INDAGINE – LA NUOVA ACCUSA DI BLUEBELL DOPO 38 SEGNALAZIONI
di Nicola Borzi
Mps “ha falsificato i bilanci 2017, 2018, 2019, la semestrale 2020 e tutte le trimestrali intermedie, manipolando il mercato, perché non ha stanziato alcun accantonamento a fondo rischi” per le cause sui bilanci e i prospetti di aumento di capitale dal 2012 al 2015. Lo scrive Giuseppe Bivona, manager di Bluebell Partners che sul Monte ha presentato 38 segnalazioni, in un esposto presentato lunedì 9 agosto alla Procura di Milano.
A gennaio il pm Paolo Filippini ha avviato una terza inchiesta sui fondi per i rischi legali della banca di Siena, ipotizzando i reati di false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato. Il primo procedimento è quello sulla contabilizzazione dei derivati Alexandria e Santorini, contro Mussari e Vigni per il 2008-11 e contro Profumo e Viola per il 2012-15. Il secondo, alla fase di indagine, è sulla iscrizione a bilancio dei crediti deteriorati nella gestione Profumo – Viola (2012-15).
A fine 2020, secondo il bilancio, richieste di risarcimento alla banca per 2,5 miliardi sono a rischio di soccombenza “probabile” e per altri 600 milioni sono a rischio “possibile”. A marzo, Consob calcolava in 5,2 miliardi il petitum totale restante a carico di Mps, a fronte di accantonamenti per 225 milioni. Ben 3,8 miliardi sono stati stralciati grazie all’accordo transattivo del 22 luglio con Fondazione Mps, tacitata con appena 150 milioni.
Dal 2015, Mps è stata sommersa da richieste di risarcimento di soci ed ex soci che avevano acquistato azioni tra il 2008-11 e 2012-15 “sulla base di informazioni finanziarie false. A luglio 2018 Mps decise di non costituirsi parte civile contro Profumo e Viola, di non avanzare azione di responsabilità e di non fare alcun accantonamento per i rischi connessi alle cause sul periodo 2012-15”, spiega Bivona. Solo il 5 novembre scorso, dopo la sentenza di primo grado che il 10 ottobre scorso a Milano ha condannato Profumo e Viola a sei anni, Mps decideva di riclassificare da “non probabile” a “probabile” il rischio di pagare i danni sul periodo 2012-15, accantonando 768 milioni principalmente per cause “su pregresse operazioni di aumento di capitale”. Secondo Bivona, “resta da capire se gli accantonamenti successivi siano commisurati e quanto petitum emergerà per il periodo dal 2017 a giugno 2020”.
Nel merito, Bivona ricorda che “con una lettera del 4 settembre 2018, informai il direttivo della Bce e l’allora presidente Draghi sul fatto che, a fronte di richieste di danni che all’epoca valevano già 3 miliardi, la banca non stava coprendo adeguatamente questo rischio. Non ottenni risposta. D’altronde già in precedenza la Bce ci aveva informato di aver archiviato le segnalazioni di Bluebell perché le violazioni contabili da parte della banca erano ‘considerate non rientranti nei compiti di vigilanza conferiti alla Bce’”.
Ora il nuovo filone d’inchiesta complica il quadro dell’uscita del Tesoro dal Monte. Anche se UniCredit trovasse un accordo con il governo, non va dimenticato che all’operazione servirà soprattutto il via libera della direzione Concorrenza della Commissione Ue. L’aumento delle richieste di danni (in ballo ci sono 3 miliardi) appesantisce l’onere per lo Stato, perché UniCredit non pare volersene fare carico. Oltre al danno per l’Erario, c’è il rischio che Bruxelles consideri l’onere come un aiuto di Stato vietato.
Intanto l’agenzia di rating Dbrs ha rivisto al ribasso da B a Ccc il rating dei bond subordinati del Monte. Gli analisti temono “l’aumento del rischio di condivisione degli oneri su questi strumenti man mano che il Governo si avvicina alla ricerca di una strategia di uscita da Mps”. Un’altra cattiva notizia per la banca senese.