Cattedre vuote e prof che chiedono di restare a casa Lo spettro di un anno con 250 mila supplenti

di Gianna Fregonara e Orsola Riva

 

Una tempesta quasi perfetta sta per abbattersi sul rientro in classe: l’allarme è già suonato in alcune regioni come il Veneto, la Liguria e la Campania. I presidi potrebbero trovarsi senza collaboratori scolastici e gli alunni senza prof. Non solo è rimasta vuota una parte delle cattedre per le quali era prevista l’assunzione di 85 mila insegnanti. Ma il Covid-19 porta con sé anche un’altra emergenza: quella dei «lavoratori fragili» che nella scuola italiana potrebbero essere parecchi. Per legge infatti rientra nella definizione chi è affetto da più patologie contemporaneamente, gli immunodepressi, i pazienti oncologici. Si possono aggiungere anche coloro che hanno più di 55 anni (nel 2019 su 730 mila insegnanti di ruolo, quelli con più di 54 anni erano oltre 300 mila): non tutti ovviamente, ma coloro per i quali il medico Inail deciderà che è necessaria «la sorveglianza sanitaria eccezionale» prevista dalle regole generali di tutela dei lavoratori e da quelle emanate nei mesi scorsi per tutti coloro per i quali il contagio da Covid potrebbe avere conseguenze anche molto gravi, se non fatali. Sta di fatto che la direttrice dell’Ufficio scolastico del Veneto Carmela Palumbo ha raccontato di centinaia di lettere ai presidi da parte di docenti che chiedono di essere esonerati dal servizio. A Salerno le richieste sono già una trentina. Il problema è che per ora i dirigenti hanno le mani legate perché mancano delle linee guida che definiscano cosa fare con questi lavoratori una volta che il medico ne ha certificato la condizione di salute: vanno messi in malattia e lasciati a casa, dichiarati parzialmente o totalmente inidonei e spostati ad altro servizio o può bastare l’adozione di maggiori precauzioni come per esempio l’uso di mascherine FFP2 con eventuale visiera al posto di quella chirurgica?

Il ricorso allo smart working — come si è già fatto durante la Maturità per alcuni casi isolati di commissari a rischio — appare impraticabile: chi terrebbe i ragazzi in classe mentre il docente è collegato da casa? «È scorretto alludere a una disaffezione per il proprio lavoro dei docenti — dice la segretaria della Cisl Scuola Maddalena Gissi —. La condizione di salute del lavoratore va tutelata. Ma il punto è come. Un professore di italiano e filosofia del liceo che ha un tumore si potrebbe pensare di farlo lavorare solo per piccoli gruppi, raddoppiando la distanza fra la cattedra e i banchi, oppure dirottarlo sulla programmazione della didattica a distanza». Di diverso avviso Pino Turi della Uil: «Non vedo altra soluzione che tenere i lavoratori fragili a casa mettendoli in aspettativa». Nel protocollo sulla sicurezza firmato dai sindacati si rinviava a un approfondimento che non è stato ancora fatto. Anche i «provveditori» sono senza indicazioni su cosa fare: «Mancano due passaggi fondamentali — dice Giuseppe Bonelli, dirigente dell’ufficio territoriale di Brescia —: la definizione di quali patologie rientrino nella categoria dei lavoratori fragili e la procedura per la loro messa in sicurezza». Il Miur si è limitato a diramare un comunicato in cui spiega che «sono in corso specifici approfondimenti» ma nel frattempo invita «ad evitare allarmismi».

Esonero dal servizio

L’allarme è già scattato in Veneto, Liguria

e Campania. Centinaia di lettere dei docenti

Lavoratori fragili o no, il 2020 sarà un anno record per le supplenze che potrebbero raggiungere la cifra record di 250 mila. A luglio la ministra Lucia Azzolina aveva annunciato di essere riuscita a strappare al Mef 85 mila assunzioni. Non dei prof in più, ma sostituzioni di colleghi andati in pensione. Due giorni fa si sono concluse le operazioni per l’assegnazione delle cattedre e, secondo i sindacati, appena il 30 per cento sarebbe andato a buon fine. Il ministero non dà i dati finché non sarà finita anche la seconda fase di assegnazioni, quella dei precari che decidono di trasferirsi in regioni dove ci sono dei buchi, cioè principalmente al Nord, pur di avere il contratto a tempo indeterminato. Finora, però, come segnalato dal presidente dell’Associazione dei presidi Antonello Giannelli, l’emergenza Covid si è mossa in senso contrario: decine di dirigenti neoassunti in Lombardia, Veneto, Piemonte, Trentino o Emilia-Romagna, temendo di ripiombare nell’incubo di nuovi lockdown, hanno deciso di tornare al Sud come docenti.

 

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