di Ernesto Ferrara
Una proroga delle concessioni di una decina d’anni per avere fin da subito tre miliardi di investimenti, nuove assunzioni e probabilmente anche un accordo per vendere l’energia prodotta direttamente alle aziende toscane, a prezzi inferiori rispetto a quelli della rete. Una formidabile scommessa energetica e economica tiene banco in queste settimane sui tavoli della Regione: Enel, che gestisce il potentissimo bacino geotermico dell’Amiata e di Larderello, che da solo produce il 30% del consumo energetico toscano, ha chiesto una proroga delle concessioni estrattive in suo possesso, che sarebbero in scadenza nel 2024.
La Regione, che sta già preparando le gare europee per la gestione del tesoro geotermico amiatino e della Val di Cecina, sta valutando le carte e ha maturato la convinzione che, se il governo fosse d’accordo e ad Enel si riuscissero a strappare condizioni favorevoli per il territorio toscano, un rinnovo potrebbe anche esser fatto. Potrebbe essere questa l’occasione – si ragiona in Regione – per provare a mettere in campo l’operazione teorizzata dall’assessore allo sviluppo economico Leonardo Marras nei giorni scorsi su Repubblica, a cui lavora fianco a fianco con l’assessora all’ambiente Monia Monni: ottenere la vendita diretta dell’energia geotermica toscana alle imorese toscane, a cominciare dai distretti energivori in ginocchio, come la carta, il vetro, la chimica. Oggi Enel immette direttamente sulla rete nazionale l’energia prodotta, ma la convinzione della Regione è che da un accordo diretto di vendita con le aziende toscane potrebbero guadagnare qualcosa sia il concessionario che i compratori. Prezzi più bassi ma anche accordi di fornitura a prezzi stabili per un lungo periodo, di modo da consentire una stabilità finanziaria alle imprese. Da una nuova concessione potrebbe passare questa operazione subito, senza aspettare la gara, che avrebbe tempi lunghi e rallenterebbe un pezzo di transizione ecologica, pallino di Monni. Una prima, informale interlocuzione sul tema con Enel c’è già stata. E adesso è al governo che passa la parola per un ok che segnerebbe una svolta storica. E forse destinata anche a fare scuola. Una forma di autarchia energetica, anche se non è la formula che usano in Regione, convinti che si tratti piuttosto del tentativo di aiutare il tessuto delle imprese toscane al di là dell’emergenza di questa fase. Un modo di legare ed aumentare i frutti di uno sfruttamento del territorio al medesimo territorio, oltre al teleriscaldamento e ai posti di lavoro di cui già da tempo un pezzo dell’Amiata e Larderello si giovano. La Toscana è di fatto l’unico bacino geotermico d’Italia, capace di regalare energia ricavata dal calore della terra pari addirittura a un terzo dell’intero fabbisogno regionale. Un’industria che mostra anche grandi prospettive: ci sono concessioni di esplorazione in essere, giacimenti da sondare. E non a caso a fronteggiare Enel Green Power, da lustri di fatto monopolista, si sono già affacciati, sebbene informalmente, i colossi francesi, Engie – big da 66,6 miliardi di fatturato e 150mila dipendenti in 70 Paesi – e Veolia, che di miliardi ne muove oltre 24 e serve 160 milioni di utenze. Va detto che il ragionamento della Regione sulla vendita diretta dell’energia geotermica alle aziende toscane vale a prescindere: tanto che sia possibile ottenerlo subito tramite una proroga delle concessioni ad Enel tanto chesi tratti di metterlo come criterio delle nuove gare di concessione. Sempre che il governo sia d’accordo.