Francoforte, il no di Mondadori agita gli altri: «Noi andremo».

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di Cristina Taglietti

Al Salone della transizione, dove si aspetta che tutto cambi (i vertici della manifestazione, gli equilibri editoriali, magari anche il segno meno del mercato) dove anche ieri, nella giornata di apertura, tutti hanno reso omaggio alla Germania, Paese ospite, sottolineando la profondità dei rapporti culturali, fa discutere la decisione del gruppo Mondadori di non andare alla Buchmesse, cosa che probabilmente farà anche Rcs. Una decisone che Enrico Selva Coddè, amministratore delegato Mondadori Libri, ha spiegato al «Corriere» con «la necessità di conciliare la dimensione dei costi con l’efficienza». Non è certo uno sgarbo alla Germania, «ma la dimensione fieristica della comunicazione è in discussione in tanti settori, non soltanto quello del libro. Non ci sono capisaldi intoccabili, soprattutto quando ci sono operazioni di ammodernamento. Più che un problema di costi è un problema di opportunità, di correttezza della gestione. Il costo della partecipazione era di circa 300 mila euro, ci poteva anche stare, ma credo che si debba puntare su altre forme di comunicazione. Viene meno la macchina fisica, espositiva, non la dimensione dell’incontro, della relazione. I nostri rights people , le persone che si occupano dei diritti, ci saranno».
Jürgen Boos, direttore della Fiera del libro di Francoforte, diplomaticamente, dice che «Mondadori in un modo o nell’altro ci sarà, non può non esserci visto il business che si fa in Fiera». Secondo Boos il gruppo di Segrate ancora non ha cancellato la prenotazione dello scorso anno. «Tutto dipenderà da questa fusione» dice, prima di chiudere con una domanda provocatoria: «Ma in Italia non esiste l’antitrust?».
Certo tutto dipende dalla fusione (entro il 29 maggio dovrebbe arrivare da Mondadori l’offerta vincolante per l’acquisto di Rcs Libri), ma è probabile che la decisione di disertare la Buchmesse verrà condivisa da Rcs, come ha detto Mario Andreose mercoledì, a margine della presentazione del suo Uomini e libri a Roma, anche se Laura Donnini, amministratore delegato di Rcs Libri, non conferma e anzi dice che sta ancora valutando: «Devo ragionarci, diciamo che siamo al 50 per cento di possibilità. Non andare comunque significherebbe soltanto andare senza stand, non senza le persone». Selva sostiene che, in ogni caso, l’eventuale decisione di Rcs di non partecipare alla Buchmesse è indipendente: «Spesso nelle aziende funziona così: ci vuole qualcuno che prende una decisione forte, poi gli altri magari seguono, anche se il mondo editoriale da questo punto di vista è meno standardizzato».
Secondo Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale di Bompiani, «è ovvio che gli editori saranno alla Fiera di Francoforte, sono da capire soltanto le modalità di questa presenza, che sino a oggi è stata piuttosto roboante, con investimenti importanti. Francoforte è un mercato dei diritti, anzitutto, e non una presentazione di autori e libri; e questo aspetto rende necessaria la presenza degli editori che vogliono continuare a fare il proprio lavoro». Posizione condivisa da Massimo Turchetta direttore generale di Rcs libri trade: «Certo, è importante che non ci vadano solo i rights people , i professionisti della vendita, ma anche gli editori che sanno valutare un lavoro, un progetto, che, parlando con i colleghi stranieri possono avere delle intuizioni».
Stefano Mauri, amministratore delegato del gruppo Gems, è convinto che sia necessario essere a Francoforte e infatti i marchi del suo gruppo ci saranno: «Quella di Mondadori è un’operazione interessante, che non voglio censurare. Ma io credo che ci voglia una base, bisogna esserci, anche con i libri, l’esposizione. Il nostro è uno stand molto operativo, i quattro o cinque tavoli che abbiamo sono sempre affollati. È vero che si compra e vende tutto l’anno, anche via email, ma i colpi li fai lì. Rinunciando allo stand magari risparmi, ma chi dice che poi non paghi sul lungo periodo, perché hai perso titoli importanti?».
Anche Feltrinelli ci sarà. Lo conferma il direttore editoriale Gianluca Foglia: «Ci saremo, ben contenti di esserci. È vero che da anni la Buchmesse è sempre meno un luogo di conclusione di affari però continua ad avere un ruolo insostituibile. Le realtà imprenditoriali possono cambiare, ma le persone hanno bisogno di incontrarsi, capirsi, sentire l’atmosfera. Lì c’è una comunità internazionale di amici dove ognuno porta, e fa vedere, la sua mercanzia. La vitalità non è data soltanto dagli affari, ma dalle relazioni. I libri si fanno ancora così».
Quanto alle polemiche che ci sono state per la decisione della Buchmesse di spostare l’Italia in un piano meno nobile, in una posizione più defilata, Selva Coddè esclude che abbia fare con la decisione di Mondadori di non andare a Francoforte: «Lo spostamento rientrava in un piano generale di ridimensionamento della Fiera». Ma, secondo Foglia, «per riconquistare posizioni nobili alla Buchmesse bisogna andarci e mostrare i libri, come fa la Francia». Mauri conclude con una battuta: «Se la defezione di Mondadori aiuta la Buchmesse a rivalorizzare la posizione dell’Italia, ben venga…».