di Pierluigi Piccini
Il Pd ha rinunciato a presentare il suo simbolo alle prossime suppletive. Decisione di cui prendere atto, che appartiene all’autonomia di quel partito. Ma è un fatto su cui conviene riflettere e capirne la portata. Non credo sia stata una scelta presa a cuor leggero, ma da quanto si può capire sembra in linea con quanto più volte affermato dal segretario del Pd: allargare il perimetro dello schieramento di centro sinistra e aggregare soggetti politici o movimenti che hanno difficoltà a rapportarsi al partito democratico. È evidente che, al momento, non può che essere una formula elettorale, anche per l’assenza di un congresso che abbia definito i perimetri dell’azione politica e, soprattutto, i contenuti. Ecco, sono proprio questi ultimi che, in assenza dei simboli e delle linee operative che quei simboli rappresentano, a delineare i veri termini di un confronto e di una alleanza elettorale. Intanto, però, in assenza di una ipotesi che vada in questa direzione, resta sul piatto un solo partito. Eppure, le questioni non sono di poco conto: non faccio la lista perché sembra esserci grande consapevolezza di ciò di cui il territorio ha bisogno. C’è però minore contezza sul come fare, sulle garanzie e sui soggetti chiamati a costituire una alleanza sociale capace di innovare i processi anche decisionali e traguardare i nostri territori nel prossimo futuro. La campagna elettorale entra ora nel vivo: ascolteremo con attenzione ciò che ci proporranno i vari candidati e solo allora tireremo le somme. C’è anche da capire se questa formula della non presentazione del simbolo del Pd e del tentativo di costituzione di una alleanza larga, sarà proposta anche per gli appuntamenti amministrativi che seguiranno la scadenza elettorale in corso. Se così fosse, molte cose che già agitano alcuni esponenti politici saranno inevitabilmente rimesse in discussione.
Quale coalizione tradirebbe Letta con il simbolo del Pd a Siena?
- Sostiene Enrico Letta che la sua scelta di “correre” per il collegio uninominale di Siena senza il simbolo del Partito democratico è dettata dalla volontà di «privilegiare lo spirito di coalizione».
- Vedo in giro molte interpretazioni diverse di questo spirito. Le traduzioni concrete sembrano ispirate non a una meditata visione di fondo e di lungo periodo, a una vera strategia politica, ma all’opportunismo di vantaggi immediati: un pugno di voti in più.
- Di qui la moltiplicazione di liste dei più vari tipi per le elezioni amministrative con l’obiettivo di “pescare” qualche elettore/trice in aree che il Partito democratico con le sue proposte non raggiungerebbe mai.
Sostiene Enrico Letta che la sua scelta di “correre” per il collegio uninominale di Siena senza il simbolo del Partito democratico è dettata dalla volontà di «privilegiare lo spirito di coalizione». Non sono in grado di giudicare se e quanto quello spirito aleggi e volteggi su Siena e sulla coalizione, ma vedo alcuni inconvenienti di quella scelta.
Certamente, Letta non si vergogna, come sostengono giornali e commentatori di destra, del suo partito in quanto tale, ma in qualche misura vuole segnare una distanza fra il Pd e la faccenda brutta del Monte dei Paschi. Però, non è questa la fase, anche se lo volesse fare, in cui può permettersi di criticare i dirigenti, i candidati, gli ideologi (sic) del Pd.
Tuttavia, credo che qualche cenno critico mirato sarebbe utile. Ad esempio, a Bologna ne hanno già fatte di tutti i colori, in occasione delle primarie e nella scelta delle candidature al consiglio comunale. Non essendoci rischi per la vittoria del candidato del partito, qualche parola critica relativamente alle carenze di democrazia e democraticità di un partito che si definisce “democratico” non sarebbe soltanto doverosa, ma anche utile.
UNA QUESTIONE DI SPIRITO
Prendo sul serio l’affermazione di Letta sullo spirito di coalizione, ma vedo in giro molte interpretazioni diverse di questo spirito. Le traduzioni concrete sembrano ispirate non a una meditata visione di fondo e di lungo periodo, a una vera strategia politica, ma all’opportunismo di vantaggi immediati: un pugno di voti in più.
Di qui la moltiplicazione di liste dei più vari tipi per le elezioni amministrative con l’obiettivo di “pescare” qualche elettore/trice in aree che il Partito democratico con le sue proposte non raggiungerebbe mai. Spesso, ed è grave, neanche tenta di raggiungere.
Quelle variegate liste non costituiscono affatto un modo positivo e efficace di alimentare lo spirito di coalizione. Al contrario, accettano e registrano la frammentazione delle ambizioni particolaristiche, non tanto della società “civile” quanto di molti spezzoni del ceto politico che cerca di stare a galla senza produrre idee e senza rinnovarsi. In questo modo, nessun rinnovamento può essere conseguito neppure dal Pd.
È augurabile che a Siena il segretario del Pd spieghi con dovizia di particolari quale sarà la coalizione da costruire nel periodo che ci separa dalle prossime elezioni politiche. In prospettiva sistemica, però, dovrebbe preoccuparsi soprattutto di rafforzare, trasformandolo significativamente, il suo Partito democratico. Per ragioni oggettive, vale a dire, l’essere un partito e il potere contare su una relativamente buona percentuale di voti, toccherà proprio al Pd di svolgere il compito impegnativo di coalition-maker.
Finora non ho visto nessuna indicazione che né il segretario né i suoi collaboratori né i capicorrente abbiano iniziato a interrogarsi su come costruire una coalizione progressista e europeista. Persino l’ineluttabilità di un rapporto serio e solido con il Movimento 5 stelle non è ancora stata declinata nei suoi lati positivi e in quelli negativi, che pure esistono.
Mi pare che sia tuttora assente la necessaria riflessione sulla ristrutturazione del sistema dei partiti che molti avevano annunciato come uno degli effettivi positivi della “sospensione”, non della politica, ma della competizione fra partiti, derivante dal governo Draghi. Infine, non resta che chiedersi se lo “spirito della coalizione” si manifesterà in occasione del passaggio più importante, forse addirittura conclusivo, di questa legislatura: l’elezione del presidente della Repubblica. Immagino che Letta stia già invocandolo poiché l’esito di quella elezione segnerà anche la prossima legislatura. O no?