Il ventennale dell’attentato alle Torri Gemelle si celebra con il fresco ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan. Un’operazione definita da Biden un enorme successo: e sembra un po’ di risentire Woody Allen quando spiegava di aver partecipato a una rissa e di aver dato a uno una botta col mento sul pugno, e a un altro una nasata col ginocchio. Lasciamo agli altri le copertine e il ricordo di quel giorno – dov’eravateche facevatea cosa pensavate mentre  stava succedendo? I giornali hanno già cominciato questa caccia al pensiero dei VIP, che poi non è né più né meno della scopiazzatura di quel che l’America fa da almeno sessant’anni, cercando di ricostruire ogni singola emozione personale vissuta nel momento dell’attentato a Kennedy. È qualcosa che piace, perché per una volta mette l’uomo della strada sullo stesso piano dell’uomo che di solito guarda i poveracci che stanno per strada: per una volta uniti, tutti basiti di fronte all’inaspettato. (Come per Kennedy, anche per le Torri Gemelle si tratta di cose raccontate vent’anni dopo, per cui sai che affidabilità, in questo pensiero fresco di giornata appartenente a molto tempo prima).

Tra un microfilm sbiadito e l’altro, siamo invece andati nei pubblici archivi, per vedere che cosa scrivevano e cosa avevano per la testa i giornali italiani nei giorni immediatamente precedenti l’attentato, ovvero dall’1 al 10 settembre 2001. Dal momento che, come sempre, il giorno dopo tutti si sono sentiti in grado di comprendere perfettamente quel che era appena capitato – descrivendoci come sempre quel che sarebbe successo a quel punto –, poteva essere curioso vedere quel che passava per la testa di qualche sedicente fabbrica di opinioni, in un momento in cui la Rete non era ancora nemmeno una lontana parente di quella attuale – e sì, certo, Facebook non c’era, Twitter nemmeno, TikTok figuriamoci. (Se proprio non avete vent’anni, è il momento per sentirvi irrimediabilmente vecchi: il 2001 era cinque minuti fa, ma son passati quattro lustri).

In Italia governava Berlusconi. C’era appena stato il G8 di Genova, per il quale le polemiche e le accuse erano appena iniziate – ma devono ancora finire – e ci si trovava ad affrontare la questione di un vertice FAO previsto a Roma. Il Governo, ovviamente, cercava di concordare un’altra sede, per evitare rischi di scontri in centro città. A Gerusalemme scoppiavano bombe, la Lega di Bossi aveva un problema da risolvere (l’immigrazione!), si attendeva con trepidazione l’Euro, ma comunque la congiuntura economica appariva pessima e le previsioni per l’autunno – almeno da un punto di vista economico – molto fosche (La Stampa 1.9.2001, L’Unità 1.9.2001, Sole 24Ore 4.9.2001).

L’8 settembre 2001 Mario Draghi lasciava la Direzione Generale del Dipartimento del Tesoro (commento di Bertinotti: “Addio al simbolo del liberismo temperato” – a sinistra non l’hanno pensata sempre allo stesso modo, su Draghi). Così La Stampa:

E poi, certo, anche qualche notizia di contorno. Ad esempio, la Fiat lanciava la Stilo. Regnava anche un certo ottimismo, intorno alla vettura, a giudicare da qualche articolo (Sole 24Ore 5.9.2001):

Le cose non sono poi esattamente andate secondo i proclami iniziali, e non si può dire che la Golf abbia proprio sofferto la temibile concorrenza della Stilo, ma può accadere.

In quella galassia temporale lontana lontana, poi, accadevano cose che oggi magari fatichiamo a comprendere, tanto paiono superate. Come ad esempio i severi moniti lanciati dall’Unione Europea all’Italia (Sole 24Ore, 7.9.2001): Fate le Riforme – Nel mirino di Bruxelles le pensioni, la scarsa formazione e il basso tasso di occupazione.

E meno male che almeno questo problema l’abbiamo risolto. Così come del resto quello del Meridione. Così, all’epoca, il viceministro dell’Economia Miccichè (Sole 24Ore, 8.9.2001): Per il Sud basta annunci, serve più Stato – Subito nuove infrastrutture ma con una strategia di investimenti

E se c’è qualcosa che proprio non abbiamo più sentito, negli anni dopo, sono stati i proclamoni sulla questione meridionale – perché tutti si sono dati da fare e anche questa l’abbiamo risolta una volta per tutte.

Sì, ma l’America? E l’Afghanistan? Osama Bin Laden? Niente di niente?

