Caro Roberto non sono d’accordo

di Pierluigi Piccini

 

Caro Roberto non sono d’accordo. Io ero presente e posso assicurarti che le parole sono state da tutti ben soppesate e tutte sono state cariche di significato, quelle del rettore uscente come quelle del nuovo entrante. Peccato che tu non sia stato presente avresti avuto la possibilità di rendertene conto. Il tuo articolo non fa che rinfocolare la polemica e quindi non è accettabile perché l’inaugurazione della Università per Stranieri segna sicuramente un passo in avanti e una discontinuità rispetto alla sonnacchiosa e trasversale politica culturale della città, ammesso che ci sia. Si è respirato contemporaneità e alcune contraddizioni del presente sono state messe in evidenza. Se vuoi anche con la meravigliosa Orchestra di Piazza Vittorio. Bene anche la lezione della Strada che ci ha fatto capire il significato attuale della storia e i problemi che affrontano nel Mediterraneo proprio di fronte alla (ex) colonia della Libia. Frammenti di una nuova identità in progress. 

Siena e Montanari

l’ateneo come tribuna

 

E’ inutile girarci intorno: ciò che si è verificato all’Università per Stranieri di Siena — prima e durante l’inaugurazione dell’anno accademico — è inaccettabile. All’origine dei malintesi o degli incidenti che si sono susseguiti sta una dichiarazione del nuovo rettore di Unistrasi Tomaso Montanari, secondo il quale la stessa istituzione del Giorno del Ricordo sarebbe stata la vittoria più alta ottenuta dal revisionismo di marca neofascista. Le opinioni devono avere diritto di cittadinanza e la libertà di esprimere giudizi drastici e unilaterali non è certo da interdire. Ma il giudizio di Montanari ha peccato almeno di due gravi difetti. In primo luogo ha contestato la creazione stessa della Giornata del Ricordo che intende far riflettere su pagine tanto controverse e superare, nella prospettiva della nuova Europa da costruire, persistenti incomprensioni e sottaciute, ataviche ostilità. Non si tratta di avallare un qualche revisionismo. Parola — sia detto tra parentesi — che non dovrebbe essere brandita nel lessico democratico e laico né in termini di condanna, nella tradizione di una pretesa ortodossia marxista a lungo diffusa, né per rifiutare il compito sacrosanto di una storiografia che punti onestamente a mettere via via a fuoco aspetti bisognosi di aggiornamenti sulla base di rigorose e documentate ricerche.

In secondo luogo è errato negare che le sanguinose contrapposizioni, originate dalle mire colonialistiche del regime fascista e da attriti derivanti dal primo conflitto mondiale, non abbiano avuto una loro peculiarità e non meritassero pertanto una specifica considerazione: in qualche modo un tardivo risarcimento dei silenzi che per ragioni diplomatiche le coprirono o occultarono fino a cancellarle dal racconto corrente.

Uno studioso di riconosciuto prestigio che si appresta a ricoprire il delicato incarico di guida di un organismo scientifico di rilevanza internazionale deve soppesare le parole e evitare toni buoni soltanto a suscitare scalpore mediatico e a mettere in discussione i lati positivi di un’iniziativa da gestire con opportuno senso di responsabilità. Una università non va frequentata con la disinvoltura che si pratica nel programma tv di Lilli Gruber.

La risposta data dal sindaco di Siena Luigi De Mossi, che in segno di protesta ha disertato l’inaugurazione dell’anno accademico inviando solo il Gonfalone, è stata completamente fuori fuoco, perché ha sovrammesso uno sbrigativo dissenso al rispetto istituzionale dovuto ad una sede che deve vivere ed espandersi in un clima di pluralistica e critica collaborazione. Come si addice ad una sede dedicata a un sano e libero confronto di idee. Occorre respingere nel modo più deciso la tentazione di piegare a propaganda il mondo degli studi che mai come oggi ha bis ogno di un’ottica globale e di equilibrio critico.

Non si capisce inoltre perché mai la (video)prolusione di apertura dell’anno accademico sia sta affidata a Cecilia Strada. Ciò induce il timore che si voglia trasformare un Ateneo speciale progettato per accrescere il patrimonio linguistico di giovani provenienti da tutto il mondo in uno strumento finalizzato a consegnare temi di eccezionale complessità a testimoni estranei all’universo della ricerca. Voci da ascoltare con attenzione scevra da pregiudizi, ma, se prese a sé, portatrici di esperienze individuali.

L’Università per Stranieri senese è una carta strategica per la ripresa culturale di Siena e della Toscana. Non può diventare né una copia in tono minore dei Dipartimenti letterari dell’Ateneo, né una ribalta a supporto di questo o quel leader. C’è da sperare che le tensioni di questi giorni non offuschino una consapevolezza da condividere senza plateali ripicche o comportamenti non in sintonia con i principali, statutari scopi da perseguire.

Roberto Barzanti

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