Partita del Quirinale, tutti fermi in attesa di Draghi

L’editoriale del direttore dell’Agenzia Dire, Nico Perrone

ROMA – Tic tac tic tac tic tac… il tempo scorre e si avvicina la data per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. I partiti di maggioranza, che per natura sono in competizione tra di loro, cominciano a mostrare segni di nervosismo crescente. Da parte sua il premier Mario Draghi continua nell’azione di governo ma, ormai è evidente, anche questa rischia di entrare in una fase di stallo-conflittuale che di certo non aiuta. Perché ci sono provvedimenti importanti da approvare, mentre già si è in ritardo sulla tabella di marcia prefissata. Tutte le forze politiche sono in attesa di un segnale da parte del premier, che manifesti la sua intenzione in modo chiaro: sì o no al Quirinale? Vero che il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che continua a credere alla sua possibile elezione a Capo dello Stato, vorrebbe tenere Draghi a Palazzo Chigi per altri due anni. Sapendo bene che tra due anni l’Italia in ogni caso sarà un altro paese e che in politica nel breve periodo si possono ‘bruciare’ quasi tutti i personaggi che oggi si accalcano sulla scena. Vorrebbe ‘inchiodare’ Draghi a Palazzo Chigi pure Giuseppe Conte, presidente incaricato del M5S, temendo che la possibile ascesa al Colle si trasformi in slavina politica con elezioni anticipate. Che la stragrande maggioranza dei parlamentari ‘grillini’ non vogliono, perché sanno già di dover tornare a casa e quindi si metteranno sulle barricate almeno fino a settembre prossimo, quando per tutti scatterà il diritto al vitalizio. Che fare? Il premier Draghi, pur non volendo, nei prossimi mesi rischia di doversi mettere sempre in mezzo ai partiti che, avvicinandosi al voto, saranno più propensi a farsi la guerra piuttosto di pensarsi alleati di Governo. Meglio a quel punto scartare di lato, salire al Colle e da super partes garantire la navigazione del nuovo esecutivo politico guidato però da un tecnico (il ministro dell’Economia) fino alla scadenza della legislatura del 2023. Ma la leder di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, vuole arrivare al voto prima possibile, per capitalizzare subito tutti i voti che i sondaggi vanno registrando al suo partito. Anche Matteo Salvini, leader della Lega, da una parte è tentato dal voto anticipato per bloccare la scalata di Giorgia la competitor, sapendo che la campagna elettorale è il suo forte; dall’altra però è frenato da pezzi importanti del suo partito che vogliono sia garantita la governabilità soprattutto adesso che arrivano e vanno assegnate le risorse europee. Per il momento Salvini continua nella sua azione di lotta e di governo, prendendosela con il reddito di cittadinanza il cavallo di battaglia dei nemici del M5S. “Aumento delle pensioni di invalidita’, andando a tagliare i furbetti del reddito di cittadinanza, e l’aumento della flat tax per partite Iva, autonomi e piccoli imprenditori fino a 100mila euro di fatturato”. Sono le richieste della Lega per la manovra, illustrate da Matteo Salvini al termine di una riunione del Carroccio sulla legge di bilancio, e queste, avvisa il Capitano “saranno battaglie parlamentari. Il governo Draghi è nato per combattere la pandemia, e lo sta facendo. E per tagliare le tasse. Noi vogliamo partire dagli ultimi: gli invalidi che hanno pensioni troppo spesso sotto la soglia di sopravvivenza. Vogliamo partire dagli ultimi, dai dimenticati, con un taglio di tasse che non deve andare solo ai pochi ricchi ma soprattutto ai tanti che sono in difficolta’. Io penso che gli sprechi legati al reddito di cittadinanza, incassato da furbetti, evasori o immigrati regolari, possano essere meglio usati per aumentare le pensioni di invalidita’ e aumentare il taglio delle tasse, per esempio, per le partite Iva e i precari che più di altri hanno sofferto durante il Covid” ha sottolineato Salvini.

Da parte sua Giorgia Meloni sta sulla riva in attesa, anche lei aspetta Draghi: “Leggo oggi sui giornali- spiega- che sarei sostenitrice di Mario Draghi. Va bene tutto ma ricordo che siamo l’unico partito che non gli ha votato la fiducia al Governo. Poi, ho detto e ribadisco, che se Draghi andasse al Quirinale ragionevolmente si dovrebbe andare a votare e questo è sicuramente un punto a favore di Mario Draghi. Silvio Berlusconi è una persona che abbiamo più volte sostenuto alla presidenza del Consiglio, figuriamoci se Fratelli d’Italia non lo sosterrebbe alla presidenza della Repubblica. Dopodiché, la materia è un po’ più complessa anche perché noi sappiamo che c’è un voto segreto e abbiamo visto i pregressi“. Insomma, “Berlusconi è ovviamente la nostra prima scelta, una persona che secondo me avrebbe le carte in regola per fare questo lavoro, dopodiché bisogna valutare i numeri, occorre valutare cosa intenda fare Mario Draghi, perché non è peregrino se Draghi intende candidarsi oppure no per questo incarico. La questione deve essere affrontata con una tale serietà che il gioco delle tifoserie secondo me non aiuta”. Il Pd sta a guardare.

 

 

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