Firenze, solo Firenze, in un’ottica di grandi numeri
di Pierluigi Piccini
La proposta di creare una “succursale” degli Uffizi alla villa medicea di Careggi, o forse Montelupo Fiorentino o chissà se altre (Pescia, Anghiari, Poppi, Castagno d’Andrea), da parte del presidente regionale Giani e del direttore del museo Schmidt, accende più di un interrogativo. Anche perché si procede come al solito con spot giornalistici che non fanno comprendere il progetto culturale sottostante, ammesso che ci sia. Nessuno contesta la possibilità di un percorso museale capace di ricollocare le opere dagli Uffizi nelle ville medicee da dove in parte provengono: un esempio per tutti sarebbe riallestire la cappella della villa di Careggi. Operazioni simili del resto sono già state realizzate in altre forme da Antonio Natali. Cosa diversa, come sembra essere, se questa iniziativa pensata in solitaria, si dimostrasse solo la collocazione di opere di modesto valore per liberare i magazzini degli Uffizi. Ma c’è anche da riflettere su cosa una operazione del genere può significare per l’intera Regione. Ancora una volta tutto si concentra tra Firenze e il mare, dove insistono due aeroporti, le principali infrastrutture viarie, gli insediamenti industriali e gran parte della popolazione. Il capoluogo di Regione è inoltre sede del Polo regionale dei musei della Toscana, risultato organizzativo della criticatissima riforma Franceschini che separa i grandi musei da quelli statali. Il problema è che la Toscana, quella che ha un “peso” nell’immaginario collettivo, quella che vanta i riconoscimenti Unesco di Patrimonio dell’umanità (ben tre in provincia di Siena: un record!) vale, si, per il resto del mondo ma spesso non per chi nella cultura e nel turismo deve, istituzionalmente, investire. La Regione, si dirà, ha previsto fondi per il Santa Maria della Scala. Ma con quali prospettive, su quale progetto? La proposta del direttore degli Uffizi se non accompagnata da una strategia che coinvolga in primis gli addetti ai lavori per poi interessare altri soggetti di governo del territorio rischia di aumentare il congestionamento in un unico luogo del turismo di massa, come se ciò che stiamo vivendo non avesse reso evidente la necessità di un modello alternativo. Non vorremmo che il tutto si risolvesse nell’anacronistica fremente attesa che torni l’invasione dei turisti, che ha già prodotto degli effetti negativi sulla stessa Firenze. La Regione avrebbe dovuto da tempo razionalizzare la quantità di musei statali che gravitano sul suo territorio, cosa che non è avvenuta. E questo è un problema che non riguarda, ovviamente, soltanto Firenze: che ci sia un maldestro tentativo anche a Siena di occupare gli spazi con opere fuori da un ragionamento strategico è già da tempo evidente. Nel passato, la Soprintendenza di Siena aveva già attuato un dislocamento di opere d’arte in alcuni musei della provincia. Esempi ne sono Casole d’Elsa e Montalcino. Per il futuro sarebbe necessario rivedere l’attuale organizzazione del Polo Museale a cui fa capo la Pinacoteca senese per riarticolare gli equilibri regionali. Lo strumento è l’accordo strategico del 2000 che prevede un polo culturale nell’antico ospedale del Santa Maria della Scala, in questi termini: partendo dal museo di se stesso, dovrebbe essere capace di ospitare, senza mettere in discussione le diverse proprietà, la Pinacoteca, il Museo diocesano e le attività correlate, come inevitabile punto di riferimento per il territorio più vasto. Credo e voglio sperare che tutto ciò che sta accadendo nella nostra Regione possa riaprire un percorso che, per il momento, ha segnato diverse battute di arresto. Il nuovo presidente regionale, con la sua visione Firenzecentrica, gli eletti del territorio e il Comune di Siena dovrebbero fare di questi argomenti legati allo sviluppo armonico della Toscana i contenuti di una forte azione politica.