Il commento
di Sergio Risaliti
Finalmente si fa. Adesso non si accampino altre scuse. Basta con i condizionali, con il futuro prossimo venturo. Dopo 21 anni, tanti ne sono passati, la Loggia di Arata Isozaki ha ottenuto il via libera con le risorse stanziate per la sua definitiva realizzazione. Gli Uffizi, ancora in parte cantierizzati, avranno a breve un’uscita degna di questo museo.
Via dunque quel passaggio deprimente senza personalità che solo percorrerlo metteva tristezza dopo un’immersione nella bellezza. Ci voleva una crisi globale come quella che stiamo vivendo e che ha messo in ginocchio le città d’arte per risvegliare la voglia di fare, reagendo all’accidia e alle continue interdizioni ideologiche che hanno bloccato in questi anni cambiamenti culturali, urbanistici, sociali. Forse l’esempio del ponte di Genova ricostruito ex novo su progetto di Renzo Piano ha dato l’esempio.
Come in un celebre film possiamo gridare: “Si può fare”. Scandendo bene tre semplici parole. Si conclude, finalmente, uno stillicidio di promesse e di rinvii, giustificati non si sa da quale partito preso. In realtà sempre lo stesso: un’idea errata, deleteria di conservazione, di perfezione, in ultima analisi di rinascimento. La Loggia, — per questo si è data battaglia pro e contro — è stata ed è un vulnus. L’odierna decisione denota un cambiamento nello spirito del tempo. L’arte e l’architettura contemporanea non sono più un tabù neppure a Firenze. Ed è bello che la notizia arrivi nei giorni in cui abbiamo festeggiato il coraggio di Brunelleschi, quello dei fiorentini che vollero la Cupola. E forse a qualcosa hanno contribuito certe “offese al pudore” perpetrate ai ben pensanti come le statue di Koons o di Fischer in Piazza Signoria. Shock salutari che hanno spostato in avanti la lancetta del gusto locale.
Firenze ha aperto gli occhi e ha deciso che la contemporaneità non è solo orribile, non è solo bruttezza, provocazione. In questo ultimo decennio, va riconosciuto, abbiamo dato la nostra preferenza per una città viva, in progress, in mutamento. Dobbiamo continuare su questa strada, più vivibile, più sostenibile, più creativa. Con la voglia e il desiderio di uscire dalla culla del Rinascimento in cui si era fatta alloggiare dalla metà dell’Ottocento in poi. C’era uno sfasamento con la Loggia ancora in sala d’aspetto. Ora, grazie al ministro Dario Franceschini, la Loggia non sarà più un convitato di pietra, una questione aperta, sempre utile come slogan ad ogni cambio di governo. C’è dell’assurdo dietro le spalle. Come per certi processi senza mandanti e colpevoli, sono stati necessari due decenni per risolvere il caso irrisolto di un concorso internazionale. Vasari non ci crederebbe. Lui abituato a terminare i compiti in pochi mesi.
Adesso i tempi della realizzazione siano certi. In due, tre anni, tanti ne servono per realizzare il progetto, potremmo uscire a riveder le stelle anche da sotto la loggia di Isozaki.