In realtà proprio in quei giorni c’era una questione riguardante l’Afghanistan che occupava le cronache. Ed era per via di una questione di profughi a bordo di un’imbarcazione che nessuno voleva lasciar attraccare – quando si dice i corsi e ricorsi storici. Così l’Unità e La Stampa il 3.9.2001 (va detto che il Giudice che ha impedito lo sbarco era australiano):

E l’America? Meglio: gli Stati Uniti, quelli che stavano per subire l’attacco terroristico? Qui bisogna dire che su Panorama del 6.9.2001 si trova un interessante articolo di Marco De Martino: America ti odio – Proteste globali, cresce il sentimento anti-USASi legge un passaggio che è interessante sottolineare:

“I «travel warning», gli avvisi di prudenza rivolti ai viaggiatori americani, non si limitano più solo ai «paesi canaglia» come il Pakistan o l’Iraq: sono estesi a tutto il mondo. Gli Stati Uniti hanno dovuto chiudere temporaneamente 70 sedi diplomatiche in vari paesi: l’ultimo allarme bomba, a Firenze, è di martedì scorso”.

La mancata menzione dell’Afghanistan tra i «paesi canaglia» non deve sorprendere: era perfettamente in linea con quel che scrivevano più o meno tutti, in quegli stessi giorni. Parlare di pericolo islamico riferito agli USA significava, soprattutto, far riferimento al Pakistan. La Repubblica dedica infatti un articolo ai suoi guerrieri in data 1.9.2001:

Soprattutto, il Sole 24Ore pubblica questo articolo: Uno «Scudo» contro le frecce nucleari – Secondo gli esperti USA nel 2010 una decina di Paesi sarà in grado di colpire obiettivi occidentali a migliaia di chilometri di distanza.

Suona ancora più beffardo, se si considera che si tratta di un articolo pubblicato il 10.9.2001. In ogni caso, anche qui abbiamo un elenco di possibili minacce (sia chiaro, previste per il 2010): tra gli «Stati canaglia» abbiamo l’Iran, l’Irak e la Corea del Nord; tra gli «Stati reprobi» il Pakistan e, con qualche sorpresa, l’India. Nessuna traccia dell’Afghanistan. (E già solo la differenza tra reprobo e canaglia meriterebbe una dissertazione a parte).

E Bin Laden? E qui andiamo a ripescare un articolo di Mimmo Candito pubblicato sulla Stampa in data 3.9.2001: Gheddafi apre all’America nella festa di Tripoli.

rbt

Così il reportage dalla capitale libica:

“Sotto il tendone biancastro che tenta di vincere la calura di Tripoli l’assemblea sorride, fa di sì per dire che è d’accordo e applaude divertita. Il colonnello Gheddafi è in gran forma, sprizza saggezza e provocazione a ogni parola: per quasi 4 ore non lo fermerà nessuno. Si celebrano in 32 anni della Rivoluzione Verde. È una delle tante pallose cerimonie ufficiali che l’Africa ama imbandire di colori sgargianti e di retorica (…)”.

Presente anche il nostro Ministro degli Esteri, all’epoca era Renato Ruggiero – capitava che in testa a quel ministero potesse esserci qualcuno con ancora un certo uso del mondo, e non ministri f.f. – che qui sta per fingenti funzione –, come nel caso del nostro attuale Giggino. La cerimonia potrà pure essere stata pallosa, però, tra una riga e l’altra, passa una considerazione del Colonnello Gheddafi, all’epoca direi del tutto trascurata:

“Ma lo sapete che oggi Bin Laden fa più paura a Bush di quanta gliene faccia, tutt’intera, la Russia di Putin? (…) Ma vi rendete conto di quanto sia cambiato questo nostro mondo?”.

Peccato non essere stati presenti in platea: perché, a giudicare dal tono dell’articolo, a quel punto – dopo quella sparata clamorosa! – devono essersi tutti tirati di gomito, abbassando lo sguardo per cercare di non guardarsi in faccia e non scoppiare ridere. Un po’ come quando ci si trova in mezzo a un funerale e viene da ridere: ma non si può, non si può proprio, bisogna resistere. (E comunque, guarda: quello lì potrebbe anche cercare di spararle un po’ meno grosse, almeno ogni tanto! Per Bush adesso sarebbe peggio Bin Laden di Putin? Ma via!).

E se volete fare qualche considerazione sul fatto che il pericolo rappresentato da Bin Laden era dunque chiarissimo agli USA, visto che lo sapeva perfino Gheddafi, il campo è adesso tutto vostro.