ROMA – “Vorrei precisare che non è stato in alcun modo chiesto di bloccare la legge. Siamo contro qualsiasi atteggiamento o gesto di intolleranza o di odio verso le persone a motivo del loro orientamento sessuale, come pure della loro appartenenza etnica o del loro credo” dice il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, a proposito del disegno di legge Zan in via di approvazione al Senato. Ieri il premier Mario Draghi, intervenendo proprio al Senato sulla nota diramata dal Vaticano con gli aspetti ritenuti critici e da correggere, aveva rivendicato l’autonomia del Parlamento e la laicità dello Stato italiano. Le forze politiche si erano subito scatenate e oggi, proprio dall’alto, il Vaticano presenta il suo ramoscello d’ulivo. A questo punto diventa sempre più dirimente capire chi è stato a recapitare la nota al ‘Corriere della Sera’ creando questa spaccatura tra i due Stati e, di fatto, mettendo in difficoltà Papa Francesco nei confronti del Governo Draghi.
Tra le ‘voci’ cattoliche, qualcuno punta il dito nei confronti dell’ala che fa riferimento al cardinale Ruini, che da sempre contesta le aperture del nuovo papato su questi temi, a volte anche in contrapposizione con chi coordina i Vescovi italiani o dirige i media cattolici. Oggi il cardinale Parolin, invece, sottolinea che “la nostra preoccupazione riguarda i problemi interpretativi che potrebbero derivare nel caso fosse adottato un testo con contenuti vaghi e incerti, che finirebbe per spostare al momento giudiziario la definizione di ciò che è reato e ciò che non lo è. Senza però dare al giudice i parametri necessari per distinguere. Il concetto di discriminazione resta di contenuto troppo vago. In assenza di una specificazione adeguata corre il rischio di mettere insieme le condotte più diverse e rendere pertanto punibile ogni possibile distinzione tra uomo e donna, con delle conseguenze che possono rivelarsi paradossali e che a nostro avviso vanno evitate, finché si è in tempo”.
L’esigenza di definizione, dice ancora Parolin, “è particolarmente importante perché la normativa si muove in un ambito di rilevanza penale dove, com’è noto, deve essere ben determinato ciò che è consentito e ciò che è vietato fare. L’intervento è stato sì ‘preventivo’- spiega Parolin- ma proprio per fare presenti i problemi prima che sia troppo tardi. Il disegno di legge è stato già approvato, peraltro, da un ramo del Parlamento. Un intervento solo successivo, una volta cioè che la legge fosse stata adottata, sarebbe stato tardivo. Alla Santa Sede si sarebbe potuto imputare un colpevole silenzio, soprattutto quando la materia riguarda aspetti che sono oggetto di un accordo”.
Al Senato intanto il presidente della Commissione Giustizia ha convocato per mercoledì prossimo alle 11 un tavolo di lavoro, con i presidenti dei gruppi di maggioranza: “Vediamoci, anche in streaming, per agevolare tutti, confrontiamoci nel merito del testo e insieme troviamo la soluzione migliore”, ha detto Andrea Ostellari (Lega). E proprio sulla ‘spaccatura’ nella Chiesa interviene Monica Cirinnà, senatrice del Pd: “La presenza della voce della Chiesa nel dibattito pubblico- sottolinea – è un arricchimento per tutti e per la democrazia ma penso anche che abbiamo una Costituzione che prevede una separazione fra Stato e Chiesa e nessuno può interferire e fare ingerenze nella vita dell’altra entità. Trovo molto grave che invece di una relazione diretta con la CEI, come c’è sempre stata, infatti i rapporti tra CEI e il nostro Parlamento sono costanti e continui, sia entrato in campo il Vaticano direttamente con il ministro degli Esteri, causando uno scontro diplomatico tra due stati sovrani e autonomi, fra uno stato confessionale e uno laico. Mi domando se sul disegno di legge del Parlamento italiano fosse intervenuto il ministro degli Esteri francese, inglese o tedesco, cosa sarebbe accaduto”.