DENIS VERDINI, ODIATO DA TUTTO IL PARTITO, NON SI DIMETTE E BERLUSCONI NON LO PUÒ MOLLARE: È LUI IL CUSTODE DEGLI ACCORDI CON RENZI (A CUI BISOGNA RIMANERE AGGRAPPATI)
Seppur screpolqte, consumate e rigide per gli strati marroni di cerone, le maschere del berlusconismo restano uno spettacolo tragicamente fantastico. Lo choc per l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale ha sdoppiato ancora di più la personalità del Condannato. Argomento: l’epurazione o meno di Denis Verdini, il custode azzurro di tutti i segreti del patto del Nazareno. Domenica pomeriggio ad Arcore. Silvio Berlusconi è al telefono con un parlamentare di alto rango del suo partito. Uno sfogo, l’ennesimo: “È vero, Renzi mi ha tradito, i patti non erano questi, ma fosse per me ammazzerei tutti. Verdini? Resta con noi, non se ne andrà. Non succederà”. Clic. Altro squillo. Altra conversazione. Stavolta parla con un’ex ministra, intima del cerchio magico, in particolare di Giovanni Toti. Il Pregiudicato cambia subito versione su “Denis”: “Sono stati lui e Renzi a fregarmi. Stai tranquilla, per Verdini è finita”. Il condannato e il macellaio Quale dei due Berlusconi dice la verità? Probabilmente nessuno. Racconta una fonte azzurra informata, senza tanti fronzoli: “Verdini tiene per le palle il presidente”. Il punto, dunque, è tutto qui: chi tiene PLURINQUISITO e plurimputato, Denis Verdini è stato l’artefice del patto del Nazareno. Dopo il disastro su Mattarella, il cerchio magico ha chiesto la sua testa. Ma lui resiste. Confida soprattutto nella norma del 3 per cento, la Salvasilvio. E se dovesse andarsene potrebbe fare un gruppo autonomo filorenziano. per le palle chi. Il Condannato sa perfettamente che i dati della scatola nera del Nazareno sono in mano a Verdini e Gianni Letta. Ma se quest’ultimo è una sorta di eunuco andreottiano destinato a seguire l’Imperatore sino in fondo, nel bene e nel male, non è così per il toscano che di fatto ha inventato l’accordo con il suo corregionale oggi presidente del Consiglio. Ieri, lo sherpa plurimputato e plurinquisito di Forza Italia ha rotto il suo proverbiale silenzio e ha mandato un pizzino pubblico a uso interno. Sostiene Verdini: “Il patto del Nazareno è una questione politica, non notarile, ed è evidente che facendo insieme le riforme elettorali e costituzionali si dovesse arrivare a un presidente condiviso”. Poi, le vere stoccate. La prima: “Io penso che i numeri del Parlamento sono talmente grandi che Renzi poteva fare qualunque altra cosa, noi siamo abbastanza irrilevanti”. La INSIEME a Mariarosaria Rossi, Giovanni Toti, consigliere di B. mai diventato delfino, costituisce il fronte anti-Verdini. Il problema è che Berlusconi, come al solito, fa sempre dieci parti in commedia e dà ragione a tutti. Con loro sarebbe schierata persino Marina, la primogenita. Molto più terra terra potrebbero allearsi con Fitto. traduzione di questa frase indica la filosofia verdiniana sull’indispensabilità dell’inciucio con Renzi: “Caro Silvio se rompi con Matteo e ti rinchiudi nella tua Salò con Toti e la Rossi non abbiamo più speranze. Da soli non contiamo nulla”. Ed è proprio alla Badante del Pregiudicato, alias Mariarosaria Rossi, che aveva stroncato la gestione del Nazareno da parte di Verdini e Letta (“duo tragico”), che è indirizzato il secondo messaggio di “Denis”: “Resto dove sono, non è nel mio Dna dimettermi”. La delega fiscale e la salva Silvio Aggiunge la fonte azzurra convinta che Verdini tenga “per le palle il presidente”: “Aspettiamo il 20 febbraio, quel giorno vediamo se abbiamo ragione noi oppure quelle pu….e che si tiene intorno”. Insulti a parte, il 20 febbraio sarà il giorno della verità sulla Salvasilvio del 3 per cento. Ma Verdini non ha solo quest’arma di pressione. Qualora la guerra di questi giorni dovesse portare a una conta mortale, senza feriti, lui potrebbe giocarsi la carta del gruppo autonomo. Nonostante le smentite, il successo avuto dai franchi soccorritori forzisti pro-Mattarella ha delineato la forza numerica dei verdiniani. In tutto i voti azzurri al nuovo capo dello Stato sono stati 70, di cui almeno 40 riconducibili al custode del patto. Ed è per questo che, per B., l’unica stra- ALFANO è stato forse il più dilettante di tutti nella partita del Quirinale. Pur di mantenere la poltrona del Viminale è rimasto in mezzo al guado, prendendo schiaffi da tutti. E adesso dal suo partitino ministeriale cominciano a scappare tutti. Ieri la portavoce Barbara Saltamartini ha annunciato l’addio: andrà nella Lega. da percorribile resta quella di “rimanere aggrappato con unghie e con i denti al patto del Nazareno”. I nazareni e i boy-scout La resurrezione del Nazareno è ovviamente uno schiaffo per i soci del contropatto radunati nel fatale cerchio magico di B. insieme con il barboncino Dudù. Oltre alla già citata Rossi, un altro pasradan anti-Denis è Giovanni Toti, che ieri ha proposto il patto dei quarantenni di Forza Italia, subito sbeffeggiato da Renato Brunetta (il capogruppo che sta solo con se stesso, in odio a tutti): “Faremo un patto per ogni generazione, dai settantenni ai boy-scout”. L’obiettivo è di allearsi con Fitto contro l’ala nazarena. Agli occhi di Verdini, il cerchio magico ha la colpa principale di aver riportato Angelino Alfano ad Arcore. La ritrovata alleanza tra Fi e Ncd ha infatti sparigliato le trattative del Nazareno sul capo dello Stato e affossato le speranze berlusconiane di far eleggere Giuliano Amato. I superstiti del cespuglio Il versante alfaniano della tragicommedia del centrodestra post-Mattarella offre altre scene notevoli. Come quella del ministro ciellino Maurizio Lupi che intima al premier di “non trattare Ncd come uno zerbino”. Nel frattempo, nel partitino ministeriale di Alfano, prosegue la crudele cerimonia degli addii. Il più pesante, per il momento, è quello della portavoce Barbara Saltamartini che preso atto dell’esistenza di Ncd come “cespuglio di centro” non particolarmente influente. Quasi certamente, nei prossimi giorni, la Saltamartini approderà nel gruppo della Lega di Matteo Salvini. In fondo, dopo lo choc ren
ziano su Mattarella, diventa ancora più drammatico il problema della sopravvivenza elettorale. In questa chiave va letta la faida di Forza Italia. In ballo ci sono i pochi seggi, non più di 70, previsti dall’Italicum. E adesso ci sono da accontentare anche gli alfaniani superstiti.