L’opa di Salvini per una federazione spacca Forza Italia. No di Carfagna e Gelmini I ruoli: il leader del Carroccio segretario, Silvio presidente
— e.la.
ROMA — Rieccolo. Silvio Berlusconi torna a farsi vedere con il gusto dei vecchi slogan («scendo di nuovo in campo») e con la suggestione del predellino che stavolta potrebbe portarlo però in braccio a Matteo Salvini. È il giorno dell’ennesima riapparizione del Cavaliere, su Zoom come si conviene ai tempi e alle sue condizioni di salute che lo tengono ancora bloccato ad Arcore, ma è anche il giorno in cui le contraddizioni in casa azzurra deflagrano in modo evidente. L’asse delle ministre, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, si esprime formalmente contro l’ipotesi, che è ormai più di un’ipotesi, della federazione con la Lega.
Tutto in poche ore, ma in questa fase declinante dell’epopea forzista vanno segnalati anche i particolari. E il primo dettaglio, si fa per dire, è che Salvini esce di buon mattino — a poche ore dalla riunione già convocata dello stato maggiore di Fi — con un’intervista sul quotidiano di famiglia del Cavaliere, il Giornale , per rilanciare la federazione del centrodestra di governo. Un caso? Non la pensa così la maggior parte dei partecipanti all’assise virtuale che celebra il riavvento di Silvio Berlusconi. Il quale, infatti, esordisce dicendo che la federazione con la Lega «è una proposta da valutare con grande attenzione ». E a favore di quest’ipotesi si schierano alcuni big come Anna Maria Bernini, Giorgio Mulé, il responsabile dei dipartimenti Alessandro Cattaneo. Il numero 2 del partito, Antonio Tajani, plaude al capo ma rimarca che qualsiasi trasformazione di Fi non può prescindere da un ruolo non secondario del partito e del suo capo.
Ma non passa molto tempo che emerge, per la prima volta in modo ufficiale, la posizione anti-leghista di Gelmini e Carfagna. La prima avverte dei rischi che un’operazione del genere possa tramutarsi in una sorta di «annessione» di Fi che forse servirà a garantire qualche collegio agli uscenti ma che «rischia di avvicinare il funerale di Forza Italia». Posizione condivisa dalla collega di governo con delega al Sud che arriva a invocare una decisione degli organi collegiali del partito. Poi, come in ogni copione che si rispetti, arriva l’imprevisto: a riunione ancora in corso qualcuno passa alle agenzie la notizia del consenso di Berlusconi all’abbraccio con la Lega. Carfagna fa notare che, se viene trasferita all’esterno una posizione del genere, «altri cinquanta parlamentari rischiano di andare via», con implicito riferimento al recente esodo verso Toti. A quel punto Bernini sbotta: «Questo è un avvertimento mafioso! ». «Non esagerare, io la mafia la conosco bene», replica Carfagna. «E io no, per fortuna», la controreplica della capogruppo al Senato.
A riaffiorare è il «protagonismo femminile» segnalato con una punta di sarcasmo dall’ex ministra Stefania Prestigiacomo. Ma è chiaro a tutti, dopo l’acceso dibattito su Zoom, che il partito è plasticamente diviso: da un lato i filo-leghisti, dall’altro i sostenitori dell’ala liberal-moderata o i perplessi, un gruppetto che comprende altri parlamentari come Gasparri e Giacomoni, il leader dei giovani Marco Bastetti. Ma in questa cerchia va inserito anche Gianni Letta, che ieri prima del vertice ha espresso telefonicamente all’ex premier la propria diffidenza verso un feeling troppo stretto con la Lega. Fatto sta che, con prudenza, si va avanti verso la federazione, e Salvini nel pomeriggio sente al telefono Silvio Berlusconi, poi ha gioco facile nel comunicare di aver contattato tutti i gruppi di centrodestra per fare una «casa comune» dentro il Parlamento già entro giugno. Una forza che diverrebbe la più consistente e darebbe al segretario leghista una golden share nella maggioranza che sostiene Draghi. Con un organigramma definito: Berlusconi presidente onorario, Salvini segretario, capigruppi il leghista Molinari e Bernini. Giorgia Meloni, dall’esterno, osserva con distacco: «Non credo alle fusioni a freddo».
Ora Fi si confronta con le ombre di nuove scissioni. Anche perché nelle regioni del Sud, le uniche dove supera il 10 per cento, i parlamentari sono in ebollizione: «Non siamo ai saldi di fine stagione, Forza Italia non può disperdere il suo tesoretto di voti e svendere la sua storia», dice la senatrice siciliana Gabriella Giammanco. E Renato Schifani, ex presidente di Palazzo Madama e consigliere politico di Berlusconi, al conclave di ieri è rimasto in silenzio.