Secondo i sondaggi, Giani e Ceccardi vicini nella corsa alla guida della Regione La paura scuote il Pd: “Acceleriamo”. Salvini vuole evitare gli errori dell’Emilia
di Alessandro Di Maria
FIRENZE — Il rischio di un testa a testa agita il Pd e fa aumentare la tensione. Secondo gli ultimi sondaggi, in Toscana il candidato del centrosinistra Eugenio Giani sarebbe avanti di pochissimo – appena lo 0,5% – sulla candidata del centrodestra Susanna Ceccardi: 43% contro 42,5 per cento. Un’inezia, una manciata di voti che ha avuto l’effetto di far lievitare la preoccupazione tra i democratici. Anche a livello nazionale, perché una sconfitta in Toscana sarebbe difficile da digerire e certamente avrebbe conseguenze anche a Roma. «La marcia che abbiamo ingranato è quella giusta ma dobbiamo accelerare. Ora pancia a terra per evitare che la Toscana finisca nelle mani di chi non sa governare», dice il sindaco di Firenze, Dario Nardella. D’altra parte, che la Toscana non sia più una monolitica regione rossa è una realtà da tempo. Il centrosinistra ha perso sei capoluoghi. «Negli ultimi anni — spiega il professore della Luiss e politologo Lorenzo De Sio — le roccaforti del centrosinistra sono state Firenze e Prato».
Arezzo nel 2015 è tornata al centrodestra, con la vittoria di Alessandro Ghinelli. Nel 2016 è stata espugnata Grosseto con Antonfrancesco Vivarelli Colonna. Nel 2017 è stata la volta di Pistoia con Alessandro Tomasi. Nel 2018 è toccato a Pisa con Michele Conti, Massa con Francesco Persiani e Siena con Luigi De Mossi. Un caso a parte è Carrara, dove nel 2017 il centrosinistra ha dovuto lasciare il passo al M5S con Francesco De Pasquale. A proposito: dove finiranno i voti dei delusi dal M5S, visto che nel 2018 alle Politiche presero quasi mezzo milione di voti? Di fatto, al centrosinistra è rimasto lo zoccolo duro del centro regione, con Firenze, che alle Politiche del 2018 ha portato un terzo dei voti regionali compresa la provincia, e Prato dove lo scorso anno sono stati confermati Nardella e Matteo Biffoni, mentre a Lucca c’è Alessandro Tambellini.
Poi c’è Livorno, riconquistata lo scorso anno dal centrosinistra dopo la parentesi del M5S. Una vittoria ottenuta dopo aver ricompattato lo schieramento, memore di quegli errori che portarono all’elezione di Filippo Nogarin. Stavolta però la sinistra si presenta con addirittura tre candidati: «Qui è stato possibile — spiega il sindaco Luca Salvetti — perché il Pd a livello locale ha aperto a liste civiche e costruito un programma unitario. Ma l’operazione vera è stata al ballottaggio quando siamo riusciti a coagulare le altre forze».
Il problema è che alle regionali il ballottaggio non ci sarà. La legge elettorale toscana prevede infatti che ci si vada solo nel caso in cui nessuna lista raggiunga il 40 per cento. Ed è praticamente impossibile che il centrosinistra o il centrodestra non raggiungano l’obiettivo.
La Toscana è da sempre considerata una regione economicamente a due velocità. Da una parte il centro a fare da locomotiva, dall’altra la costa. Ma poi c’è anche il dualismo tra città e provincia. Provincia dove la Lega si fa forte. Basti pensare che nel 2019 alle Europee ottiene il 37% nei Comuni sotto i 2.500 abitanti, mentre scende al 24,7 nelle tre città con oltre 150.000. «Questa differenza c’è sicuramente — dice Marco Valbruzzi, politologo dell’Istituto Cattaneo — a Firenze, Prato e Livorno prevale nettamente il centrosinistra. Ma qui anche le zone costiere sono paragonabili, sul piano socio-politico, a quelle interne e rurali». «Le differenze tra centro urbano e campagna? L’economia rurale sta cambiando ed è più basata sul turismo — insiste De Sio — io farei più un discorso tra città e periferia. Per fare un esempio, una delle questioni più controverse a Firenze è l’aeroporto, avversato dai comuni intorno alla città». Ma questa differenziazione ormai sembra generica: «La differenza città- paesi è ormai universale — dice Roberto Weber, presidente dell’Istituto Ixè — nei Comuni con meno di 5-10mila abitanti la dimensione universalizzante del centrosinistra viene vista con sospetto. Qui la modernità è letta in modo diverso». E se qualcuno pensa di fare un parallelismo con l’Emilia, potrebbe essere tratto in inganno: «La Toscana può sembrare un remake dell’Emilia-Romagna — prosegue Valbruzzi — ma non lo è. È diversa la forza del candidato e poi in questa regione manca la spinta delle Sardine, anche perché Salvini ha scelto un più basso profilo. La candidata Ceccardi è del tutto simile a Borgonzoni, ma in Toscana Salvini ha evitato l’errore emiliano: quello di personalizzare la campagna elettorale». E infatti, nonostante una presenza costante (a Firenze il 18 settembre chiuderà la campagna elettorale), sta tenendo toni molto meno estremi, come Ceccardi che ha abbandonato nelle ultime settimane le provocazioni del passato.