Il punto
Le prospettive a breve termine di Salvini sono legate in forma sempre più evidente a quelle del bavarese Seehofer. L’omologo tedesco del nostro ministro dell’Interno può essere l’uomo che provoca la fine della lunga stagione di Angela Merkel ovvero, al contrario, può diventare uno dei tanti che nel corso degli anni hanno sfidato la Cancelliera e si sono fatti male.
Quel che è certo, la partita politica europea si gioca in Germania, non sul pratone di Pontida. È vero, l’Italia giallo-verde (o blu) ama rivendicare il ruolo del detonatore nel riassetto degli equilibri all’interno dell’Unione e probabilmente senza il risultato del 4 marzo certe dinamiche non si sarebbero messe in moto. Ma è improprio credere o far credere alla platea dei militanti che quello che sta succedendo a Berlino è provocato dall’Italia, ossia da una nuova centralità italiana. La maggioranza Lega-M5S è di sicuro qualcosa di cui Angela Merkel avrebbe fatto volentieri a meno, per l’ovvia ragione che ha dato nuovo slancio a tutta la destra europea, da Marine Le Pen agli stessi tedeschi di Alternative, oltre ad austriaci e ungheresi. Ma la contesa con Seehofer nasce da motivi tutti interni alla Repubblica federale e semmai ha molto a che vedere con l’usura politica e il logoramento di cui la Cancelliera mostra i segni. Ne deriva che il leader della Lega tende un po’ troppo a vendere la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Non è quasi mai una scelta avveduta. Come non lo è annunciare che «governeremo 30 anni», quando è passato appena un mese dall’avvio del governo Conte (scadenza festeggiata non in Consiglio dei ministri ma al Palio di Siena). I libri di storia sono pieni di Stati o imperi effimeri che dovevano essere quasi eterni. Ci fu anche chi proclamò il « Reich millenario» e invece durò dodici anni.
Oggi è evidente che Salvini ha stretto un patto con Seehofer, l’austriaco Kurz, l’ungherese Orbán. E il punto non è, come notano alcuni osservatori, se questi “sovranisti” troveranno modo di andare d’accordo visto che difendono interessi nazionali spesso contrapposti. Per ora l’intesa si regge sulla chiusura delle frontiere esterne, sulla logica delle espulsioni, sulla punizione dei clandestini. La questione cruciale è se tale alleanza è davvero in grado di mettere la parola fine all’era Merkel, smontare l’Unione e dar vita a una nuova Europa delle nazioni. Con tutto quello che ne consegue. Un’ambizione smisurata, non diciamo per Salvini, ma per chi ha le carte in mano: quel Seehofer che peraltro non sembra esser privo di problemi all’interno del suo partito, la Csu, dove non tutti gradiscono buttare all’aria una stagione che ha garantito stabilità e buoni affari.
L’amico Salvini gli ha fornito tutto il suo appoggio, ma il seguito non dipende da lui. Senza dubbio la crisi di Berlino ha ancora vari sbocchi possibili, compreso un compromesso fino alle elezioni europee. E in quel caso si vedrà come si presenteranno i Popolari: quanto spostati a destra e quanto disponibili ad aprire le porte ai nuovi arrivati. Agli italiani in primo luogo. Salvini come al solito si tiene aperte due opzioni. La prima è la destabilizzazione dei vecchi assetti in tempi rapidi; la seconda è la creazione di un fronte di destra radicale di massa realmente transazionale. Da cementare nel voto del prossimo maggio. Un esperimento senza precedenti in Italia e ovviamente in Europa: la Lega delle Leghe, appunto. Purché il re di Pontida non creda realmente di poter essere lui il leader del nuovo soggetto. C’è sempre la Germania. Come dire, di nuovo subordinati.
Quel che è certo, la partita politica europea si gioca in Germania, non sul pratone di Pontida. È vero, l’Italia giallo-verde (o blu) ama rivendicare il ruolo del detonatore nel riassetto degli equilibri all’interno dell’Unione e probabilmente senza il risultato del 4 marzo certe dinamiche non si sarebbero messe in moto. Ma è improprio credere o far credere alla platea dei militanti che quello che sta succedendo a Berlino è provocato dall’Italia, ossia da una nuova centralità italiana. La maggioranza Lega-M5S è di sicuro qualcosa di cui Angela Merkel avrebbe fatto volentieri a meno, per l’ovvia ragione che ha dato nuovo slancio a tutta la destra europea, da Marine Le Pen agli stessi tedeschi di Alternative, oltre ad austriaci e ungheresi. Ma la contesa con Seehofer nasce da motivi tutti interni alla Repubblica federale e semmai ha molto a che vedere con l’usura politica e il logoramento di cui la Cancelliera mostra i segni. Ne deriva che il leader della Lega tende un po’ troppo a vendere la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Non è quasi mai una scelta avveduta. Come non lo è annunciare che «governeremo 30 anni», quando è passato appena un mese dall’avvio del governo Conte (scadenza festeggiata non in Consiglio dei ministri ma al Palio di Siena). I libri di storia sono pieni di Stati o imperi effimeri che dovevano essere quasi eterni. Ci fu anche chi proclamò il « Reich millenario» e invece durò dodici anni.
Oggi è evidente che Salvini ha stretto un patto con Seehofer, l’austriaco Kurz, l’ungherese Orbán. E il punto non è, come notano alcuni osservatori, se questi “sovranisti” troveranno modo di andare d’accordo visto che difendono interessi nazionali spesso contrapposti. Per ora l’intesa si regge sulla chiusura delle frontiere esterne, sulla logica delle espulsioni, sulla punizione dei clandestini. La questione cruciale è se tale alleanza è davvero in grado di mettere la parola fine all’era Merkel, smontare l’Unione e dar vita a una nuova Europa delle nazioni. Con tutto quello che ne consegue. Un’ambizione smisurata, non diciamo per Salvini, ma per chi ha le carte in mano: quel Seehofer che peraltro non sembra esser privo di problemi all’interno del suo partito, la Csu, dove non tutti gradiscono buttare all’aria una stagione che ha garantito stabilità e buoni affari.
L’amico Salvini gli ha fornito tutto il suo appoggio, ma il seguito non dipende da lui. Senza dubbio la crisi di Berlino ha ancora vari sbocchi possibili, compreso un compromesso fino alle elezioni europee. E in quel caso si vedrà come si presenteranno i Popolari: quanto spostati a destra e quanto disponibili ad aprire le porte ai nuovi arrivati. Agli italiani in primo luogo. Salvini come al solito si tiene aperte due opzioni. La prima è la destabilizzazione dei vecchi assetti in tempi rapidi; la seconda è la creazione di un fronte di destra radicale di massa realmente transazionale. Da cementare nel voto del prossimo maggio. Un esperimento senza precedenti in Italia e ovviamente in Europa: la Lega delle Leghe, appunto. Purché il re di Pontida non creda realmente di poter essere lui il leader del nuovo soggetto. C’è sempre la Germania. Come dire, di nuovo subordinati.
La Repubblica – Stefano Folli – 03/07/2018 pg. 30 ed. Nazionale.