Apriamo le porte ai ragazzi che chiedono arte

di Sergio Risaliti
Quasi cento ragazzi hanno deciso di iscriversi al liceo artistico di Porta Romana. Una bella notizia. Salvo che la cosa ha messo in crisi il sistema scolastico. Troppe richieste rispetto ai posti disponibili. Poi si è trovata una soluzione (o quasi). La metà di loro saranno accolti nelle aule del liceo Alberti. Gli altri hanno preso strade diverse. Ma è un peccato aver deluso le loro aspettative. Immaginatevi la frustrazione di queste ragazze e ragazzi che nella città del genio artistico si vedono rifiutata la loro scelta. Sentirsi dire che non ci sono aule a sufficienza nella città dell’arte e della bellezza. A me pare inconcepibile una cosa del genere. Respingere la spinta creativa di un adolescente è come costringere in una prigione le migliori energie dello spirito umano. È come costruire un muro intorno alla vita interiore, al gioco delle reminiscenze e delle fantasie.
Significa soffocare gli impulsi creativi e congelare le riserve auree dell’inconscio. E la gravità di questa anomalia formativa è amplificata dal momento storico che questi ragazzi hanno dovuto affrontare. Molti analisti hanno spiegato che fare arte, esprimersi creativamente, è stato nei giovani l’unico modo per alleggerire la pressione e trovare un linguaggio per comunicare con gli altri durante la pandemia. Non è poco, direi. La creatività non salverà il mondo, molte volte però salva la vita.
Ci sono molte altre ragioni per spiegare tutto questo incremento di iscrizioni al liceo artistico. Sono convinto che questi ragazzi abbiamo avvertito, più o meno coscientemente, il desiderio di acquisire un metodo di lavoro per esprimere al meglio la propria spinta creativa. Tuttavia non dobbiamo pensare al liceo artistico come mera ‘scuola di arte’ dove apprendere scultura, pittura e disegno. Se tanti giovani sognano di entrare in quelle aule è perché si aspettano molto di più e di diverso. Vedono nell’arte un modo di essere liberi e di sconfiggere i demoni, le paure e le angosce, aspirano a dare corpo alle proprie immaginazioni e fantasie, alle proprie utopie e visioni. Non tutti però saranno artisti: qualcuno diventerà scenografo, grafico, magari fumettista, altri si orienteranno nella video arte o nella pubblicità, magari nella progettazione di realtà virtuale, oppure raggiungeranno la piena realizzazione in cucina o in un laboratorio artigianale.
Grazie alla creatività saranno curiosi, aperti, inclusivi, cosmopoliti e innovativi. Dal giardino di San Marco, voluto da Lorenzo il Magnifico, alla Silicon Valley la strada è segnata. Senza un goal creativo non avremmo Apple e neppure gli ultimi sviluppi della fisica quantistica. E se Firenze vuole essere veramente la culla del rinascimento e non solo la Disneyland dei musei non può permettersi il lusso di lasciare senza aule questi ragazzi. Tra loro potrebbero esserci i nuovi artisti e creativi di domani.
Concludo con un’ultima considerazione. Questa crescita di domanda forse dipende dall’aumento di offerta. Firenze negli ultimi anni è diversa. Guardiamoci intorno. Non è più la città museificata. Ma una città dalla creatività contemporanea diffusa e pervasiva. Non lasciamo fuori nessuno di queste ragazze e ragazzi.
Apriamo una dieci cento manifatture del genio creativo. Solo allora vedremo i frutti di un vero rinascimento.
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