In “The French Dispatch” Bill Murray e Owen Wilson, sodali stabili del regista americano, guidano un supercast impegnato a mettere in immagini un immaginario giornale “alla New Yorker”. Cronisti e critiche, esperti e saggiste narrano i loro articoli in un contesto da fumetto e in un formato quasi quadrato, molto anni 30. Un gustoso viaggio nella mente di uno dei registi più eclettici di Hollywood
Pochi registi riescono a fare meglio di Wes Anderson quando si tratta di riunire tanti attori di livello assoluto in un’unica pellicola. Come le precedenti, anche la sua decima fatica The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun (o più semplicemente The French Dispatch) è un vero e proprio album delle figurine, un all-star game cinematografico a cui le celebrità hollywoodiane sembrano fare la fila per poter partecipare. Tutti ovviamente capitanati dai soliti Bill Murray e Owen Wilson, che paiono ormai aver stretto col regista, più che un sodalizio artistico, quasi un patto di sangue, decidendo di legare a doppio filo la loro filmografia più recente a quella del grande burattinaio Anderson.
Il riferimento al teatro di figura non è casuale: l’ultimo, visivamente ineccepibile esercizio di stile del più “british” (ma francese d’adozione) dei registi americani, è un meraviglioso spettacolo in due dimensioni, che ora strizza l’occhio al fumetto francese o americano del primo Novecento, ora si avvicina sempre di più alle visioni oniriche fatte in casa del quasi coetaneo collega Michel Gondry. Il trucco c’è e si vede eccome, ma va bene così, a cominciare dalla scelta apparentemente anti-cinematografica di girare in formato 1:37:1, lo schermo “quadrato” tipico degli anni ‘30 già visto in parte in Grand Budapest Hotel. Nelle suggestive location e scenografie, scelte o costruite dettaglio dopo dettaglio (attori compresi), ogni inquadratura diventa un diorama o una cartolina da incorniciare.
Lo stesso French Dispatch del titolo, d’altra parte, è un’opera di fantasia: raccolta di reportage dall’ancor più fittizia cittadina francese di Ennui-sur-Blasé (più o meno traducibile come “noia sovra-indifferente”), la rivista diretta dall’apparentemente cinico Arthur Howitzer Jr./Bill Murray prende vita sullo schermo, un articolo alla volta, attraverso le voci dei suoi autori. Si alternano come narratori d’eccezione l’eccentrica critica d’arte J. K. L. Berensen/Tilda Swinton, l’intrepido cronista in bicicletta Herbsaint Salzerac/Owen Wilson, la saggista e politologa filo-sessantottina Lucinda Krementz/ Frances McDormand, e l’esperto di cucina dotato di “memoria tipografica” Roebuck Wright/Jeffrey Wright. Accanto a loro sfilano in parata, a volte anche solo per poche battute o nessuna, Benicio del Toro, Adrien Brody, Thimotée Chalamet, Léa Seydoux, Mathieu Almaric, Lyna Khoudri, Liev Schreiber, Edward Norton, Willem Dafoe, Saoirse Ronan, Christoph Waltz, e persino Anjelica Huston come voce fuori campo.
Il risultato è un film a episodi folle e gustoso, un carousel d’altri tempi in cui i classici giochi di geometrie e colori di Anderson raggiungono l’apoteosi, forse anche più che nel precedente Grand Budapest Hotel. Rispetto al predecessore, però, qui il racconto assume la dimensione meno barocca e più intima di una sincera dichiarazione d’amore per il mondo dell’arte in ogni sua forma, dalla pittura all’architettura, dalla filosofia all’alta cucina, fino al cinema in bianco e nero della Nouvelle Vague. Ma non solo: l’immaginario periodico che dà nome al film è un omaggio esplicito a pubblicazioni come l’iconico The New Yorker, e a quella parola scritta capace di trasportare il lettore in luoghi e tempi lontani, spaziando tra arti, politica e letteratura, ben prima dell’avvento dei moderni mass media.
In definitiva, si tratta proprio di questo: l’ennesimo viaggio nella mente di uno dei registi dall’impronta artistica più marcata ed eclettica del panorama hollywoodiano. Per i fan abituali, un nuovo giro di giostra in cui godere di ogni immagine o battuta, accompagnati dalle immancabili musiche di Alexandre Desplat. Per tutti gli altri (salvo i detrattori di Anderson, a cui sicuramente questo film non farà cambiare idea) The French Dispatch è comunque una favola delicata dai colori pastello, forse un po’ lenta nel prendere il ritmo giusto ma sicuramente meno ostica rispetto ad alcune opere precedenti. Un gioco, secondo le parole di tutti i membri di cast e produzione, dalle atmosfere eleganti e surreali insieme, che non mancherà di coinvolgere e affascinare gli spettatori disposti a giocare.
The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun di Wes Anderson, con Tilda Swinton, Owen Wilson, Frances McDormand, Jeffrey Wright, Benicio del Toro, Adrien Brody, Thimotée Chalamet, Léa Seydoux, Mathieu Almaric, Lyna Khoudri, Liev Schreiber, Edward Norton, Willem Dafoe, Saoirse Ronan, Christoph Waltz, Anjelica Huston, Tony Revolori