di Pierluigi Piccini
Utilizzare il termine “tegamata” per descrivere una proposta politica non mi sembra il modo migliore per marcare i limiti di tale ipotesi e prenderne le distanze. Tegamata in Toscana si riferisce ad un piatto che si preparava la sera in cui si macellava il maiale, si utilizzavano i ritagli grassi e magri residui dalla lavorazione dei vari tagli con le immancabili animelle. A Siena è famosa quella del Bigelli che è diventata anche un modo corrente di dire. Ma lasciamo gli aspetti culinari per parlare del cosiddetto “Listone”. Il Listone si configura come un vero e proprio cartello elettorale che merita di essere analizzato proprio per quello che rappresenta. Un cartello elettorale si costituisce, normalmente, per un obiettivo specifico, una scadenza particolare, difficilmente è portatore di una visione amministrativa unitaria. Il cemento che lo tiene insieme è costituito o da un avversario e, o dalla conquista del potere per la sua gestione a vantaggio del cartello stesso. È, quindi, la sommatoria di più soggetti politici che mettono insieme dei voti potenziali. Potenziali, perché si rifanno, ovviamente, ai risultati delle elezioni precedenti. E già, a questo proposito, appaiano i primi problemi. Come è possibile pensare, anche in società poco dinamiche, che i voti conseguiti precedentemente possano essere gli stessi delle campagne elettorali in atto? In più, l’esperienza insegna che mettere insieme storie di matrice diversa comporta, quasi sempre, un calo dei propri elettori. Spesso gli elettori cattolici, ad esempio, non vedono di buon occhio l’alleanza con compagini dichiaratamente laiche e viceversa. Ma lo stesso ruolo e l’immagine dei leader delle singole parti del cartello cambia nel corso del tempo e non sempre positivamente. Ma i cartelli elettorali esistono. Andiamo a vedere perché in alcuni casi hanno ottenuto il risultato che si prefiggevano. Ciò può succedere quando vengono soddisfatte due condizioni che sono essenziali: la partecipazione di un soggetto politico forte dentro lo schieramento, o avere un candidato, designato a ricoprire il ruolo oggetto della competizione elettorale, con una solida dimensione carismatica riconosciuta all’interno (“apparentemente” facile da ottenere), e all’esterno della compagine di appartenenza. Quest’ultima è decisamente molto più difficile da conseguire. Una di queste due condizioni è essenziale perché non si creino da subito conflitti interni allo stesso schieramento. Essendo un cartello nato con l’obiettivo, non dichiarato, ma reale della gestione del potere e contro qualcuno, o qualcosa i conflitti, in caso di vittoria, si avranno al momento delle prime nomine interne o esterne all’amministrazione. In caso di sconfitta il cartello si scioglie, velocemente, come neve al sole. I soggetti forti, di cui parlavo prima, sono essenziali per dirimere i conflitti che inevitabilmente si creano e che fanno precipitare la governabilità in una situazione di grande instabilità. Situazione, quest’ultima, che mette il candidato in una condizione di conflitto e di richiesta permanete da parte dei suoi stessi sostenitori che penalizza il buon funzionamento della cosa pubblica. Rapportando il tutto alla realtà di Siena, mi sembra di vedere che nessuna delle condizioni sopra descritte sia di fatto soddisfatta. Insoddisfazione, che crea una situazione di ulteriore crisi della politica e difficoltà nell’elettorato, che, a mio parere, avrebbe bisogno di situazioni non pasticciate e innovative per riprendere fiducia nella politica e ridare dignità al lavoro amministrativo.