Rivoluzioni Nel libro «Helgoland» (Adelphi) Carlo Rovelli illustra la teoria della realtà basata sul concetto di relazione
di Enrico Palandri
Helgoland è un’isola sacra nel mare del Nord dove a 23 anni Werner Heisenberg immagina un modo diverso di leggere il mondo. Il nuovo libro di Carlo Rovelli Helgoland (Adelphi) è dedicato al fervore intellettuale e umano delle relazioni tra cui crescono le idee sulla fisica quantistica. Siamo all’inizio del Novecento, l’Europa è davanti a due catastrofiche guerre nazionaliste mentre l’arte, la filosofia, la letteratura saltano tutte le frontiere e aprono nuovi orizzonti. Cubismo, Wittgenstein, Joyce, Freud. Le idee che improvvisamente scuotono il dibattito scientifico e che si affermano tra idiosincrasie e attrazioni, nascono da uomini solitari, tante isole di Helgoland, ma anche dalla loro straordinaria capacità di intuirsi a vicenda. Capiamo gli uomini, non solo le idee, e qui si pongono le basi di quanto seguirà: un’indagine che sposta lo sguardo dalle cose che abbiamo davanti agli occhi alle relazioni tra le cose. I protagonisti di questa rivoluzione pensano, calcolano, scrivono, sono Mach, Heisenberg, Pauli, Bohr. La passione di Rovelli per il carattere e l’indole personale degli individui, che tratteggia con semplicità e precisione, rende leggibilissime le nuove idee di questa generazione di scienziati, esseri umani che sono il teatro di una nuova vita. In una prosa limpida e accattivante ci scorrono tra i pensieri il giovane Heisenberg e le sue passeggiate sulla spiaggia, la reazione incuriosita ai più giovani di un Einstein ormai affermato, il difficile rapporto tra Lenin e Mach, tra politica e scienza.
L’idolo polemico dell’intrecciarsi di idee intorno alla teoria dei quanti è la cosa in sé, il cuore della filosofia kantiana e dei successivi protagonismi romantici. Con l’Illuminismo, che si era emancipato da una visione sostanzialmente spirituale della realtà, si afferma una separazione netta tra la mente che osserva e conosce il mondo e gli oggetti del conoscere. La filosofia tedesca nell’Ottocento sarà in gran parte conseguenza di questa impostazione e l’articolerà nell’idea di processo hegeliana, nell’opposizione di soggetto e oggetto, nel materialismo di Karl Marx che contrappone economia e fatti concreti alla filosofia, generando lo sguardo sulle cose che ancora permea i programmi scolastici in Italia, fondamentalmente storicisti, che si parli di scienza, letteratura, filosofia, arte, storia. Anche il parallelo empirismo britannico è profondamente radicato nell’idea che ci sia un reale oltre il nostro comprenderlo. Heisenberg, o piuttosto Rovelli attraverso la conversazione che avvia con i pionieri della fisica quantistica, ribalta la prospettiva: questo reale che se ne sta fermo di fronte a noi non esiste. Non sono solo i limiti della nostra percezione e delle nostre conoscenze a darci una visione parziale delle cose, ma sono le cose stesse che si modificano perché agiscono costantemente le une sulle altre.
Il mondo che rinasce nello sguardo della fisica quantistica è trasformato dall’insieme di relazioni che le cose, dall’infinitamente piccolo a ogni aspetto del reale, hanno le une sulle altre, e che sono il nostro essere nel mondo. Non ci sono solo i fatti o le idee, ma anche il sentire i fatti e le idee (qui spiegato attraverso il problema difficile di Chalmers), che costruiscono le relazioni che ci rendono quello che siamo. Un’analogia evidente: noi stessi siamo non solo il nostro sentire, ma i sentimenti degli altri, di genitori, figli, consorti, amici, innamorati. Una rivoluzione dunque che investe anche l’idea che abbiamo di noi stessi. Le cose non sono qualcos’altro da noi, di natura diversa. E perché dovrebbero esserlo? I pianeti del nostro sistema orbitano intorno al Sole, la forza gravitazionale è l’attrazione esercitata dai corpi celesti (così come si attraggono e respingono in diverse orbite i corpi umani). La fittissima rete di modificazioni determina, come insegna la relatività generale di Einstein, lo spazio e il tempo. Più precisamente, spazio e tempo sono le forme delle relazioni che le cose hanno tra loro.
Il reale non è l’altrove del nostro sentire, al contrario, è questa costante modificazione. Parrebbe quasi, da questa prospettiva, che la speranza settecentesca di una realtà non modificata da chi la interpreta, fosse una proiezione ottimistica. Stanchi di tanto sentire e pensare, potersi affidare a un mondo reale che non siamo noi e che, come una madre natura, ci conforti dai nostri tormentati interrogativi, ci rassicuri in una sua immobilità che sta altrove! La Luna interrogata dal pastore errante dell’Asia di Leopardi. Fin quando non ci svegliamo e ci accorgiamo che anche la mamma era umana, era una domanda essa stessa. Che la realtà non ci era di fronte, ma era proprio il costante pullulare di scambi, salti di elettroni, sovrapposizioni e mondi alternativi.
Da queste premesse rivoluzionarie conseguono i tentativi di sistemare in una teoria unificante le strade diverse che si aprono allontanandoci dall’opposizione soggetto-oggetto. Rovelli ci illustra i vari modelli, quello dei diversi mondi possibili, il probabilismo di Schrödinger, gli entanglements, le sovrapposizioni per cui al fatto di non poter stabilire se quello che vediamo è un gatto sveglio o un gatto addormentato, subentra la consapevolezza crescente che il gatto è sia sveglio che addormentato. Anche qui, se quanto ci illustra Rovelli può apparire a chi non ha studiato fisica surreale, l’esperienza che abbiamo del mondo è al contrario molto vicina a quello che viene descritto. Quello che sappiamo di cosa pensa un altro o noi stessi, delle cose, è la continua modificazione. Vorremmo fissare un oggetto, ma così come l’altro, che sia un umano o qualunque animale, sente il nostro sguardo e vi reagisce, così anche le cose non sono ferme fin quando non le capiamo, al contrario, sono in costante interazione.
Possiamo attaccarci in modo letterale a misurazioni, ma la stessa decostruzione di oggettività che ci ha dato la fisica quantistica, affiora in quegli stessi anni nel cubismo, nella psicoanalisi freudiana, nel romanzo di Joyce o Kafka. All’oggettività subentra la vertiginosa consapevolezza che quel che si nomina e misura non è che una didascalia di fronte a fenomeni la cui profondità non può corrispondere al linguaggio, proprio perché non sono cifre ma se mai, per restare nel solco di come Heisenberg studia gli elettroni, tabelle che danno infinite possibili soluzioni. Rovelli segue un percorso quasi cronologico, paradossale in un pensatore che ci ha insegnato a guardare il mondo senza il tempo. Non pensiamo più che la Terra sia al centro dell’universo, ma l’adorazione, la ribellione e il pentimento di Dante sono ancora con noi.