GENOVA Il presidente di Fondazione Carige, Paolo Momigliano, avrebbe voluto cedere una quota delle proprie azioni a un socio con cui stringere patti di governance entro la fine del 2014, ma non è stato possibile e il tempo a disposizione è sempre meno. Fra maggio e giugno dovrebbe partire l’iter per l’aumento di capitale di Banca Carige (per massimi 700 milioni) richiesto dalla Bce e Fondazione non ha risorse per sottoscriverlo. Ieri il consiglio ha cercato di dare un’accelerata — si direbbe una vera e propria spinta — alle manifestazioni di interesse che l’advisor Banca Imi ha messo sul tavolo. Sono quattro: il fondo americano Apollo (che ha già acquistato il ramo assicurativo di Banca Carige), Investindustrial dell’imprenditore Andrea Bonomi, il gruppo Malacalza, il fondo Center Bridge. Le manifestazioni sarebbero in fase abbastanza avanzata (sono «vestite» dice una fonte) ma non sono ancora offerte formali e dunque ieri il cda della Fondazione ha preferito rinviare le decisioni non avendo elementi sufficienti. Ha però deliberato di chiedere al ministero del Tesoro l’autorizzazione a vendere tutta la quota, ossia il 19% di Banca Carige (era già autorizzato a scendere al 12%).
«Tutte le opzioni sono aperte — ha detto il presidente Momigliano — cerchiamo un socio forte per la banca ma se nessuno si fa avanti c’è la possibilità di tagliare il cordone ombelicale». Un invito ai quattro proponenti a «farsi avanti» in modo più netto, con piani precisi e — magari — di far intendere che la porta è sempre aperta a eventuali new entry. Ma soprattutto con la sua mossa Fondazione vuole rendere chiara l’intenzione di avere le mani libere. Per vendere tutto il pacchetto tagliando il «cordone ombelicale» con Carige, magari a un unico socio, oppure per andare sul mercato e giocarsi una partita che, oggi, sembra meno ardua di un mese fa grazie al rialzo del titolo.
I rumors dicono che all’interno del consiglio ci sono opinioni contrarie alla vendita tout-court, con l’uscita di scena della Fondazione, e che la richiesta di autorizzazione al ministero ha una valenza più tattica che concreta. L’obiettivo reale sarebbe quello di mantenere comunque una piccola quota di Banca Carige, fra il 2 e il 4%.
Un bel passo indietro considerato che attualmente Fondazione è socio di riferimento. Ma in questo momento l’ente sta lottando per la sopravvivenza. E il segnale che Momigliano ha deciso di lanciare è: ci sentiamo liberi di intraprendere qualunque strada. In ogni caso, vuole andare alla stretta finale: rumors dicono che una delle quattro proposte (sembra quella di Bonomi) sarebbe più articolata e vicina a una conclusione, ma non ci sono conferme. Momigliano si è dato un mese per decidere se stringere un accordo con un socio forte o presentarsi sul mercato.
Erika Dellacasa