Huysmans e suo ennesimo alter ego. Tra umorismo asciutto e ritmo perfetto, Houellebecq costruisce un universo destinato probabilmente a non realizzarsi ma — una volta immersi nelle sue pagine — credibile. Gioca con le paure degli europei e si getta spietato sulla ferita più dolorosa, quella dei valori, estremizzando la difficoltà di conciliare la laicità di Stato con le radici cristiane e il proselitismo musulmano. Il tema di Sottomissione non è l’immigrazione, ma l’affaticamento della Francia e dell’Europa, spossate come le loro donne. Se il teologo cattolico americano George Weigel, nel 2005, si augurava che Parigi tornasse all’anima religiosa di Notre Dame contro la secolarizzazione razionalista del grande arco della Défense (nel saggio La cattedrale e il cubo edito da Rubbettino), Michel Houellebecq fa un passo successivo, e tra la chiesa e il mostro di cemento sceglie la terza via della moschea: il futuro è della religione, sì, ma quella islamica. Che può contare sul vantaggio della demografia e avvalersi, dopo tanti secoli di Umanesimo e Illuminismo sfibranti, di una prospettiva rassicurante: «Sottomissione», una liberatoria fine delle troppe responsabilità caricate sulle spalle dell’uomo. François ci prova, a convertirsi al cattolicesimo come fece il suo eroe Huysmans, e compie ripetute visite alla Madonna nera di Rocamadour. Nella scena chiave del romanzo, il protagonista si presenta davanti alla Vergine. « Possedeva la sovranità, la potenza, ma a poco a poco sentivo che perdevo il contatto, che lei si allontanava nello spazio e nei secoli mentre io mi stringevo sul mio banco, rattrappito. Dopo mezz’ora mi alzai, definitivamente abbandonato dallo Spirito, ridotto al mio corpo danneggiato, deperibile, e scesi tristemente i gradini in direzione del parcheggio». Dove non è riuscita la cappella di Rocamadour, hanno più successo gli argomenti tra cosmogonia celeste, donne e carriera di Robert Rediger, che ha abbracciato l’islam dieci anni prima e ora, nel 2022, è il rettore della nuova università islamica della Sorbona. Rediger (paradossale strizzata d’occhio di Houellebecq a Robert Redeker, il docente di filosofia nel 2006 minacciato di morte per frasi anti islam) promette a François uno stipendio favoloso e gli assicura che sarà la facoltà a preoccuparsi di trovargli le mogli più adatte ai suoi gusti. In cambio, deve solo convertirsi all’islam. Il destino della donna prefigurato da Houellebecq è inaccettabile, le critiche hanno già cominciato a colpirlo evocando uno spirito provocatorio ma lui si difende, con la consueta flemma, in una prima intervista accordata all’amico Sylvain Bourmeau per la «Paris Review» . «Procedo a un’accelerazione della Storia ma no, la mia non è una provocazione. Non dico delle cose che reputo fondamentalmente false giusto per destare scandalo. Condenso un’evoluzione a mio avviso verosimile». La fine della società fondata sull’Illuminismo è, per Houellebecq, senza appello: «Assistiamo alla distruzione della filosofia prodotta dal secolo dei Lumi, che non ha più senso per nessuno, o almeno per pochissime persone». A trionfare è la religione, e proprio quella che nel 2001 Houellebecq definì «la più stupida del mondo». @Stef_Montefiori