Arezzo: cadono le accuse a Fornasari, Bronchi e Canestri sui falsi prospetti ai risparmiatori
Valentina Marotta
Arezzo Assoluzioni e prescrizioni. Al processo per le false informazioni fornite ai risparmiatori che investirono in obbligazioni Banca Etruria, sono cadute le accuse per l’ex presidente dell’istituto di credito Giuseppe Fornasari (difeso dall’avvocato Antonio D’Avirro), l’ex Dg Luca Bronchi (assistito dai legali Antonio Bonacci e Carlo Boccaredda Boy) e il manager Davide Canestri (difeso dall’avvocato Luca Fanfani). Il tribunale di Arezzo ha dichiarato estinto il reato di falso per i due prospetti emessi con le obbligazioni del 2013, mentre per la scheda allegata alle obbligazioni del 2019 ha assolto i tre imputati con la formula più ampia: il fatto non sussiste.
Il giudice Stefano Cascone non ha accolto le richieste del pm Julia Maggiore che aveva sollecitato la condanna a un anno e mezzo per Fornasari e Bronchi e un anno per Canestri. I tre manager, secondo la Procura, avrebbero esposto false informazioni ai sottoscrittori di bond nel 2013 e nel 2019, rappresentando per quel tipo di investimento fattori di rischio «non adeguati alla natura del prodotto finanziario offerto» e occultando dati, notizie e criticità sulla reale situazione patrimoniale e finanziaria di Banca Etruria, rilevate da Banca Italia.
La crisi «bruciò» circa 100 milioni di titoli e scatenò le manifestazioni di protesta dei correntisti. Al centro del processo, c’è infatti uno dei capitoli-chiave della complessa vicenda politico finanziaria: i rapporti tra i vertici della banca e i risparmiatori travolti dal crac. E, come era prevedibile, la sentenza ieri ha diviso gli animi. Delusi e amareggiati i risparmiatori che avevano impiegato le economie di una vita in quei bond e poi li avevano perduti, soddisfatti gli imputati. «Sembra che i colpevoli siamo noi», dice uno dei risparmiatori che ha ascoltato il verdetto ieri al fianco del suo avvocato Lorenza Calvanese. «A nostro avviso non si era mai profilato un caso di falso in prospetto — commenta l’avvocato di Canestri, Fanfani — La documentazione sul mercato azionario era chiara e non conteneva indicazioni incomplete o fuorvianti ma rispettava la normale procedura bancaria: questo dimostra che il caso era stato anche influenzato dal clamore complessivo nato intorno alla vicenda». E aggiunge: «Questa decisione è il finale appropriato per una accusa originata da sanzioni Consob che già la corte di appello di Firenze aveva in precedenza annullato. Con quella sentenza, i giudici d’appello ritennero inspiegabile e infondata la tesi secondo Consob sarebbe venuta a conoscenza, solo ad azzeramento delle obbligazioni oramai avvenuto, di talune informazioni indispensabili per poter esercitare la propria funzione di controllo sul contenuto della documentazione informativa».
È l’ennesimo capitolo giudiziario del crac Banca Etruria. Il processo per il default dell’istituto di credito a ventiquattro tra ex consiglieri e dirigenti dell’Istituto di credito è ormai alle battute finali: i pm di Arezzo Angela Masiello e Julia Maggiore hanno chiesto condanne da 1 a 6 anni per gli imputati e in autunno il tribunale emetterà il verdetto. Altro filone è oggetto del processo, appena iniziato, sulle consulenze d’oro affidate per valutare la fusione con Banca Popolare di Vicenza che avrebbero portato al dissesto Banca Etruria. Tra i quattordici imputati c’è l’ex vicepresidente dell’Istituto Pierluigi Boschi, padre dell’ex ministra Maria Elena, la cui posizione è stata invece già archiviata rispetto all’accusa di bancarotta fraudolenta e quella relativa alla liquidazione dell’ex dg Bronchi.
https://corrierefiorentino.corriere.it