Si indignano a destra: “L’islam non è solo una religione, l’islam è ideologia politica”. Si incazzano a sinistra: “La Chiesa cattolica mette il becco nelle questioni dello Stato, i preti dovrebbero solo fare i preti”. Trasversale, dogmatico, incontestabile: il laicismo è l’unica vera religione di Stato. Nel fantastico universo liberale la fede è questione privata, al pari della squadra del cuore o della propria pizza preferita. Fantasie, appunto. Le religioni che restano soltanto “un fatto privato” esistono, è vero, e si chiamano sette. Ma qualsiasi religione abbia pretese di verità universale diventa necessariamente ‘politica’. Di più: qualsiasi religione abbia pretese di verità universale, se riesce a farsi strada, diventa una civiltà. Figuriamoci una religione che l’attributo ‘universale’ ce l’ha proprio nel nome. Chi si è lasciato coinvolgere nella polemica sulle recenti cosiddette ingerenze vaticane ha poco da frignare: il lavoro, la mission della Chiesa di Roma è quello. Il cattolicesimo non è politicizzabile, ma la Fede ha anche una dimensione pubblica, temporale. Religione e politica vanno sempre a braccetto, e l’idea che il Vaticano si autoriduca a una pittoresca città-museo è semplice barzelletta. Occorrerebbe che anche i cattolici si rinfrescassero la memoria, al costo di rispolverare concetti oggi diventati tabù.
Occorrerebbe fare un ripasso, e un buon punto di partenza ce lo offre da Oltralpe il giovane Julien Langella con il suo Cattolici e Identitari (Sentiero al Bosco, 2021). Il libro analizza il rapporto tra politica e religione, in relazione ai temi caldi per il cittadino francese cattolico e di destra. La domanda è implicita nel titolo: Si può essere cattolici, universali per definizione, appunto, e allo stesso tempo identitari, patrioti, ancorati al proprio angolo di Creazione? Si può aspirare alla patria celeste difendendo quella terrena? La risposta breve è altrettanto implicita sulla copertina del libro: Un guerriero carica il nemico a cavallo, spazza via le orde degli invasori berberi, con la spada in pugno e la croce delle Asturie che gli sventola alle spalle. È San Giacomo ‘matamoros’, l’ammazzamori, il patrono della reconquista iberica, santo politicamente scorrettissimo. Per la risposta lunga, invece, ci sono 400 pagine che coprono tutte le questioni scottanti per la galassia identitaria: immigrazione, patriottismo, dottrina sociale, difesa della famiglia, difesa della proprietà (ma non del capitalismo liberista), difesa del Creato (ma non dell’ecologismo liberale).
Premessa: il trentaquattrenne Langella è un intellettuale e un militante. Co-fondatore di Generazione Identitaria, movimento per la difesa delle identità nazionali, culturali e religiose del Vecchio Continente, partecipa nel 2017 all’operazione Defend Europe: i ragazzi di Generazione Identitaria noleggiano una nave, la C-Star, e documentano in prima persona la collusione tra ONG e scafisti al largo delle coste libiche. In termini pratici l’operazione è una goccia nell’oceano, ma mediaticamente diventa un piccolo caso internazionale. Il background e la militanza dell’autore spiegano anche il taglio del libro: non un’opera accademica, di ricerca imparziale, ma un manuale di guerra per combattere la battaglia contro gli idoli moderni, e decapitare una alla volta le molte teste dell’idra globalista. Langella scrive dalla Francia, figlia maggiore della Chiesa, ma anche madre della laicité e dei diritti dell’uomo. La tesi è che l’identità cattolica non strida con quella francese, ma che invece la completi. Duemila anni di tradizione contengono infatti le risposte ai problemi dell’occidente moderno, apparentemente destinato a scomparire sotto la pressione di migrazioni esterne, inverno demografico, degrado culturale e nichilismo. I problemi della Francia sono quelli di una società secolarizzata che, invaghita dai miti del progresso, ha rinunciato al suo retaggio culturale, religioso ed etnico. Un Paese che, come il figliol prodigo, dovrà tornare al Padre se vorrà salvarsi.
La questione fondamentale, che attraversa tutti i capitoli del libro, è comunque in buona sostanza un vecchio problema di logica: accordare l’universale con il particolare. Conciliare il culto di Dio, con l’amore per la nazione. È morale, è onesto provarci? È il solito problema della doppia lealtà del cristiano – vecchio quanto il ‘rendete a Cesare…’. Ci si sono invischiati tutti, dai primi martiri fino agli emigrati italiani negli Stati Uniti, accusati di essere emissari del Papa e di un potere straniero, antiamericano. Le confessioni protestanti tendono a risolvere il problema alla radice: loro sì, riducono la religione a club privato o a chiesa ‘nazionale’ (si pensi alla chiesa anglicana sottomessa alla Corona britannica, un’autorità politica). Da queste parti, però, le cose vanno diversamente. Nella visione cattolica l’Altare sta sopra un gradino più alto del Trono. Il Pontefice ha riconosciuto i soffocanti confini di una città-stato solo perchè per diciannove secoli non ha conosciuto confini di nessun tipo – al massimo li ha tracciati per gli altri. Esiste quindi una contraddizione insanabile tra nazionalismo e cattolicesimo? In un certo senso sì: tutti gli ‘ismi’, le ideologie, tendono a diventare culti idolatrici. Eppure nella storia della Cristianità nessuno ha mai messo in dubbio che la difesa della Patria fosse un dovere morale. Gli esempi si sprecano. Nel quinto secolo Sant’Agostino scrive lettere di fuoco contro il lussurioso comandante Bonifacio:
“Che dire della devastazione dell’Africa compiuta dai barbari senza che nessuno vi si opponga, mentre tu ti trovi preoccupato per la tua situazione critica e non dai nessun ordine per tenere lontana una sì grande sventura?”.
Più tardi, con la calata degli Unni, sarà un papa, Leone Magno, a fermare forse miracolosamente Attila in Italia. Che dire del contrattacco all’Islam saraceno? Alla corte del Sultano d’Egitto il mite San Francesco difende i crociati che “agiscono secondo giustizia quando vi combattono”. E i sermoni di Sant’Antonio da Padova contro l’usura e gli abusi della nascente finanza cittadina? Tutta la Storia è un susseguirsi di santi, chierici e papi che ‘fanno politica’, che esortano gli uomini a combattere, a difendere la Fede nello spazio pubblico e sul confine. Il cattolicesimo non può e non potrebbe mai essere un ‘fatto privato’. Il Dio cattolico è vivo, entra nella storia degli uomini e delle nazioni. Non è forse l’Antico Testamento un’immensa epopea nazionale? No, la riduzione della fede a semplice opinione non è roba da cattolici. La religione è totalizzante, totalitaria. Non la tieni chiusa nel cassetto.
Julien Langella ha detto di aver scritto Cattolici e Identitari avendo in mente un lettore ben preciso: il patriota francese che teme di vivere la fede in contrasto con i suoi ideali politici. Ma non c’è mai stata contraddizione tra l’amore e l’impegno per la patria, e quello per Dio. Langella non ricorre ad artifici retorici, capriole logiche, soluzioni rivoluzionarie: la risposta infatti non va inventata ma solo riscoperta, ricercata in due millenni di tradizione. Si tratta solo di svegliarsi dal coma, di spezzare l’amnesia. Si tratta di ricordare ciò che milioni di cristiani, per secoli, hanno semplicemente saputo. Con buona pace dei liberali indignati. Di destra e di sinistra.