Edda e Marok ai tempi del lockdown

In videochat Stefano ritarda, Gianni allora lo chiama. Quando Stefano arriva si scusa, stavo finendo un pezzo. Potrebbe essere il sommario del sodalizio fra due artisti che potevano avere già incrociato le loro strade mille volte e che, invece, hanno deciso di lavorare insieme proprio nei due mesi marcati dalla distanza. Stefano Rampoldi in arte Edda e Gianni Maroccolo aka Marok non hanno bisogno di presentazioni, il 30 giugno uscirà il loro album dallo stravagante titolo Noio; volevam suonar (Contempo Records).
Anche la forma (così come la copertina) è anomala: chi vorrà, fino al 15 giugno, con pre-order potrà pagare solo le spese di spedizione. Il disco è intrigante, solido, raffinato e intimistico nei testi e nelle melodie, frutto di due parabole artistiche uniche. Il primo quesito è se non ci fosse stata la quarantena e fosse stato proposto loro di fare un intero disco a distanza, cosa avrebbero risposto, «No, perché si sbaglia sempre – spiega Edda. Vivo con i miei preconcetti, invece è stata una bellissima esperienza. È come se fossi andato da un sarto, il vestito era perfetto». «In studio – aggiunge Maroccolo – sarebbe venuto un altro disco, non necessariamente più bello o più brutto. I dischi sono la conseguenza dell’incontro di due o più persone. Se nasce l’alchimia giusta la lontananza può diventare vicinanza. Non è stato semplice per Stefano che ha dovuto battagliare con il microfonino di un iPad. Certe volte ti poni dei limiti proprio per avere più stimoli».

LIMITI che hanno obbligato Stefano a sperimentare modalità diverse per esprimersi. Racconta cosa ha significato cantare senza tirare fuori tutta la sua voce per non disturbare il condominio di Milano dove attualmente è, poi glissa: «I vicini avranno pensato che sono ricaduto nella droga». Un flusso che durava 24 ore, in quanto Edda si sveglia alle 3 del mattino mentre Maroccolo va a dormire alle 4: «Nella gestione di un disco in studio rischi l’isterismo. Invece così, nel mio ablativo assoluto, non ho portato Gianni all’esasperazione. Oggi per esempio gli ho detto che avevamo sbagliato il titolo del disco, troppo lungo…».

La copertina del disco

SUL FATTO che quei giorni potessero aver acceso i sensi e sviluppato qualche ridondante creatività da convogliare in musica, come sembra capitato a qualcuno, Gianni ha le idee chiare: «Non ho mai pensato che la creatività arrivi attraverso la sofferenza. Al limite è successo che fra colleghi ci siamo attaccati a quel poco che avevamo. In quel momento in cui tutti chiedevano e la gente moriva, ho sentito che c’erano priorità più importanti e ho pensato che fosse il momento di donare il disco. Ma è un regalo che inconsapevolmente è anche servito a noi per stare meglio». Ma regalare un disco in un momento in cui la musica è in crisi nera non è poi un autogol per tutta la categoria?: «Me lo sono chiesto – spiega «Marok», scindo però le due cose. Sono cresciuto nel momento in cui nei palazzetti si urlava “musica gratis per tutti”, io non ne faccio una questione ideologica. Ci sono diritti violati da anni, non da ora, c’è per esempio un fondo solidarietà in Siae bloccato. Questo piccolo gesto che vorrei non enfatizzare troppo, ha a che fare con la sfera umana e non con la categoria professionale che rappresento. Magari si è fatta una cazzata…».
C’è su Maranza un dissing verso i Negroamaro, Noio riprende dai Baustelle, poi c’è un brano intitolato Achille Lauro, Babigionson è ispirata a Daniel Johnston, c’è la cover di Sognando di Don Backy (interpretata superbamente anche da Mina nel suo ultimo live nel 1978…) e l’album si chiude con la cover di Castelli di sabbia di Claudio Rocchi. Nei testi per fortuna non è finito niente che evochi quarantena o coronavirus… : «Perché – sottolinea Edda, anche se non sembra, sono intelligente. Avevo paura che avessi trovato qualche riferimento che mi fosse sfuggito!» (ride, ndr). «Stefano inviava pezzi avvisandomi che erano brutti. E invece quando cominciavo a lavorarci, mi arrivavano tanti riferimenti e vissuti condivisi. Gli ho chiesto solo una cosa, di far uscire il suo lato spirituale , una sfera che di solito lascia separata dalla sua scrittura». Ora però sarebbe emozionante vederli in tournée: «La prendiamo un po’ alla larga ma questo disco ha creato qualcosa che può accontentarci. Abbiamo deciso che non sia il punto di arrivo ma la partenza».

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