Brindiamo all’opera d’Egitto.

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di Alberto Arbasino

Quanti lieti calici si sono portati — per il «brindiamo» — fra il nostro vecchio albergo e l’attigua Opera del Cairo. Franco Mannino, direttore d’orchestra, e la sua consorte Uberta Visconti, sorella di Luchino. E di altri fratelli, forse. Una volta, era un suo turno per sistemare le varie tombe, anche dei fratelli Ruspoli, a el-Alamein o Marsa Matruk. E allora passava la notte là. Ma di solito, c’erano da comprare al bazar le diverse housses per i divani estivi nelle case dei vari cugini o fratelli Visconti di Modrone. E Luchino badava molto al look delle housses.
Si andava e tornava carichi di lieti calici (per non farli rubare) dal nostro albergo a quell’antro di meraviglie che era la vecchia soffitta dell’Opera. Ma non si badava troppo, allora. Tutto di legno. E infatti presto bruciò. Un rogo di cigni del Lohengrin , letti di Desdemona, divanetti di quella nostra Traviata … Dalla prima esecuzione assoluta dell’ Aida in questa medesima Opera del Cairo, nel 1871.
Siamo qui, adesso, nel 1966, con un cast di tutto riguardo: Maria Chiara, Veriano Luchetti, Alberto Rinaldi. E con sponsor veneziani di tutto rispetto: Floris Ammannati, Mario Labroca, Pasquale Zara. Al direttore delle maestranze (un falegname? Un laureato?), si è chiesto solo un tavolo curvo, per evidenziare il brindisi nel primo atto. Per tutto il resto, solo trovarobato.
Erano (allora) cessate, le crociere sul Nilo. Però alcune valide amiche — Margherita Boniver, Letizia Paolozzi… — vennero alle rappresentazioni, con i loro compagni di allora…
In quella soffitta antica, oltre alle varie firme con svolazzi — Franco Rossellini, Franco Zeffirelli… — talvolta ci si chiedeva: ma come sarà stata, qui, la prima assoluta dell’ Aida ?
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«Delusione Stein» intitolano i giornali, per questa nuova Aida alla Scala, che vorrebbe sostituire il classico spettacolo di Franco Zeffirelli e Lila de Nobili. Secondo Impero, fasto, sagace alternanza tra momenti d’intimità e trionfali sfilate… E Peter Stein, allora?
Scarsa presenza nei protagonisti eroici, benché sventolino tremendi vessilli, come Radames stasera o Nerone di Monteverdi la sera prima, nonostante le mossette e gli atteggiamenti. Appaiono fiacchi, i tenori tradizionali, senza qualche presenza eroica o sexy sempre più indispensabile. Come per i soprani e i mezzosoprani: a postissimo.
Tutto questo intimismo, poi. Minimalista anche nelle scenografie miserrime. Già si notava a Salisburgo, un paio d’anni fa. Secondo Peter Stein, la foresta di Fontainebleau non ha più alberi, né cacciatori, né taglialegna. Solo coristi accovacciati e pittoreschi sullo smisurato palcoscenico; e un paio di finestrelle intravviste sullo sfondo, nel Don Carlo .
Gli Egizi, poi, nelle sfilate più o meno trionfali, non apparivano estivi e seminudi? E non già ricoperti di nappe e gualdrappe invernali?
Circa la fatal pietra finale, si tratta davvero di un grosso sasso dorato, sul quale Amneris deve tagliarsi le vene, mentre Aida e Radames si aggirano in una linda cantina moderna? E ci si potrebbe chiedere: finiranno come il conte Ugolino nella Commedia dantesca?
Parecchie tipiche invocazioni verdiane alla Patria, all’amor di Patria, al Patrio Suol. «Guerra! Guerra! Guerra!». «Morte allo stranier!». Un suolo sempre sacro. Benché contestato fra Egizi ed Etiopi, davanti a un pubblico forse risorgimentale ma però deplorevole. «Guerra! Guerra! L’italica terra — dall’Alpi a Sicilia produce guerrier! — Rimbomba di fanti e di santi il cantier!»…
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Tutto bene a Santa Cecilia, invece. Intimismi e minimalismi da concerto, con i cantanti in fila al proscenio, alle spalle di Pappano, e non in fila al proscenio per captare le indicazioni di Zubin Mehta. (Mezzo secolo fa, idolo e icona delle madonne fiorentine…). Un Radames (Jonas Kaufmann) senza stomacone e con portamento eroico. Eccellenti soprano e mezzosoprano.
Soluzioni drammatiche e musicali di respiro europeo. Fuga da ogni realismo. Tradizione, modernità; esotismi nel tradimento. Invece di prostrarsi sulla fatal pietra, Amneris va sul piano del coro.
Ottime, le Bande Musicali della Polizia, e le danze «parigine» composte per l’Opéra. Ottime perfino le foreste imbalsamate; e le Gole di Nàpata.
In sostanza, un trionfo!