Il pensiero di Gramsci continua a diffondersi ben oltre il suo tempo e il suo paese e costituisce ormai da circa tre decenni un fatto mondiale acclarato. Dopo l’Europa, l’America latina e il mondo anglofono, il processo di diffusione del pensiero del marxista e comunista sardo ha interessato l’Asia – in primis l’India, da dove è venuto il prezioso contributo di riattualizzazione della categoria di «classi subalterne», e la Cina, dove da alcuni lustri è iniziata una interessante opera di traduzione e pubblicazione delle principali opere gramsciane. Senza dimenticare il mondo arabo, di cui già da diversi anni siamo informati in Italia grazie soprattutto al lavoro appassionato e competente di alcune docenti dell’Università di Cagliari, tra cui Patrizia Manduchi e Alessandra Marchi. A loro si devono una serie di volumi – da Gramsci in Asia e in Africa (Aipsa Edizioni, 2010) a Gramsci nel mondo arabo (il Mulino, 2017, nella preziosa serie «Studi gramsciani nel mondo», della Fondazione Gramsci), fino al più recente A lezione da Gramsci. Democrazia, partecipazione politica, società civile in Tunisia (Carocci, 2019), e tante altre occasioni di studio, confronto e approfondimento.
DEL MONDO ARABO, dunque, già qualcosa sappiamo. Molto meno conosciuto, invece, fin qui, il processo di diffusione del pensiero di Gramsci nell’Africa nera. È per questo che desta interesse un volume recentemente apparso anche in italiano: Il pensiero politico di Antonio Gramsci. Per una rivalutazione dei concetti di egemonia e società civile, di Afonso Mario Ucuassapi (prefazione di Lelio La Porta, Mimesis, pp. 160, euro 16). L’autore – che ha alle spalle anni di studio anche in Italia – è angolano e insegna oggi in alcune università del suo paese, dove ha cercato di portare – oltre al lascito di alcuni importanti intellettuali africani (Amilcar Cabral, ad esempio) – anche il pensiero del marxista italiano. I concetti di potere e società civile sono spesso, fuori d’Italia, i concetti gramsciani più noti e diffusi e il libro ricorda diversi contributi della discussione avvenuta negli anni intorno a essi. La Prefazione di La Porta serve ottimamente ad allargare lo sguardo ad altri momenti dell’apparato categoriale dei Quaderni.
NON SI PUÒ CONCORDARE del tutto con l’intendimento di Ucuassapi, dichiarato fin dal sottotitolo del volume, per quel che concerne la «rivalutazione» del concetto di «società civile», in passato piuttosto sopravvalutato (in riferimento a Gramsci), a partire dalla lettura di Bobbio, tanto nota quanto fuorviante. A Ucuassapi del resto non sfugge che tale concetto in Gramsci è in realtà parte (dialetticamente connessa con la «società politica» e con lo Stato strictu sensu) di quello «Stato integrale» che costituisce la vera novità ermeneutica dei Quaderni.
Non sono però questi aspetti problematici, o alcune incertezze (o indeterminatezze) terminologiche, che vanno enfatizzate. Va preso piuttosto atto (cercando di comprenderne i motivi) di come il concetto di società civile continui ad attrarre autori e interpreti di Gramsci soprattutto in paesi dove si lotta per costruire uno spazio di partecipazione e democratizzazione del potere, tanto nei paesi dell’Africa che si affaccia sul Mediterraneo quanto nell’Africa centrale a cui si rivolge Ucuassapi.
Non è tanto rilevante attardarsi in questo caso sulle dispute filologiche, quanto cogliere i «diversi Gramsci» che sono oggi utilizzati nelle diverse parti del mondo, sperando che davvero risultino utili. In fondo, un classico è proprio un pensatore che parla in tempi e luoghi anche molto diversi da quelli su cui ha riflettuto.